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Sant'Agostino: un peccatore diventato santo

Domenica e lunedì sera su Raiuno.
di Alessandra Giannelli

Un uomo prima, un santo poi
Alessandro Preziosi (51 anni) 19 aprile 1973, Napoli (Italia) - Ariete. Interpreta Agostino nel film di Christian Duguay Sant'Agostino.

venerdì 29 gennaio 2010 - Televisione

Un uomo prima, un santo poi
Eccezionalmente ambientata nella Biblioteca Angelica (attigua alla basilica di Sant'Agostino a Roma), la conferenza di Sant'Agostino, la fiction in onda su Rai Uno domenica 31 gennaio e lunedì 1 febbraio, realizzata con un cast e una produzione internazionali (Rai Fiction, LuxVide, Eos Entertainment, Rai Trade, Grupa Filmowa Baltmedia), per la regia di Christian Duguay. Un grande onore presentare questo film, esordisce il direttore Del Noce, che si inserisce nel "filone impegnato" cui la Rai punta da un po' di tempo (il film su Anna Frank di mercoledì 27 gennaio ha ottenuto il 27% di share). Agostino, il più grande filosofo dell'umanità, oltre che un santo; una vicenda emblematica di un uomo che riuscì a trasformare una vita da intellettuale a spirituale. Presentata a Papa Benedetto XVI, lo scorso settembre nella residenza di Castel Gandolfo, a dimostrazione di come, anche attraverso la televisione, si possa trattare una storia così profonda, lo stesso ha commentato che se suo padre, filosofo, fosse stato vivo, sarebbe stato fiero di questa realizzazione televisiva. Una scelta, quindi, coraggiosa e difficile di cui la rete va fiera chiosa Del Noce. Presente il presidente della Lux, Ettore Bernabei, insieme ai figli Luca e Matilde, che ha parlato di un'opera di divulgazione popolare, trattandosi di un personaggio eminente della cultura universale. Egli ha aggiunto che questa fiction non solo ha il merito di far conoscere un'epoca della storia dell'umanità, ma anche il percorso di un uomo che avrebbe potuto vivere ai nostri giorni. Ci sono, infatti, nella sua vicenda le esperienze di tanti uomini e donne, soprattutto quella di incamminarsi nella via tormentata del successo personale e del potere, attraverso anche vicende trasgressive, ma sempre con lo spirito della ricerca, della conoscenza. Un uomo prima, un santo poi, che non andava alla ricerca della verità, ma che desiderava che la verità trovasse lui, atteggiamento colto dal Sommo Pontefice, speranzoso che, attraverso questa dinamica, ogni uomo trovi la carità. Esperienze attuali, appunto, affinché il pubblico possa ricavarne un vantaggio per la propria vita. Un lavoro di sceneggiatura non facile per la mole di storia e per l'epoca di cui tratta: sul declino dell'Impero Romano, quando l'uomo cominciò a guardare ad Oriente. Molto grato per questa realizzazione Padre Vittorino Grossi, preside dell'Università Lateranense, per la proposizione dell'uomo Agostino, capace di lezioni di solidarietà perché sempre attento alla gente e alle sue fatiche umane. Nel film sono proposte le tre età di Sant'Agostino: il giovane (Matteo Urzia), il maturo (Alessandro Preziosi) e l'anziano (Franco Nero).

