oblomovita
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lunedì 2 agosto 2010
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un film denuncia che tutti dovrebbero vedere
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Coraggio, organizzazione e amore per i delfini sono gli ingredienti di questo documentario la cui visione dovrebbe essere consigliata a tutti, non solo per portare alla luce il massacro dei cetacei, quanto per mostrare come attraverso il cinema sia possibile sensibilizzare l'opinione pubblica, denunciare i crimini contro la vita. Un film di questo tipo vale mille di quelli prodotti in serie dalle varie industrie cinematografiche.
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saramarini2002
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martedì 15 giugno 2010
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brutalià e poesia
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Lo sconvolgente documentario sulla mattanza dei delfini che avviene nella baia di Taiji, cittadina giapponese sede di un museo sui cetacei, nato dal trentennale impegno di Ric O’Barry in difesa di questi sorprendenti mammiferi. O’Barry divenne il più celebre addestratore del mondo nel 1964 grazie alla serie televisiva Flipper, per conto della cui produzione catturò i cinque delfini femmina protagonisti degli episodi. Dopo aver svolto questa attività per dieci anni, uno choccante evento impresse una svolta alla sua vita. Un delfino femmina depresso scelse di andare a esalare l’ultimo respiro tra le sue braccia ed egli venne condannato a un periodo di detenzione con l’accusa di aver tentato di salvare un esemplare da laboratorio.
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Lo sconvolgente documentario sulla mattanza dei delfini che avviene nella baia di Taiji, cittadina giapponese sede di un museo sui cetacei, nato dal trentennale impegno di Ric O’Barry in difesa di questi sorprendenti mammiferi. O’Barry divenne il più celebre addestratore del mondo nel 1964 grazie alla serie televisiva Flipper, per conto della cui produzione catturò i cinque delfini femmina protagonisti degli episodi. Dopo aver svolto questa attività per dieci anni, uno choccante evento impresse una svolta alla sua vita. Un delfino femmina depresso scelse di andare a esalare l’ultimo respiro tra le sue braccia ed egli venne condannato a un periodo di detenzione con l’accusa di aver tentato di salvare un esemplare da laboratorio. Da allora O’Barry ha speso ogni sua energia per salvaguardare la libertà della specie animale dal cui sfruttamento egli stesso aveva tratto fama e ricchezza.
A un convengno sui mammiferi mamiferi avvenne l’incontro con il regista Louie Psihoyos che si interessò a Ric quando si scoprì che lo sponsor aveva cancellato il suo intervento mentre l’impresa narrata è stata finanziata e promossa dall’ Ocean Preservation Society di Jim Clark, professore di Stanford. Dopo numerosi fallimenti, O’Barry ha deciso di filmare gli eventi agghiaccianti che si svolgono a Taiji per ben sei messi l’anno organizzando una piccola ma agguerrita task force di professionisti. Si va dall’ex capo artigiano della Industrial Light and Magic ai campioni mondiali di free-diving, dai possessori di sofisticate attrezzature militari per il rilevamento notturno di presenze umane ai biologi.
Psihoyos segue i vani tentativi di raggiungere la baia, fotografare o riprendere la carneficina che si svolge all’insaputa dell’opinione pubblica ma solo una trovata geniale permetterà di aggirare l’agguerrita sorveglianza, coadiuvata dalla polizia e dalla mafia locale, che mette al riparo da spettatori scomodi un’attività che porta alla morte annua di 23mila animali. Venduti al prezzo di 150mila dollari al capo dopo l’accurata selezione degli addestratori o a 600 dollari, morti, per alimentare il mercato della carne di delfino, questi mammiferi sono vittime di pescatori, cacciatori e acquirenti occidentali con il benestare della delegazione giapponese alla International Whaling Commission. Intervistati per la strada, i nipponici affermano di non essere a conoscenza del fatto che la carne di delfino sia commestibile. Eppure ne vengono rifornite le mense scolastiche o la si vende spacciandola per carne di balena, malgrado la concentrazione di mercurio al suo interno sia così alta da renderla potenzialmente tossica. Il prodotto verrà ritirato dal commercio solo dopo che O’Barry irromperà in una riunione dell’IWC con uno schermo al collo che rimanda le immagini del lago di sangue che bagna le coste della baia di Taiji dopo una battuta di caccia…
Già premio Oscar 2010 e vincitore del premio del pubblico all’ultima edizione del Sundance Film festival, The cove ha incontrato forti resistenze in giappone, dove le sale che lo proiettavano sono state oggetto di minacce terroristiche senza ottenere tutela o protezione da parte del governo locale. Commovente e agghiacciante, colpisce la mente e il cuore.
