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Christine Cristina: la poesia è donna, il cinema pure

Il debutto registico di Stefania Sandrelli.
di Marianna Cappi

Stefania e Furio Scarpelli
Stefania Sandrelli (77 anni) 5 giugno 1946, Viareggio (Italia) - Gemelli. Regista del film Christine Cristina.

martedì 4 maggio 2010 - Incontri

Stefania e Furio Scarpelli
S tefania Sandrelli, attrice amatissima e in odore di David, debutta alla regia con il ritratto, affidato alla figlia Amanda, di Cristina Da Pizzano, prima donna a vivere della propria penna, scrivendo e pubblicando versi illuminati nel bel mezzo dei secoli bui.
All’anteprima per la stampa di Christine Cristina gli applausi non sono mancati, ma il primo è andato, spontaneo e sicuro, a Furio Scarpelli, la metà della più grande coppia della sceneggiatura italiana, che nei giorni scorsi ha concluso per sempre la sua parabola.
Stefania Sandrelli: Ho fatto cinque film con Furio. Quando passava sul set era come veder passare un angelo: era una persona speciale. L’ultima volta che l’ho sentito fu quando, durante le riprese, ho telefonato per parlare con Giacomo (il figlio, sceneggiatore, ndr) ma mi ha risposto lui, perché Giacomo era fuori. “Cosa devo fare, Furio? –ho chiesto- Non mi danno l’albero di mele ma giro domani e ho bisogno di una scena in cui Christine prenda del cibo per nutrire i figli, va bene se le faccio dividere per loro una focaccia di pane?” “L’importante è che quando mostri la focaccia tu ne faccia sentire il profumo, che tu faccia capire quanto è preziosa – mi ha detto- e stai tranquilla, tanto tu sei ineffabile”. Oddio, cosa voleva dire? Sono andata a vedere sul dizionario! Furio era così, mi ci mandava spesso e volentieri sul dizionario.
Caterina D’Amico (Rai Cinema): Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo film, c’era una sceneggiatura pronta, già buona, ma noi volevamo che il fulcro fosse la poesia e il modo in cui la poesia di Cristina era diversa da quella che si scriveva e cantava in quell’epoca. Le poesie non si potevano tradurre senza intervento, andavano riscritte per lo schermo: è per un compito così delicato e letterario che abbiamo chiamato Furio. Ricevere il copione rivisto, con il suo prezioso lavoro su questo aspetto, è stato bellissimo.
Stefania Sandrelli: Alcune parole, come “Soletta sono, soletta voglio restare”, e soprattutto la lettera finale al figlio, sono invece di Christine, non ho voluto toccarle.

Perché ha scelto di portare sullo schermo il ritratto di una protofemminista?
Stefania Sandrelli: Non sono io che ho scelto lei, è Christine che ha scelto me. Avevo letto la biografia e il personaggio mi è rimasto dentro. È forte, propulsivo, coraggioso, come solo le donne sanno essere. Oggi, però, mi sembra che si stia tornando indietro, che le donne siano ridotte a merci e non va bene. Forse ho fatto bene a fare questo film, non solo per me, ma perché mi appare sempre più attuale.

Non crede che ci sia una responsabilità delle donne stesse in questa condizione?
Stefania Sandrelli: Sicuramente, ma manca il sostegno; oggi ce n’è meno di prima.
Amanda Sandrelli: Ci sono delle doti prettamente femminili, come la grazia e la pazienza, alle quali le donne hanno rinunciato, credendo di dover imitare gli uomini per poter ottenere qualcosa. Però, se ce l’ha fatta Christine nel ‘300, ce la possiamo fare anche noi oggi, in un’epoca non molto più luminosa ma se non altro meno violenta.
Paola Tiziana Cruciani: Credo anch’io che stiamo attraversando un periodo buio e che la figura femminile sia relegata a soprammobile. Mi aspetto una legge che ci obblighi tutte ad uscire con i tacchi a spillo. Ma non credo che le donne abbiano delle colpe, le vedo ancora tutte nel dominio dell’universo maschile.
Herlitzka: Io trovo che la nostra epoca sia ancor più oscurantista di quella: allora la cultura non era dimenticata, come lo è invece oggi. Oggi non viene nemmeno più proposta, chi ne ha bisogno se la deve andare a cercare.

La ricerca formale e pittorica è molto accurata, il cast più che azzeccato: a chi va il merito?
Stefania Sandrelli: La storia di un’italiana che va a vivere da bambina alla corte di Francia, al seguito del padre astronomo, poteva essere una coproduzione; Charleton poteva essere Depardieu. Ma poi, per mille motivi, è diventato un film orgogliosamente piccolo, fatto tutto a Cinecittà, con scenografie riciclate e però con la fortuna di aver voluto esattamente chi volevo attorno: Haber, che è stato da subito il mio Charleton, Herlitzka, Alessio Boni e Paolo Carnera alla fotografia e Nanà Cecchi ai costumi. Il merito è loro.

Cosa vuol dire per lei fare la regista?
Stefania Sandrelli: Essenzialmente operare delle scelte, in ogni aspetto, fin dalla stesura della sceneggiatura.

È stato difficile anche per un’attrice amatissima come lei esordire alla regia?
Stefania Sandrelli: Sì. Vent’anni fa ci avevo provato, volevo fare “Buongiorno amore” con Amanda e Margherita Buy, ma tutti mi hanno chiuso la porta in faccia. Con Christine Cristina mi sono incaponita. Ho avuto soprattutto la disponibilità affettiva degli attori, che è la caratteristica del nostro lavoro che io reputo più importante. Herlitzka un giorno ha lavorato 18 ore senza mai battere ciglio, di Paola Tiziana Cruciani mi sono letteralmente dimenticata per un giorno intero, nel quale mi ha aspettato senza lamentarsi nel suo camerino, e anche Blas Roca Rey si è fatto le sue lunghe attese.
Blas Roca Rey: Il mio contributo è minimo, ma la gioia di far parte di questa carovana mi ha ricompensato.

Venti copie non sono poche? Perché penalizzare questo piccolo ma originale film?
Roviglioni (01 distribution): I primi di maggio sono ancora un periodo di alta competitività e non ci pareva questo un film da buttare nella mischia. Miriamo alla tenitura in sala più che al clamore dell’uscita. Contiamo sul passaparola.

Alessandro Haber è stato diretto da quasi tutto il cinema italiano. Come si è trovato sotto la direzione dell’esordiente Sandrelli?
Haber: Quando Stefania mia ha proposto il ruolo ho accettato all’istante. Il personaggio mi era cucito addosso: se fossi vissuto in quel periodo sarei morto in quel modo, ne sono certo. Stefania è entrata nelle pieghe della psicologia del mio come di tutti gli altri personaggi, sapeva quel che voleva e come chiedertelo, con garbo, e ha tenuto in mano un intero set senza alcuna difficoltà.
Stefania Sandrelli: Posso fare io l’ultima domanda? Adesso che avete visto il film avete capito perché ho voluto Amanda? È stata una scelta che non ha nulla a che vedere con la famiglia, ma solo con la sua bravura.

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