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La première étoile: Settimane bianche e nere

Di prossima uscita una commedia “invernale” sull'integrazione culturale.
di Edoardo Becattini

Uno slalom fra classi sociali
Anne Consigny - Gemelli. Interpreta Suzy nel film di Lucien Jean-Baptiste La Première Étoile - La Prima Stella.

giovedì 11 marzo 2010 - Incontri

Uno slalom fra classi sociali La “prima stella” è il riconoscimento conferito ai piccoli apprendisti dello sci, quello che in generale ricevono i bambini alla fine della loro prima settimana bianca. Nelle idee dell'attore e regista Lucien Jean-Baptiste, diviene metafora di un confine fra classi sociali, fra chi può permettersi le vacanze in montagna e l'onere di tutto ciò che esse includono (attrezzature sportive, baite, skipass, ecc.) e chi ripiega su una giornata al mare. Ma anche di un confine fra etnie, che nella Francia degli anni Ottanta in cui è ambientato il film, divide i bianchi dai neri, gli abitanti del cuore di Parigi e quelli delle banlieues. Giocando piacevolmente su questo confine, La première étoile, racconta le anomale vacanze di una famiglia meticcia (padre nero, madre bianca e tre figli) che dalla periferia di Créteil decide di spostarsi in modo temerario sulle alte quote delle Alpi per tentare le pratiche sciistiche e portare un po' di scompiglio nel bianchissimo mondo degli sport invernali. Il film, forte di un ottimo successo in Francia, è anche la “prima stella” della neonata casa di distribuzione Nomad Film, che per tutta la prossima primavera tenterà di importare nel nostro paese la modernità della commedia francese. E appunto di commedia, di integrazione e di politiche di immigrazione abbiamo parlato con la protagonista femminile del film, Firmine Richard.

Madame Richard, può dirci qualcosa sulle sue origini e sull'identità della cultura creola che si respira anche nel film?
Firmine Richard: Sono nata in Guadalupa nel 1947, rimanendovi fino all'età di diciotto anni, quando mi sono trasferita in Francia. Il creolo è la mia madrelingua, che ho continuato a parlare in famiglia e con gli altri conoscenti antillani anche dopo essere arrivata in Francia e che ho voluto trasmettere ai miei figli. Tuttora, quando gli antillani si ritrovano in Francia tendono a parlare creolo ed io ritengo importante che le vecchie generazioni trasmettano alle nuove questa tradizione linguistica, così che possano essere fieri delle loro radici culturali.

Cosa può dirci sulla creazione del film?
F. Richard: Il regista e attore protagonista del film, Lucien Jean-Baptiste, è prima di tutto un attore che da molti anni aveva in mente l'idea di voler passare alla regia con una storia vagamente autobiografica. Le première étoile è in un certo senso la sua storia, o meglio la storia di sua madre, arrivata come me in Francia durante gli anni Sessanta con i suoi sei figli. Questa donna voleva assolutamente che tutti i figli fossero integrati e che facessero le stesse cose che facevano i bimbi francesi, così li portò in montagna a fare la “settimana bianca” arrangiandosi con qualche paia di sci e una macchina presa in prestito.
Lucien, nella sua esperienza di attore, ha avuto molti contatti con vari produttori e quando ha proposto la storia de La première étoile è riuscito anche a trovare finanziamenti, nonostante sia ancora piuttosto difficile in Francia realizzare un film incentrato su una famiglia nera.

Il film vuole avere un messaggio edificante?
F. Richard: In realtà, ci sono molti messaggi in questo film, rivolti sia ai bianchi che ai neri, ai francesi autoctoni e agli antillani. Alcune scene sono particolarmente significative: la scena delle donne dal parrucchiere mostra come ci siano ancora conflitti in merito alla cultura dell'integrazione fra gli antillani e gli africani, così come fra chi agisce per un'integrazione totale e chi preferisce mantenere in modo radicale l'integrità delle proprie abitudini. O ancora le scene iniziali con i bambini a scuola, che mostrano come i bambini tendano a mentire per non vergognarsi del fatto che non conoscono la montagna e non praticano gli sport invernali. Inoltre, il film mostra molti padri immaturi, indipendentemente dal fatto che siano bianchi o neri. E anche questo è a suo modo un messaggio.

Cosa può dirci sulle politiche di immigrazione in Francia?
F. Richard: Ogni periodo ha i suoi problemi. Io sono arrivata in Francia negli anni Sessanta, durante un'ondata migratoria promossa da De Gaulle che creò un apposito BUMIDOM, un ufficio per le politiche d'immigrazione d'oltremare. Era una situazione che in fondo faceva comodo ad ambedue le parti, visto che sia in Africa che nelle Antille c'era molta povertà, mentre in Francia alcuni settori necessitavano di forza lavoro. Così, in seguito ai primi flussi migratori, finì che gli antillani entrarono nei pubblici impieghi, nelle compagnie telefoniche, negli uffici postali, mentre gli africani vennero adibiti più che altro ai lavori di fabbrica. Questa prima generazione di lavoratori si è tutto sommato integrata molto bene. Sono i loro figli ad avere avuto problemi di integrazione e difficoltà di lavoro. Nei decenni successivi non è stato fatto molto in Francia per promuovere le politiche di integrazione, così che si è creata una generazione complessa, sospesa fra il desiderio di integrazione e un radicale ripiego sulle proprie radici.

A questo proposito, che può dirci sulla canzone che canta nel film?
F. Richard: “Papa De Gaulle” è un canto della Martinicca. È un omaggio al presidente della repubblica Charles De Gaulle che ha permesso a molti della mia generazione di trovare un lavoro fuori patria e di sfamare la propria famiglia. È un inno alla gioia e al benessere, che conoscono solo gli antillani della mia generazione.

Perché pensa sia così difficile ancora fare film su integrazione e migrazione?
F. Richard: Perché bisogna trovare le persone che abbiano voglia di raccontare queste cosiddette culture di minoranza. Il primo film in cui ho recitato, Romuald et Juliette di Coline Serrault, è una commedia che affronta la questione in modo molto coraggioso, proponendo molti messaggi positivi, tant'è che al tempo ho sperato ne potessero seguire altri, ma così non è stato. Anche La première étoile è stato un grande successo in Francia, ottenendo un milione e settecentomila spettatori ed è probabile che ad esso seguiranno un sequel e una nuova versione americana. Molto oggi dipende anche dalle vendite e i diritti televisivi. I film incentrati sulle comunità nere non vendono molto e portano grandi difficoltà economiche. Ma è anche vero che tutti gli ostacoli sono fatti per essere superati…

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