Piovono polpette

 “Piovono polpette” è un film d’animazione perfettamente incardinato con la nostra società e andrebbe assolutamente interpretato in senso allegorico. Tutto parte dalla voglia del giovane protagonista di inventare qualcosa di rivoluzionario, che possa finalmente distoglierlo da quell’alone di impotenza, sedimentatosi in lui sin dai tempi della scuola. Ci troviamo di fronte al classico fenomeno da baraccone, preso sempre di mira dai bulli e convinto che solo qualcosa di geniale e mai visto prima possa renderlo amato da tutto il mondo. Ecco che tra una sperimentazione e l’altra Flint forgia una macchina in grado di convertire l’acqua in cibo. Macchina che introdurrebbe un regime alimentare genuinamente vario in una città abituata a mangiare solo sardine. Non fila tutto liscio come l’olio e i disastri del genio pasticcione si susseguono provocando una risata dopo l’altra. Ma dopo tante peripezie, la macchina produttrice di cibo finisce addirittura tra le nuvole, dove raccoglie tutte le molecole di acqua necessarie a soddisfare le richieste di cibo degli abitanti di Sardinolandia. Fin quando tutti si accontentano di veder piovere dal cielo polpette (da cui il titolo), l’equilibrio non si spezza e il nostro amato protagonista ottiene la gloria tanto attesa, diventando persino il beniamino del Sindaco. I problemi subentrano nel momento in cui la gente sopraggiunge da tutte le parti del mondo e approfitta dell’incredibile invenzione per telecomandare sfiziose richieste di cibo, che finiscono per mandare in tilt tutto il sistema. Dal cielo piove sempre più cibo, e sempre meno salutare. Ciò che prima era un alleato di una dieta variegata, adesso diventa un nemico da sconfiggere. C’è chi contrae una fortissima obesità e chi rimane in coma da elevata assunzione di zuccheri. Ma c’è anche chi è costretto a chiudere la propria pescheria perché nessuno vuole più saperne di sardine, il cibo spazzatura ha ormai preso il sopravvento. Particolare non da poco: il proprietario della pescheria in questione è il padre del giovane scienziato, emblema del pater familias legato alle origini, poco propenso all’innovazione, sconvolto di fronte al deleterio macchinario inventato dal figlio, desideroso di trasmettere il proprio mestiere di generazione in generazione e sempre pronto a dispendiare perle di saggezza attraverso antichi proverbi. Tutti questi elementi, uniti all’accento siculo del doppiatore, riecheggiano il personaggio di padron ‘Ntoni dei Malavoglia. Ma a mio modesto parere un po’ tutto il film è attraversato da un unico filo conduttore che fa capo alla moralità verghiana della “fiumana del progresso”. In parole povere bisogna inseguire il “nuovo” con parsimonia perché questo può rivoltarsi contro l’uomo stesso. Dunque un’idea geniale quella di “Piovono polpette” per aver rappresentato giocosamente, e con raffinati riecheggiamenti letterari, i rischi della modernità. Chissà, magari dai nostri cieli non vedremo mai piovere polpette, ma forse qualcosa di ancora più nocivo.