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G-Force, questo è 3D!

La tecnologia non si nasconde ma si palesa, e senza disturbare.
di Gabriele Niola

Un 3D non pretestuoso

martedì 22 settembre 2009 - Making Of

Un 3D non pretestuoso
Certe cose è meglio che le facciano i tecnici. Hoyt Yeatman è un vero veterano degli effetti visivi, talmente tanto da aver lavorato, tra gli altri, anche a capolavori del genere come E.T., Blade Runner e The Abyss (per il quale ha vinto un Oscar). Non stupisce quindi che il suo approccio da regista al mondo del 3D stereoscopico e a quello dell'integrazione di personaggi digitali in un film dal vero abbia portato al miglior utilizzo della tecnologia tridimensionale visto fino ad ora.
G-Force è un film molto semplice indirizzato ad un target infantile se non familiare, ma di tutto riguardo è il modo in cui racconta la sua storia di porcellini d'India superspie parlanti. Per la prima volta il 3D realizza quello che da sempre vanno dicendo i suoi sponsor, cioè una maggiore immersione nel film. E per la prima volta sembra che esso non sia accessorio, pretestuoso o posticcio, paradossalmente proprio perchè è posticcio.
L'idea di Yeatman infatti è stato di realizzare un film con tutte tecniche e idee 2D ma lascinadosi un margine per poi agire in tre dimensioni al momento della post produzione. Il risultato è un film in cui il controllo digitale di ogni inquadratura è tale da essere fluido, mai invisibile ma nemmeno fastidioso o respingente. È la tecnologia che si palesa senza disturbare.

Un 3D tutto fasullo per avere il massimo dell'immersione
La decisione è stata tanto semplice quanto netta: invece che controllare tutto sul set e cercare di replicare una vera profondità, cioè quella degli ambienti reali, è meglio operare come se si trattasse di un normale film in 2D e poi in post produzione isolare tutti i diversi piani investendo molto tempo nella creazione delle gerarchie di profondità.
"In post-produzione abbiamo deciso per ogni taglio di montaggio come doveva funzionare la profondità". Alla fine quindi tutto l'effeto stereoscopico è sintetizzato al digitale e in sostanza si è trattato di modificare le riprese reali per fare un mondo 3D. In molte scene, almeno le più complesse, ogni singolo elemento presente aveva le sue proprie coordinate stereoscopiche e ad ogni movimento di macchina queste venivano più o meno enfatizzate a seconda di come cambia la prospettiva.
A questo punto la forza del meccanismo è che non è più importante quali siano gli elementi in gioco, poichè se tutto è sintetizzato che si debba portare in primo piano uno dei porcellini o una sedia è la medesima cosa "Dunque se vediamo che una figura o un personaggio hanno bisogno di un ritocco per risaltare di più glielo diamo senza problemi". Non ci sono limiti nè possibilità di rimanere vittime dei nostri errori.
Con un processo simile è accaduto che intere parti del film fossero composte di inquadrature completamente virtuali, cosa che avvicina il 3D di G-Force a quello dei lungometraggi d'animazione più fotorealistici come ad esempio quelli di Zemeckis (Beowulf e Polar express) da cui non a caso è stato preso il team tecnico, primo fra tutti il maestro Robert Engle.

Ogni personaggio una personalità
Per ottenere il massimo realismo dai personaggi digitali abbiamo pensato che sarebbe stato meglio creargli un ambiente ampio dove agire" sostiene il supervisore agli effetti visivi Stokdyk. Per questo le riprese sono state incentrate sull'idea di avvicinarsi molto agli ambienti (vuoti) dove sarebbero poi stati inseriti i porcellini digitali, considerando sempre i posti in cui sarebbero stati posizionati. In seguito quegli ambienti sono stati catturati digitalmente, così che, prima di essere messi nel contesto ripreso, i porcellini digitali sono stati testati negli equivalenti virtuali.
A detta di tutti quelli che hanno lavorato al film Yeatman badava moltissimo alla posizione della videocamera, se fosse all'altezza giusta e come si sarebbe dovuta muovere immaginando i di conseguenza movimenti dei porcellini. Poi al momento di inserirli l'idea che ha guidato tutto il processo è stata di fare sembrare che ci fosse un operatore sul set a riprendere davvero i personaggi. Cercare di ottenere l'impressione che i porcellini fossero stati ripresi da qualcuno che seguiva ogni loro movimento, adattandosi in ogni momento per riprenderli al meglio, è stata una delle componenti fondamentali per l'integrazione di reale e virtuale nel film.
Per i singoli porcellini invece, racconta sempre il supervisore agli effetti visivi Stokdyk, "sapevamo che rendere tutte le diverse personalità sarebbe stato importantissimo. Così siamo passati attraverso una serie di test d'animazione per dare loro una sensibilità particolare, in modo che gli sguardi combaciassero con le loro personalità".
Inoltre per contribuire all'effetto di realtà il regista Hoyt Yeatman ha creato una serie di videocamere particolari in grado di compiere riprese "fotoreali" dei piccoli mondi dove si muovono i personaggi. Camere digitali ad alta risoluzione, camere minuscole che ricreano il punto di vista della mosca e camere che possono catturare tutti i livelli di esposizione ed illuminazione per le modifiche digitali.

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