Grande Manoel
di Roberto Escobar L'Espresso
l'11 dicembre Manoel de Oliveira compirà 104 anni. E quando già ne aveva più di 100 ha girato "Singolarità di una ragazza bionda" (Singularidades de uma rapariga loura, Portogallo, Spagna e Francia, 2009, 64'), che in queste settimane si vede (solo, purtroppo) al cinema Mexico di Milano. Tratta da un racconto di Eça de Queirós, la storia del giovane Macário (Ricardo Trêpa) è stata attualizzata dallo stesso de Oliveira. Trasposta dal Portogallo di fine Ottocento a quello di oggi, resta comunque nelle sue immagini, nelle sue inquadrature quasi sempre fisse, nel suo montaggio austero, nei gesti dei suoi personaggi e nei loro dialoghi un sapore insistito d'antico. Contabile presso lo zio Francisco (Diogo Dória), dall'ufficio un giorno Macário vede la bella Luísa (Catarina Wallenstein) affacciata alla finestra di fronte. Muovendo lentamente un piccolo ventaglio cinese, la ragazza avanza e insieme si ritrae, si mostra e insieme non si mostra. Macário se ne innamora, subito ricambiato. Francisco tuttavia si oppone alle nozze, e il giovanotto è costretto a cercarsi un nuovo lavoro. A Capo Verde qualcuno ha bisogno di un contabile deciso ed energico. La missione non è chiara, ma il compenso è alto… Così racconta egli stesso molti mesi dopo a un'estranea seduta accanto a lui, su un treno in corsa verso l'Algarve. Sembrerebbe una storia romantica e inattuale, questa di Macário e Luísa. In una Lisbona essa stessa inattuale, le vite dei ben nati sono regolate da rituali alti ed eleganti. Ed eleganti e alti si direbbero anche i loro sentimenti, a partire dall'amore del giovane contabile e della "ragazza bionda". È tanto forte e puro, questo amore, da superare ogni avversità: la prepotenza dello zio, le difficoltà economiche, la disonestà di un amico di Macário, e persino la dubbia legalità (e moralità) della missione a Capo Verde. Che de Oliveira senta l'età, e desideri coronare la sua carriera con uno sguardo ottimistico, per quanto volto all'indietro? Ma il portoghese è troppo grande per cedere all'età e alle sue illusioni. Il suo film è percorso da un'ironia continua, che di colpo diventa sarcasmo. Tra le "singolarità" di Luísa, una basta a confutare romanticismo, eleganza, buoni sentimenti dei ben nati. Con una sorta di urlo silenzioso, alla fine il buon Macário scopre e sancisce una radicale disillusione: la sua e quella di de Oliveira. Se la prima è tragica, la seconda è beffarda e irridente, come si conviene a un grandissimo vecchio.
Da L'Espresso, 26 luglio 2012
di Roberto Escobar, 26 luglio 2012