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Biografilm Festival 2010: intervista a Jaco Van Dormael

Anticipazioni sul prossimo film di Van Dormael.
di Alessandro Berti

Il lavoro su Mr. Nobody
Jaco Van Dormael (67 anni) 9 febbraio 1957, Ixelles (Belgio) - Acquario. Regista del film Mr. Nobody.

martedì 15 giugno 2010 - Incontri

Il lavoro su Mr. Nobody


Mr. Nobody illustra una molteplicità di possibili vite. Come è stata la fase di scrittura e quanto tempo ti ha impegnato?
L’intero processo ha preso dieci anni e ho scritto ogni giorno per circa sei anni. Per farti un esempio di come ho lavorato ti posso dire che in Francia viveva un postino chiamato Facteur Cheval che per vent’anni raccoglieva piccole pietre durante il suo percorso giornaliero e se le metteva in tasca. Le portava poi nel suo cortile per costruire un palazzo ideale e alla fine è riuscito a realizzarlo pur non avendo nessuna nozione di architettura. Nelle scuole di cinema ti insegnano a scrivere una sinossi e a seguire un processo creativo standard che personalmente ritengo noioso. Io invece scrivo ogni giorno anche solo degli appunti e arrivo a raccogliere molto materiale e lo unisco. Qui vedo se ci sono ripetizioni nella vicenda e la storia inizia a essere organica. Ma quello che mi interessa di più nel cinema non è dare un’immagine di realtà ma dare un’immagine più di percezione generale che permetta a tutti gli stili di raccogliersi e di saltare da una storia all’altra, da uno spazio e da un tempo all’altro proprio come succede a livello di pensiero.

Il tuo film è un soggetto originale. Da dove hai preso ispirazione per scrivere la storia?
Difficilmente trovo ispirazioni da qualcosa che leggo. Mi siedo alle dieci del mattino e scrivo per tre ore al giorno. All’inizio non sono molto ispirato, comincio lentamente senza sapere dove sto andando. Procedo molto per addizione e quando capisco che ho scritto due o tre volte la stessa scena, allora sento cosa può andare bene. In generale, oltre il progetto di Mr. Nobody, mi piace la sensazione di essere vivo e concepire film. Nei film le vicende sembrano mirate tutte verso un obiettivo, le azioni rispondono a un principio di causa ed effetto molto preciso. Nella vita reale invece non conosco le conseguenze di un'azione. Penso che la vita si ramifichi come la chioma di un albero, mentre una storia concepita per il cinema va nella direzione opposta, ovvero dalla chioma confluisce in unico punto rappresentato dalle radici. A volte penso che noi scriviamo storie anche per un bisogno di essere consolati dal fatto di non avere un controllo totale sulla nostra vita.

Le città del futuro


Parliamo dell’ambientazione della città nel futuro. Mi ha ricordato un po' Blade Runner e Metropolis. Stavi effettivamente pensando a questi due film nella fase di scrittura?
Diciamo prima di tutto che il film è il risultato di un lavoro artistico collettivo mentre la scrittura è l’unico momento in cui sono solo. Con le persone della produzione abbiamo ragionato molto sulla rappresentazione del futuro: come dormono le persone, come sono gli ospedali e la prima cosa che abbiamo deciso negli incontri preliminari è che non doveva assomigliare né a Metropolis né a 2001 Odissea nello spazio, ma in seguito ho notato che assomiglia a entrambi film! Infatti penso che sia proprio collegato alla percezione che abbiamo noi del futuro, costruita attraverso le diverse rappresentazioni del futuro che abbiamo visto al cinema. Specialmente nell’ambientazione della navicella abbiamo cercato di non richiamare i luoghi di 2001. Tuttavia un aspetto innovativo nel cinema di fantascienza sono gli ascensori che collegano Marte alla navicella. Questo progetto non è nato completamente dalla nostra immaginazione perché in realtà si tratta di un vero progetto della Nasa.

Hai mai girato negli Stati Uniti? Ti piacerebbe lavorare con una major o preferisci il tuo modo di lavorare più indipendente?
Non ho mai lavorato negli Stati Uniti e per rispondere alla seconda domanda penso che il regista in generale si trovi ad affrontare due tipi di problemi: o non ha abbastanza soldi e ha bisogno quindi di molta immaginazione, oppure ha molta immaginazione però al tempo stesso il produttore ne ha altrettanta! In Francia e in Belgio abbiamo più o meno la possibilità di avvicinarci a girare un director’s cut, mentre sarebbe alquanto difficile realizzarlo negli Stati Uniti con lo stesso livello di libertà. Per la realizzazione quindi preferisco condurla a casa e godere di questa libertà.

C’è qualche attore con il quale vorresti lavorare?
(Sorridendo) Posso rispondere col mio cane? Personalmente non è una questione di nomi, mi piace girare con attori totalmente sconosciuti, perché sono sempre molto entusiasti di lavorare. Stesso discorso per attori adolescenti, bambini, portatori di handicap e attori anziani. Per quanto riguarda gli attori professionisti, non ho preferenze particolari.

Puoi dirmi qualcosa riguardo al tuo prossimo progetto?
Ogni volta che mi approccio a un film cerco di creare una storia semplice, anche se la maggior parte delle volte non mi riesce. Il concept alla base del prossimo film è Dio esiste e vive a Bruxelles e ha i tratti della storia surreale. È la prima volta che lavoro con uno sceneggiatore, Thomas Gunzig, uno scrittore belga. Il lato positivo di scrivere assieme a un collaboratore è che se almeno non si riesce ad avere una buona idea, ci si può fare compagnia!

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