magre666
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lunedì 7 settembre 2015
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vacuo e pretenzioso
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Riesco a salvare solo i meravigliosi interni in cui è girato il film, e la sfolgorante Tilda Swinton. Purtroppo il livello recitativo è imbarazzante, la trama sfiora il ridicolo e dopo un inizio vagamente intrigante, si scivola nell'apatia. Mi sarei aspettata di meglio da Guadagnino. Chi scomoda le atmosfere visconti ahr forse farebbe bene a rivederne le opere.
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stefano capasso
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venerdì 6 marzo 2015
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l'amore che trasforma
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Alla morte del vecchio capofamiglia Edoardo, la famiglia borghese dei Ricchi si trova ad affrontare la gestione dell’impresa di famiglia. Al figlio Tancredi, Edoardo affianca come erede il nipote Edoardo, maggiore di tre fratelli che Tancredi ha avuto con Emma, donna russa emigrata per sposarlo. Gli eredi non hanno la stessa forza del capostipite e presto l’azienda viene messa in vendita mentre i tre giovani seguono le loro strade. In particolare Edoardo decide di aprire un ristorante col suo amico Antonio, cuoco raffinato. Ma da questa amicizia scaturirà un dramma familiare
Ho visto questo film di Luca Guadagnino alla rassegna Cinemente e l’ho trovato molto bello.
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Alla morte del vecchio capofamiglia Edoardo, la famiglia borghese dei Ricchi si trova ad affrontare la gestione dell’impresa di famiglia. Al figlio Tancredi, Edoardo affianca come erede il nipote Edoardo, maggiore di tre fratelli che Tancredi ha avuto con Emma, donna russa emigrata per sposarlo. Gli eredi non hanno la stessa forza del capostipite e presto l’azienda viene messa in vendita mentre i tre giovani seguono le loro strade. In particolare Edoardo decide di aprire un ristorante col suo amico Antonio, cuoco raffinato. Ma da questa amicizia scaturirà un dramma familiare
Ho visto questo film di Luca Guadagnino alla rassegna Cinemente e l’ho trovato molto bello. La regia, i movimenti di macchina, il montaggio, la fotografia parlano di cinema di grande qualità e un linguaggio comunicativo fortemente estetico. La storia è costruita come una tragedia greca classica, con un incedere di eventi che confluisce in un finale di grande drammaticità. Un film che ha il tema principale sulla potenza trasformativa dell’amore, che quando viene vissuto senza paure è capace di stravolgere l’ordine delle cose e in sostanza di ridare una identità più reale a chi lo vive.
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dario
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sabato 15 febbraio 2014
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calligrafico
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Esteticamente è notevole, ma la scrittura è modesta e lo sviluppo della storia affaticato. Le scene sono come slegate fra loro, manca un crescendo e dunque il ritmo è irrimediabilmente asfittico. Il regista e gli sceneggiatori si perdono in un compicimento che sa di presunzione e si fermano ad ammirarsi in continuazione. Di tutto questo ne risente ovviamente la recitazione che è generalmente scolastic, doignitos nella sola Tilda Swinton. E' assente anche la capacità di creare un'a'tmosfera: non la si puà certo ottenere con continue scene e interminabili saliscendi di scale. Qui non si fa altro che cucinare, mangiare e scendere in giardino, correre di qua e di là, fare chilometri per trovare una tintoria ecc.
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Esteticamente è notevole, ma la scrittura è modesta e lo sviluppo della storia affaticato. Le scene sono come slegate fra loro, manca un crescendo e dunque il ritmo è irrimediabilmente asfittico. Il regista e gli sceneggiatori si perdono in un compicimento che sa di presunzione e si fermano ad ammirarsi in continuazione. Di tutto questo ne risente ovviamente la recitazione che è generalmente scolastic, doignitos nella sola Tilda Swinton. E' assente anche la capacità di creare un'a'tmosfera: non la si puà certo ottenere con continue scene e interminabili saliscendi di scale. Qui non si fa altro che cucinare, mangiare e scendere in giardino, correre di qua e di là, fare chilometri per trovare una tintoria ecc.. Alla fine abbiamo un prodotto confezionato bene che sarebbe meglio non aprire, magari appena sbirciare. Incantevole davvero la fotografia e azzeccata la musica. Sarebbe ora, però, di incensare il poco come fosse tutto. Un errore, per chissà quale soggezione verso cerebralismi, che si ripete dai film di Antonioni e continua, oggi, con quelli targati new age.
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no_data
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martedì 11 febbraio 2014
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stucchevole
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molto pretenzioso e artificioso. il manierismo è stucchevole (le gocce di pioggia sulle dita della statua, il volo dei piccioni dai finestroni...) e tenta di coprire il vuoto. molto amato negli usa, per l'esibizione di abiti porcellane piatti, e soprattutto per l'evocazione di un amore istintuale e primitivo, tipico delle classi poplari. o no???
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armando toscano
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giovedì 21 febbraio 2013
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sì, tu sei l'amore.