Alessandro Preziosi, ci racconti il tuo Sant'Agostino?
Non basterebbe una vita per raccontare il mio Sant'Agostino, anche perché credo di esserne stato colpito in quanto appartenente a quel genere umano che non riesce ad acchiappare la verità, a farne tesoro e a portarla ai propri figli, agli amici e alla gente come attore. Il mio nasce da un innesto molto importante che ho avuto con il produttore di questa meravigliosa esperienza che è Luca Bernabei. La sceneggiatura mi è arrivata una notte, tra uno spettacolo e l'altro, quello dell'Amleto, neanche a farlo apposta, nel senso che uno, l'Amleto, fa le domande, l'altro, il santo, risponde…In una notte l'ho letta tutta. Mi ha affascinato l'aspetto dinamico, il fatto che, tra gli sceneggiatori, ci fosse chi aveva collaborato alla redazione de Le vite degli altri, un grande film per me. La mattina dopo mi proposi per questo ruolo e, da quel momento, mi sono semplicemente lasciato andare con la certezza di essere affiancato da Luca, dal regista, da Andrea Giordana, da Monica Guerritore, lo dico esplicitamente perché non dimenticherò mai i confronti, le lotte, le culture differenti avute con tutti su temi delicati, come il rapporto dell'uomo con la fede, l'uomo con le sue paure. Il mio percorso si è basato sul credere fermamente che potevo raggiungere, come uomo, qualcosa di più e se questo poteva aiutarmi a essere un attore migliore, tanto di guadagnato. La cosa che più mi ha affascinato è la parola, che oggi è priva del suo senso legato alla verità, quindi la ricerca della verità anche legata alla parola. È divertente come Agostino, da retore astuto, capisca, tramite i suoi studi su Cicerone, come si riesca ad attribuire il valore di vero alla parola. Il rapporto di Agostino con la parola è l'elemento più moderno che si ricava dalla fiction, attraverso un percorso di vita. Lui parte dal valore da attribuire alle parole, non rendendoci strumenti, ma autori di una parola che voglia dire qualcosa. Ringrazio la produzione per questa possibilità, per averla affrontata in inglese, esperienza nuova e faticosa, e per aver condiviso tutto questo con amici colleghi che hanno permesso una crescita.

Franco Nero, qual è stata la tua esperienza nell'interpretare Agostino vescovo d'Ippona?
Alessandro ha detto cose talmente belle che non è facile dire altro, sono d'accordo. Quando il Papa ci ha incontrato a Castel Gandolfo, dopo avermi visto sullo schermo, mi ha detto: 'Ma lei è giovane!', un aneddoto divertente. Noi attori siamo come i camaleonti e così mi hanno cambiato per fare questo personaggio. La parte matura di questo santo è quella della saggezza. Prima della conversione lui era un uomo comune, un peccatore, ne ha fatte di tutti i colori fino a 29 anni. Penso che sia il santo più completo proprio per questo motivo, per il cambiamento avuto a trent'anni con la vocazione. Ma è anche il più moderno proprio per la parola; oggigiorno potrebbe parlare a molti giovani, dire loro di essere meno superficiali, di essere più precisi in tante cose, perciò è stato un onore interpretare questo ruolo. Un personaggio universale, conosciuto ovunque io vada nel mondo: America, Inghilterra, Germania. Mi auguro che il film piaccia al pubblico di tutto il mondo.
Andrea Giordana, ci parli del suo personaggio: Ambrogio.
Vorrei segnalarvi l'emozione che ho provato nel vedere la fiction…Siamo di fronte a un prodotto straordinario per intensità, sembra un film dai mezzi infiniti, grazie anche a Christian che è un regista eccezionale; lui si metteva, dalla mattina, la steady cam addosso e ci diceva: 'Io sono qua, emozionatemi e vi vengo a cercare, annoiatemi e me ne vado' e devo dire che il risultato è stato straordinario. Proporre al pubblico un prodotto così è coraggioso, ma significativo, ci permette di crescere ed è questa la funzione della Rai come televisione pubblica. Provo un po' di invidia verso il mio personaggio, Ambrogio, perché Dio è entrato con prepotenza nella sua vita di agnostico. Dio aveva bisogno della sua intelligenza, della sua integrità morale e della sua attenzione al sociale, queste sono cose che lui aveva prima, ma quello 'scontro' con Dio crea in lui un grande imbarazzo, tenta di fare anche cattiva impressione, facendo un baccanale semipubblico, per dimostrare di non essere degno di diventare vescovo, ma Dio gli fa capire che proprio il fatto di essere un peccatore gli farà meglio comprendere gli altri. Da quel momento è una conversione curiosa, si è battezzato, ha studiato la religione. Finalmente ha aperto il cuore e le orecchie alla chiamata e si è lasciato penetrare completamente. Invidio anche Sant'Agostino che ha incontrato Sant'Ambrogio, un vero integralista.

