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Il quarto tipo tra inchiesta e film sa come barare

È l'horror degli ultimi anni che punta sempre di più a ricreare il vero.
di Gabriele Niola

Un nuovo horror tra inchiesta e realtà
Milla Jovovich (Milica Jovovi) (48 anni) 17 dicembre 1975, Kiev (Ucraina) - Sagittario. Interpreta Abbey nel film di Olatunde Osunsanmi Il quarto tipo.

mercoledì 20 gennaio 2010 - Approfondimenti



Un nuovo horror tra inchiesta e realtà
Niente paura, è solo un film" si dice per stemperare l'effetto del cinema dell'orrore ben riuscito e proprio su questa linea di demarcazione vuole agire Il quarto tipo, pretendendo di convincere lo spettatore che non si tratta solo di un film ma di reale documentazione dei fatti. Sono l'attrice Milla Jovovich e in questo film interpreto la psicologa Abbey Tyler" comincia così con un monologo metacinematografico della protagonista un film all'insegna della linea di confine tra finzione cinematografica, realtà dei fatti e consapevolezza di stare davanti ad un film.
L'horror degli ultimi anni si è progressivamente spostato da racconto coinvolgente e puramente finzionale di fatti fantastici a racconto che cerca di ricalcare un possibile realismo, in alcuni casi fingendosi proprio reale. Dalla truffa messa in piedi per The blair witch project in poi molti altri film sono stati girati per sembrare veri video amatoriali, cioè per cercare di catturare la possibile materializzazione nelle vita reale di quelle paure che sono sempre state legate a racconti palesemente finti. Il quarto tipo fa un passo avanti e mostra accanto alle immagini girate video di repertorio che dovrebbero essere la prova della vera materializzazione di entità non umane.
Da Cloverfield a [REC] fino all'imminente Paranormal activity il cinema insegue la materializzazione reale della paura e non più la sua proiezione fantastica. Allo stesso modo, lontano dagli effetti speciali sofisticati che ricreano impossibili e terrificanti materializzazioni, Il quarto tipo applica comunque idee da cinema cercando di ridurre il fantastico che si materializza nelle immagini per tenerlo nella testa dello spettatore, fornendogli, in maniera abbastanza truffaldina, delle "prove" del realismo di ciò che racconta.

Reale solo a parole
La storia che viene presentata come vera, gira intorno ad una psicologa di un paesino dell'Alaska particolarmente attivo per quanta riguarda apparizioni e contatti con entità non umane. La psicologa Abbey Tyler (nome vero) ha avuto diversi incontri con queste entità che suppone essere aliene, queste hanno ucciso suo marito, rapito sua figlia, e portato al suicidio altri membri della comunità di Nome in Alaska. Fin qui il racconto della vera psicologa, la quale per indagare meglio ciò che le accadeva ha anche filmato diverse sedute di ipnosi a se stessa e ai suoi pazienti.
Durante tali sedute non si vede nulla di particolare ma si sentono voci che vengono spacciate per non umane (e sumere) dall'esperto di turno, le immagini vengono distorte da non si sa quale fenomeno e infine le persone si comportano in modo isterico. Tanto basta a creare l'effetto di paura. Eppure spesso il regista con uno split screen affianca a tali scene la loro ricostruzione cinematografica, ovvero il loro equivalente finzionale, attori e attrici che compiono i medesimi gesti e dicono le medesime azioni che si vedono nei video di repertorio creando continuità con tutte le scene di raccordo tra un video di repertorio e l'altro che vanno ovviamente recitate.
Dunque il fantastico esce dalla porta per rientrare dalla finestra. Il regista Olatunde Osunsanmi (presente anch'egli nel film in alcuni momenti in cui intervista la vera Abbey Tyler) infatti ci vuole convincere che sia tutto vero, fa dire ad un esperto linguista che si sente distintamente del sumero e che quest'entità che parla la lingua morta dice cose che è possibile tradurre solo parzialmente. Quella traduzione parziale ovviamente ha dei buchi nei passaggi più interessanti, buchi utili a creare fantasie e paure nello spettatore come del resto il resto dei materiali teoricamente reali. Insomma tutto dovrebbe essere vero, compresi alcuni reperti audio e video (e forse lo sono davvero) ma tutto è usato seguendo le ferree regole della suspense e dell'horror. A questo punto dunque la truffa sembra completa.

Il video reale che contamina il cinema
Le immagini di repertorio, i video amatoriali, le riprese a circuito chiuso e via dicendo fanno parte di un corpus audiovisuale che si introduce con sempre maggiore prepotenza nella nostra dieta mediatica. Sia in televisione che in rete è in crescita il quantitativo di video "reale" che ci viene proposto, così tanto che anche le immagini fasulle per antonomasia, ovvero quelle del cinema si adeguano ed inseguono l'estetica realistica. La macchina costantemente a mano è solo uno dei possibili esempi di questo stile che fingendosi reale continua in realtà a perseguire il finzionale.
Il cinema drammatico, quello comico, quello d'azione e infine anche l'horror si adeguano lasciandosi contaminare dallo stile prevalente senza però che esso li domini totalmente. Il quarto tipo, come poi farà anche Paranormal activity, applicano infatti uno stile ma non rinunciano ad essere racconto, cioè non rinunciano a trascinare lo spettatore in una girandola di eventi che seguono la scansione canonica delle storie occidentali e che applicano le solite regole di suspense, climax, ritmo e via dicendo.
Olatunde Osunsanmi invece sembra davvero voler raccontare la realtà attraverso immagini reali accontentandosi poi di immagini ricostruite per colmare i buchi tra un video di repertorio e l'altro e questa sua convinzione rende l'inganno ancora più grosso e meno sopportabile. Ciò che viene spacciato per assolutamente vero e "fatto" è in realtà una ricostruzione parziale, affermazioni fatte sulla base di immagini che dicono poco e sulle quali viene costruito un castello che cerca letteralmente il raggiro dello spettatore.

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