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Nomination: Baarìa estromesso

Per scarsa credibilità del nostro cinema.
di Pino Farinotti

Oscar 2010
Margareth Madè (Margareth Maccarone) (41 anni) 22 giugno 1982, Paternò (Italia) - Cancro. Interpreta Mannina nel film di Giuseppe Tornatore Baarìa.

lunedì 25 gennaio 2010 - Focus

Oscar 2010
Alla penultima selezione per l'ammissione alla cinquina finale dei titoli stranieri che concorreranno all'Oscar 2010, Baaría di Giuseppe Tornatore, è stato estromesso.
Ecco i 9 nove scelti dall'Academy tra i 65 proposti: El secreto de Sus Ojos (Argentina), Sansone e Dalila (Australia), The World is Big and Salvation Lurks around the corner (Bulgaria), Il profeta (Francia), Il nastro bianco (Germania), Ajami (Israele), Kelin (Kazakhistan), Winter in Wartime (Olanda), The Milk of Sorrow (Perù). L'ultima selezione, che sarà annunciata il 2 febbraio, ne depennerà altri quattro.
Alcuni di questi film vengono ritenuti, da parte della critica corrente, non all'altezza di competere per il massimo riconoscimento del cinema. Ma non è questo il punto. Dico che è molto probabile che Baaría abbia qualità che i titoli sopra non hanno, tuttavia, ancora una volta, il movimento americano del cinema, decisamente importante, ci ha chiuso la porta. Baaría aveva appena subito un'altra sconfitta, ai Golden Globe, che sarebbero una sorta di anticamera degli Oscar, battuto da Il nastro bianco, già vincitore della Palma d'oro a Cannes. Tornatore, sappiamo, ha vinto quell'Oscar, con Nuovo cinema paradiso, del 1989. Successivamente ci ha provato altre volte, con L'uomo delle stelle, un altro film sul cinema, com'era stato "Nuovo cinema" e con La sconosciuta, solo due anni fa, un tributo triste e mediocre al politicamente corretto. A suo tempo, quando uscì, scrissi più volte di Baaría. Riproduco uno stralcio.

Stralcio
....Tornando al film di Tornatore ecco la serie di sequenze brevi, ciascuna di pochi minuti, ogni sequenza è un racconto autonomo, veloce e compiuto, seguito da un altro, veloce e compiuto. Il ritmo è molto alto naturalmente, la drammaturgia compressa, con la colonna sonora che non stacca mai, occupa tutto il film, al massimo della enfasi e dei decibel. Una serie di brevi sinfonie sapienti e implacabili, secondo il grande Morricone, maestro massimo dell'incidenza della musica sull'immagine. E per tutto il film, Tornatore a mostrare i muscoli, "tattili" e levigati. Mi piace dare un'indicazione artistica, certo nobile, la metafora di un richiamo antico ma che davvero non risente del tempo. Magnifica enfasi classica. Il discobolo di Mirone, plastico, elegante, compiaciuto, quasi narciso, può essere un'efficace rappresentazione di Baaría. Il primo episodio del film è travolgente. Il bambino che corre sulla strada principale del paese, con la cinecamera che lo anticipa, e poi si alza in volo è un magnifico segnale preventivo, un'accelerazione istantanea, un'ottima regola drammaturgica, una gemma. Le sequenze che seguono: tutte brevi, tutte a chiudersi. Ne finisce una, ne comincia un'altra. Come detto l'intensità non scende mai, Morricone non cala mai, i volti esprimono sempre tensione. I contadini, i clienti dei bar, i passanti, i poveri e il ricco, il podestà, il matto del paese, il politico, l'innamorata e il protagonista: sono sempre tutti febbrili. Una sequenza di connessione, a stemperare, un panorama, una strada coi passanti, un gregge, se c'è non è di connessione, ma ogni scena, quasi ogni fotogramma, va "oltre", c'è qualcosa di sotterraneo, c'è un'implicazione, e anche una promessa di violenza trattenuta solo all'ultimo, ma sospetti che la violenza poi ci sarà. Le "gemme" sono diventate gli elementi di una collana che non ha il filo. E poi la cultura. Baaría è pieno di cultura cinematografica ma nei dialoghi, nella vicenda, negli equilibri, qualcosa manca. Manca il romanzo. La letteratura terrebbe a bada l'enfasi. Ma Tornatore è così: vuole scrivere, peraltro senza l'aiuto di nessuno, e non è il suo mestiere...
...tuttavia, concludendo con Baaría, ribadisco: di titolo importante trattasi, un "evento" cui non mancare. E rispetto al nostro panorama è meritevole di concorrere agli Oscar. Anche se dubito che vincerà...