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james oogway
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venerdì 29 giugno 2012
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sublime tragedia
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Il bello di vedere un capolavoro è che, nel momento esatto in cui termina, ti rendi conto che è tale. La tua vita non sarà più la stessa, ti porterai sempre dentro un pezzo di quella storia, e non sarà un peso ma, anzi, la consapevolezza di essere finalmente cosciente. Abbiamo bisogno di lavori così: crudeli nella loro critica, sublimi nella loro poesia, precisi nella loro semplicità. Tutto è dosato con la mano soave e decisa di Louie Psihoyos, uomo che fa della passione il proprio lavoro, quale che sia la difesa delle specie acquatiche o la realizzazione di un prodotto cinematografico. Chi osserverà capirà istantaneamente che la pellicola stessa non è il pretesto per il conseguimento di un obiettivo economico ma, invece, l’obiettivo stesso di qualcuno in cui crede ciecamente nel risultato finale.
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Il bello di vedere un capolavoro è che, nel momento esatto in cui termina, ti rendi conto che è tale. La tua vita non sarà più la stessa, ti porterai sempre dentro un pezzo di quella storia, e non sarà un peso ma, anzi, la consapevolezza di essere finalmente cosciente. Abbiamo bisogno di lavori così: crudeli nella loro critica, sublimi nella loro poesia, precisi nella loro semplicità. Tutto è dosato con la mano soave e decisa di Louie Psihoyos, uomo che fa della passione il proprio lavoro, quale che sia la difesa delle specie acquatiche o la realizzazione di un prodotto cinematografico. Chi osserverà capirà istantaneamente che la pellicola stessa non è il pretesto per il conseguimento di un obiettivo economico ma, invece, l’obiettivo stesso di qualcuno in cui crede ciecamente nel risultato finale. Può sembrare partigiana la trattazione di una crudele caccia al delfino in Giappone, forse anche scontata e buonista, ma basterà lasciarsi trasportare per svuotarsi dai preconcetti. Toccante in più momenti “The Cove” vive della passione dei suoi interpreti, uomini e donne che hanno fatto di questa battaglia la loro vita; da ogni centimetro di girato, infatti, si scorge come abbiano atteso tutta la propria esistenza per mostrare al mondo ciò che più odiano. La trema, intessuta intorno alla figura leggendaria di Ric O’Barry, famoso ex-addestratore di delfini che arriva alle proprie convinzioni con la consapevolezza di un uomo che si pente dei propri errori, si intreccia magistralmente con interviste, coraggioso spionaggio, illustrazione chiara e comprensibile della situazione. Se la serie televisiva “Flipper” era il punto di partenza di una realtà distorta la pellicola in questione è invece il riscatto di, non un solo uomo, ma di una specie intera. La colonna sonora di J. Ralph è, in ultima analisi, la vera ciliegina sulla torta: un magistrale susseguirsi di note che caratterizzano ogni momento senza mai rischiare di essere stucchevoli, dalle scene tragiche alla epica scena finale. Il finale è un pregevole atto cinematografico dove esso stesso è lasciato nelle mani di uno spettatore-demiurgo, primo attore futuro ed ideale prosecutore della narrazione.
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dandy
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mercoledì 4 novembre 2015
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la cospicua mattanza.
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Girato nel corso di 5 anni con non pochi rischi(all'inizio viene menzionato il caso di un'attivista assassinata misteriosamente),con appostamenti notturni e telecamere nascoste,il documentario ci mostra come in Giappone oltre alle balene,anche i delfini sono una preda lucrosa.Due miliardi di dollari l'anno per catturarli e macellarli,oppure per venderli(anche in occidente)a oltre 100.000 dollari l'uno.Complice nla Yakuza naturalmente.E la carne di delfino nella baia di Taiji,causa l'altissimo inquinamento da mercurio è tossica ma "camuffata" e venduta ampiamente col plauso del governo che tiene cucite le labbra.E persino l'alibi della ragione culturale si rivela un mero pretesto.
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Girato nel corso di 5 anni con non pochi rischi(all'inizio viene menzionato il caso di un'attivista assassinata misteriosamente),con appostamenti notturni e telecamere nascoste,il documentario ci mostra come in Giappone oltre alle balene,anche i delfini sono una preda lucrosa.Due miliardi di dollari l'anno per catturarli e macellarli,oppure per venderli(anche in occidente)a oltre 100.000 dollari l'uno.Complice nla Yakuza naturalmente.E la carne di delfino nella baia di Taiji,causa l'altissimo inquinamento da mercurio è tossica ma "camuffata" e venduta ampiamente col plauso del governo che tiene cucite le labbra.E persino l'alibi della ragione culturale si rivela un mero pretesto.L'intento è legittimo e lodevole,l'abilità nel mostrare la stupidità di chi permette o ignora la caccia è indubbia(l'IWC,la popolazione locale) e si stagliano nella memoria le scene finali del massacro,dove le barche navigano(letteralmente)in un mare di sangue.Interessante anche la testimonianza dell'ex-addestratore Richard O'Barry,pentito dopo la morte di uno dei suoi delfini di aver lavorato alla serie televisiva "Flipper".Ma è anche un pò troppo puntato sulla lacrima facile e il patetico.Oscar nel 2010 come Miglior documentario.Ovvio scandalo in Giappone,dove è stato bandito.
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