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Emma non è il suo vero nome. Il suo vero nome è russo, e per rivelarlo la sua stessa bocca si contrae in un dolce diminutivo. Tilda Swinton è Emma, amorevole e ferma donna russa sposata al figlio di un anziano ricco industriale di Milano, prossimo alla successione.
Vivono con i propri figli, che sono una loro emanazione, e di cui diventano emanazione in quel gioco di specchi e reciprochi controlli che costituisce l'ossatura forte delle famiglie borghesi; Elisabetta, attraversata da passioni contrastanti come la madre, Gianluca, interessato al potere e alla finanza come il padre Tancredi, ed Edoardo, un ibrido paterno e materno e allo stesso tempo contro padre e madre, creativo, più stupefacente del segreto di Elisabetta, miscela esplosiva di sensibilità e idealismo che scoppierà in effetti nella trama poché tertium non datur.
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Emma non è il suo vero nome. Il suo vero nome è russo, e per rivelarlo la sua stessa bocca si contrae in un dolce diminutivo. Tilda Swinton è Emma, amorevole e ferma donna russa sposata al figlio di un anziano ricco industriale di Milano, prossimo alla successione.
Vivono con i propri figli, che sono una loro emanazione, e di cui diventano emanazione in quel gioco di specchi e reciprochi controlli che costituisce l'ossatura forte delle famiglie borghesi; Elisabetta, attraversata da passioni contrastanti come la madre, Gianluca, interessato al potere e alla finanza come il padre Tancredi, ed Edoardo, un ibrido paterno e materno e allo stesso tempo contro padre e madre, creativo, più stupefacente del segreto di Elisabetta, miscela esplosiva di sensibilità e idealismo che scoppierà in effetti nella trama poché tertium non datur. Marisa Berenson fa da ponte tra Luchino Visconti e l'attualità di Luca Guadagnino
Vivono nella splendida Villa Necchi, per l'occasione ribattezzata "Villa Recchi", Versailles industriale e fascista che sembra ripopolarsi per l'occasione di discreti fantasmi e bisbiglii in ogni lingua. Fantasmi che sono i personaggi principali ma anche tutto il corollario di famiglia allargata; tra cui Marisa Berenson, nei panni della potente moglie del capostipite della casata, una scelta che è un vero e proprio omaggio, o una più furbetta strizzata d'occhio, del regista Luca Guadagnino a Luchino Visconti.
Vivono e mangiano, mangiano in continuazione, cene e pranzi sono la costante cornice di ogni quadro di vita raccontata. Fino al giorno in cui il mangiare, per Emma, si tramuta da un atto formale a un tramite di passione, fino al giorno in cui cessa di nutrirsi di routine eseguite meticolosamente e inizia a desiderare l'arte, l'arte culinaria, ma anche quella carnale e totalizzante dell'amore vissuto clandestinamente.
Un film pieno di spunti delicati, molto equilibrato nella grande varietà dei temi, nessuno spinto in fondo e gonfiato fino a diventare una morale. Un film che non trascura nulla, forse perché il regista, Guadagnino, negli anni ha imparato dalle proprie gaffe; i piatti stessi del giovane cuoco sono stati fatti ideare appositamente per il film affidandone l'ideazione a Carlo Cracco, conduttore attualmente di Master Chef Italia.
Il finale. Non è un lieto fine, non è un finale tragico, è solo molto terreno e al tempo stesso sfumato, come tutto il film del resto, e come del resto la stessa meravigliosa Tilda Swinton.
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andrea giostra
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sabato 1 settembre 2012
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io sonol'amore.
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Film bellissimo. Da vedere assolutamente per chi ama film in cui l’amore e la passione trionfano inesorabilmente. Le rigide strutture sociali dell’alta borghesia, e spesso anche della scimmiottata e finta borghesia provinciale, mortificano le emozioni e imprigionano le passioni, salvo vederle sfuggire al controllo e vederle esplodere inesorabilmente, senza più alcuna possibilità di domarle, quando si aprono spiragli (tentazioni) imprevedibili e temuti. E’ quello che racconta il film con uno stile semplice e raffinato che riesce a coinvolgere e a trascinare lo spettatore in emozioni forti e catartiche(?). Chi non l’ha ancora visto si è certamente perso un bel film e, insieme, le emozioni che un buon film deve essere sempre in grado suscitare.
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Film bellissimo. Da vedere assolutamente per chi ama film in cui l’amore e la passione trionfano inesorabilmente. Le rigide strutture sociali dell’alta borghesia, e spesso anche della scimmiottata e finta borghesia provinciale, mortificano le emozioni e imprigionano le passioni, salvo vederle sfuggire al controllo e vederle esplodere inesorabilmente, senza più alcuna possibilità di domarle, quando si aprono spiragli (tentazioni) imprevedibili e temuti. E’ quello che racconta il film con uno stile semplice e raffinato che riesce a coinvolgere e a trascinare lo spettatore in emozioni forti e catartiche(?). Chi non l’ha ancora visto si è certamente perso un bel film e, insieme, le emozioni che un buon film deve essere sempre in grado suscitare.