Anni '80
Ho citato Nuovo cinema paradiso. Nell'ambito del mio corso sugli anni ottanta all'Accademia di Brera, ho mostrato alcune sequenze del film. E' la vicenda di un bambino, amico di un operatore, che vede tutti i film, spurgati però delle scene che a quei tempi venivano considerate immorali, anche dei semplici baci. Muore l'operatore, ormai anziano, e l'uomo torna per il funerale. Rovistando nel vecchio cinema qualcuno ha trovato tutte quelle sequenze tagliate. Commosso, l'antico bambino le rivede. Eccone alcune: Silvana Mangano in Riso amaro, bacio Girotti-Calamai in Ossessione; Flynn-De Havilland in Robin Hood e ancora in Capitan Blood; Cooper-Hayes in Addio alle armi; Granger-Valli in Senso; Gable-Leigh in Via col vento; Boyer-Bergman in Arco di trionfo; Barrymore-Garbo in Grand Hotel. All'inizio del film viene proposta una lunga sequenza di Verso la vita, di Jean Renoir con Jean Gabin. Agli allievi il film di Tornatore è piaciuto molto, anche perché... non c'era solo Tornatore. Inutile che io commenti quelle sequenze. Certo quegli inserti hanno aggiunto qualità e sentimento, i più alti. Astuzie di Tornatore. Lo credo che poi ha vinto l'Oscar, anche se "qualità e sentimento" nel ... resto del film, non mancavano.

Statuetta
Dopo Nuovo cinema paradiso il cinema italiano si è aggiudicato quella statuetta nel '91 con Mediterraneo, Oscar larghissimo per quel film, come ammise lo stesso Salvatores, e poi con La vita è bella, del '98, titolo, invece, del tutto meritevole.
Da allora più nulla. Ci siamo illusi con Gomorra, come ci eravamo illusi con Baaría.
E' arrivato un altro segnale in quel senso, che sintetizzo in questo modo: l'italianità non interessa più al mondo, per lo meno a quello del cinema che ha ormai metabolizzato storie di Napoli e storie di Sicilia. C'è dell'altro da rappresentare. E poi Tornatore, col suo film da record italiano di budget, ha forse dato una sensazione troppo dichiarata di lavorare pensando all' Oscar, non riuscendo a trasferire l'intenzione di grandezza, che alla fine molti hanno percepito come enfasi.
Che il nostro cinema non sia più amato nel mondo emerge in modo cinematograficamente matematico, si può dire così. Assumo come riferimento i tre più importanti riconoscimenti del cinema, l'Oscar, il Leone d'oro di Venezia e la Palma d'oro di Cannes. Al di là della discrezionalità e spesso anche delle polemiche, credo che quei tre riconoscimenti rappresentino alla fine qualcosa di "esatto", un termine di giudizio che vale oggettivamente. La lista che segue vale senza altri commenti.

1946 Palma d'oro a Roma città aperta di Rossellini
1947 Oscar a Sciuscià, di De Sica
1949 Oscar a Ladri di biciclette, di De Sica
1951 Palma d'oro a Miracolo a Milano, di De Sica
1952 Palma d'oro a Due soldi di speranza, di Castellani
1956 Oscar a La strada, di Fellini
1957 Oscar a Le notti di Cabiria, di Fellini
1959 Leone d'oro a Il generale della rovere, di Rossellini
1959 Leone d'oro a pari merito a La grande guerra, di Monicelli
1960 Palma d'oro a La dolce vita, di Fellini.
1962 Leone d'oro a Cronaca familiare, di Zurlini
1963 Oscar a 8 e mezzo, di Fellini
1963 Palma d'oro a Il gattopardo, di Visconti
1963 Leone d'oro a Le mani sulla città, di Rosi
1964 Oscar a Ieri, oggi, domani, di De Sica
1964 Leone d'oro a Deserto rosso, di Antonioni
1965 Leone d'oro a Vaghe stelle dell'orsa, di Visconti
1966 Palma d'oro a Signore e signori, di Germi
1966 Leone d'oro a La battaglia di Algeri, di Pontecorvo
1967 Palma d'oro a Blow-Up, di Antonioni
1970 Oscar a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, di Petri
1972 Palma d'oro a Il caso Mattei di Rosi a pari merito con La classe operaia va in paradiso di Petri
1972 Oscar a Il giardino dei Finzi Contini di De Sica
1974 Oscar a Amarcord, di Fellini
1977 Palma d'oro a Padre padrone dei Taviani
L'albero degli zoccoli, di Olmi
1988 Leone d'oro a La leggenda del santo bevitore di Olmi
1998 Leone d'oro a Così ridevano, di Amelio
2001 Palma d'oro a La stanza del figlio di Moretti

Questi sono numeri, non è, ribadisco, discrezionalità, è... aritmetica. Emerge che nelle nostre stagioni eroiche vincevamo un premio all'anno. Poi ci siamo difesi. Ma nel nuovo millennio, salvo un'eccezione ormai lontana, proprio iniziale, siamo a "zero tituli". E forse ce lo meritiamo.

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