Da tanti anni la Lux fa opera di divulgazione con temi alti (come L'Apocalisse), che hanno un grande riscontro di ascolti, che cosa vi ha insegnato questa esperienza?
Ettore Bernabei: Ormai il pubblico che guarda la televisione da cinquant'anni è maturo. La gente è anche disposta a qualcosa di più impegnativo, certo bisogna avere una capacità di divulgazione, ricorrendo ai mezzi tipici della televisione, come le emozioni, i sentimenti. Quando la Rai trasmise Pinocchio, favola di letteratura e di umanità, ci sono stati due milioni in più di telespettatori, il pubblico lo ha preferito alle vicende di un trans in un reality show!.
Oltre alla nota frase di Agostino: "Ama e fa quel che ti pare", avete conservato, personalmente, qualche parola in particolare?
Preziosi: L'amore in generale, come sentimento semplice e complesso allo stesso tempo. Una volta che hai capito l'amore, puoi fare quel che ti pare. Sono affascinato da tante frasi ad effetto di Agostino, ma credo che, alla base di tutto, ci sia un concetto semplicissimo che lui ha colto, e cioè che i sentimenti noi li trattiamo come delle funzioni, li aggiriamo e non li comprendiamo, fino a quando capiamo che l'amore è un sentimento assoluto, chiaro e semplice e che lo possiamo combinare realmente con l'esercizio della nostra volontà. Lui lega il concetto dell'amore a quello della volontà: una volta capito ciò che vogliamo, siamo in grado di amare. Questo è il significato della frase di Agostino.
Padre Vittorino: Per Agostino è essenziale fare le cose per amore. Lui sostiene che il rapporto umano o è amore o è sfruttamento. Lui spiegava la frase a dei neo battezzati che dovevano tornare all'interno dell'Africa, per far capire loro come si può avvicinare Gesù risorto e cioè solo con l'amore.

C'è stato un momento difficile durante la realizzazione?
Preziosi: Per me c'è stato un momento difficile durante la prima settimana di lavoro per l'impatto con il contesto, ma anche perché ero lontano da casa. Quando ho visto la programmazione della settimana, ero fuori dalla grazia di Dio: dovevo recitare in inglese i due discorsi più importanti. Non ho dormito tutta la notte, me lo ricorderò per sempre. La cosa meravigliosa che ho capito, facendo Sant'Agostino, è che le difficoltà presunte sono inutili quando si va al nocciolo. Avere poi a che fare con un regista come Christian Duguay, e mi piacerebbe che il pubblico lo conoscesse meglio (ha diretto anche una prossima serie Rai: Sotto il cielo di Roma), è stato importante perché mi ha fatto capire che il mio era solo un capriccio, una paura.
Nella linea editoriale di Rai Uno, questa fiction che senso ha?
Del Noce: All'ultima riunione del Consiglio d'Amministrazione, ho risposto, a un consigliere che me lo chiedeva, che il filo sottile che lega una fiction a un'altra è il discorso che la fiction in generale, da parte nostra, deve essere trattata in una maniera tale che si capisca che si è su Rai Uno, per linguaggio e immagini. Sicuramente la Lux, che è uno dei fornitori più antichi da quando la fiction è rinata, è stata un capostipite di questo nuovo linguaggio, alternando progetti leggeri (Coco Chanel o Don Matteo) a tematiche difficilissime che richiedono sforzi culturali (si pensi a Papa Giovanni, il più grande successo di ogni fiction!). Ci possono anche essere fiction di pura evasione, ma bisogna uscire dal tradizionale clichè marito-moglie-amante. Il pubblico e la critica vogliono anche altri temi; gli ascolti lo confermano ed è giusto che li offra un servizio pubblico. La televisione è un mezzo generalista di massa, non di nicchia, e si può affrontare qualunque argomento avendo di vista il pubblico.
Alessandro Preziosi, avevi già lavorato con Monica Guerritore?
No, mai e mi dispiace che non sia qui perché lei è stata un tassello importantissimo sia per la storia di Sant'Agostino, che lei sintetizza in maniera esemplare, ma anche personalmente perché è stato potente quello che ho vissuto con lei. Uso la parola potente perché va al di là di quella che è la mia capacità di ricostruire quei momenti. Importante è stato, grazie al regista, raccontare la morte del santo attraverso la voce della madre. Viene fuori il concetto dell'eterno, che è complesso, difficilissimo. Mi ricordo Luca De Filippo che mi raccontava del padre, Edoardo, quando gli diceva di aver capito, a una certa età, il concetto dell'eternità e cioè aver fatto qualcosa per i figli. Il concetto popolare di eternità l'ho ritrovato in Sant'Agostino.

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