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[+] l'amore non trionfa
(di carmelo44)
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budmud
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sabato 5 maggio 2012
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scontato e sconclusionato
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Raggiunge a stento la sufficenza per le bellissime immagini di Milano e per la ricostruzuine della vita alto-borghese della appunto milano da bere. il rsto non mi pare degno di nota. Attori mediocri (a parte Ferzetti, la Swinton che fa quello che può e i soliti noti) in particolare Edo, uno dei protagonisti. si tenta di rialzare la storia con una disgrazia improvvisa che fa precipitare il tutto.-.secondo me malamente. Non capisco tutti gli elogi e le nominatiotions. Bah.
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thomisticus
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martedì 28 febbraio 2012
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meno tilda e più leopardi
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Volontà di uscire dalla carraia del piccolo naturalismo paratelevisivo di casa nostra, di confrontarsi con un cinema di segno forte. Questo è quanto viene da dire in favore del film. Il limite sta invece nel non sapere organizzare coerentemente memorie cinefile e ambizioni: modello viscontiano, che richiederebbe altra sprezzatura, altra lucidità storica, altra crudeltà, nonché mano drammaturgica più salda (personaggi che parlano della propria famiglia alla terza persona, servizi d’argento, Morandi alla parete, ecc., non fanno antica dinastia industriale, quanto semmai definiscono l’orizzonte e le mitologie middle class del regista); modello rosselliniano (quello della solitaria alterità dei personaggi femminili interpretati da Ingrid Bergman) giocato sul piano puro della enunciazione, ben presto senza fiato (“Io amo Antonio”, la sventurata disse); quindi, il simbolismo (gli interni art deco come bare, le geometrie delle tavole apparecchiate, le astrazioni del paesaggio urbano sotto la neve, la dialettica interno/esterno), che rimandano allo Scorsese di L’Età dell’innocenza e Made in Milan (con lo stesso rischio di una raffinata estetica pubblicitaria); il registro informale ed erratico, al limite del poema visivo, impiegato nella parte ambientata nell’entroterra ligure (che in parte recupera precedenti materiali del documentario Cuoco contadino), ma che, non sorretto in profondità, suona velleitario (lo stesso difetto nell’ultima parte del documentario Inconscio italiano), ecc.
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Volontà di uscire dalla carraia del piccolo naturalismo paratelevisivo di casa nostra, di confrontarsi con un cinema di segno forte. Questo è quanto viene da dire in favore del film. Il limite sta invece nel non sapere organizzare coerentemente memorie cinefile e ambizioni: modello viscontiano, che richiederebbe altra sprezzatura, altra lucidità storica, altra crudeltà, nonché mano drammaturgica più salda (personaggi che parlano della propria famiglia alla terza persona, servizi d’argento, Morandi alla parete, ecc., non fanno antica dinastia industriale, quanto semmai definiscono l’orizzonte e le mitologie middle class del regista); modello rosselliniano (quello della solitaria alterità dei personaggi femminili interpretati da Ingrid Bergman) giocato sul piano puro della enunciazione, ben presto senza fiato (“Io amo Antonio”, la sventurata disse); quindi, il simbolismo (gli interni art deco come bare, le geometrie delle tavole apparecchiate, le astrazioni del paesaggio urbano sotto la neve, la dialettica interno/esterno), che rimandano allo Scorsese di L’Età dell’innocenza e Made in Milan (con lo stesso rischio di una raffinata estetica pubblicitaria); il registro informale ed erratico, al limite del poema visivo, impiegato nella parte ambientata nell’entroterra ligure (che in parte recupera precedenti materiali del documentario Cuoco contadino), ma che, non sorretto in profondità, suona velleitario (lo stesso difetto nell’ultima parte del documentario Inconscio italiano), ecc. ecc...Troppa roba, che finisce per aggredire soltanto per vie esteriori (come le musiche di Adams, con la loro urgenza quasi irrelata ) e soffocare un melodramma, il cui gracile motivo alberoniano (“l’amore è una forza rivoluzionaria”) non basta a reggerne il peso. A molti, però, farà piacere, che invece dei soliti Umberto D., finalmente l’Italia mandi in giro per il mondo gente bella e ben vestita.
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ralphscott
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giovedì 9 febbraio 2012
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neve su milano,neve sui cuori
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Melò estetizzante,ma onesto. Al regista interessa riempirci gli occhi di bellezza,dagli elementi architettonici ed arredi,a quella della natura,compresa quella umana. Meravigliosa,elegante la Swinton offertaci per l'intero arco del film:è il paradigma di una realtà ibernata,vittima di un'asfittica realtà borghese dove anche i più giovani della famiglia Recchi soffrono. Ma gradualmente,la rossa russa acquista consapevolezza della propia condizione di donna infelice e seguirà il suo istinto verso altri lidi,d'amore e di felicità. Notevole panoramica di Milano nei titoli di testa
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palen
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sabato 4 febbraio 2012
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il gelo dentro
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Grande eleganza formale per esprimere senza assoluzione la laboriosa freddezza borghese con poco o nessuno spazio per il calore dei sentimenti. ....
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