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A serious man presentato al Festival del Film di Roma

Un'intervista ai fratelli Coen.
di Gabriele Niola

I fratelli Coen parlano!
Joel Coen (69 anni) 29 novembre 1954, Minneapolis (Minnesota - USA) - Sagittario. Regista del film A Serious Man.

giovedì 22 ottobre 2009 - Incontri

I fratelli Coen parlano! Far parlare i fratelli Coen non è semplice. Sono così gentili da prestarsi quando ci sono degli eventi particolari ma quando si tratta delle conferenze stampa di routine, quelle che accompagnano l'uscita di ogni film, non sono altrettanto disposti a rilasciare più di qualche frase. Eppure gli enigmatici fratelli con il poco che dicono sanno essere incisivi.
Di sicure ci sono le informazioni. Il loro nuovo film A serious man presentato al Festival del Film di Roma ha sicuramente un retroterra biografico, si svolge infatti in una comunità ebrea degli anni '60 molto simile a quella dove sono cresciuti i registi/scrittori "ma il resto è ficiton" ci tiene a precisare Ethan. Fiction come lo può essere un film, dove ogni cosa ha comunque dei referenti reali, perchè chi scrive comunque non può fare a meno di ispirarsi al proprio vissuto e alle proprie esperienze. E così è anche per quest'opera enigmatica e solitaria dei Coen nella quale un altro uomo che non c'era cerca un senso per la sua vita. L'ebarismo in America "L'idea di partenza era quella di fare un film su una comunità ebrea nell'America degli anni '60" da quello sono partiti i fratelli Coen perchè quello era ciò che gli premeva raccontare, ben consci che ne sarebbe uscito qualcosa che avrebbe infastidito qualcuno: "Solitamente la gente è molto sensibile a come viene raffigurata nei media" spiega Joel "ci sono sempre dei problemi quando vai a toccare temi come la religione ma alla fine non abbiamo ricevuto nessuna protesta, la cosa è davvero sorprendente". "Per fortuna gli ebrei ortodossi non vanno molto al cinema" riprende scherzando il fratello Ethan "Il film è stato accolto molto bene negli States. Di solito le perone si offendono con poco, ma non è stato il caso".
Il film infatti gira intorno ad una comunità di ebrei, alle loro tradizioni e al loro modo di vedere il mondo. Si racconta di un piccolo uomo sottoposto a mille tribolazioni tutte insieme che cerca conforto nei rabbini e qualcuno avanza anche un paragone con Giobbe ma Ethan Coen risponde pronto: "Non abbiamo pensato a Giobbe anche se in effetti ci sono delle similarità. Giobbe però ha una fede incrollabile in Dio mentre il nostro Micheal preferisce il comofort dello status quo". Il vuoto esistenziale al di là di commedie e tragedie Difficile parlare della vacuità dei loro film con i due fratelli perchè tendono a rimandare al mittente le valutazioni salvo poi, qualche domanda dopo, riprenderle e farle proprie.
Interrogati sui loro ultimi film, compreso A serious man, e su quanto comunichino il vuoto totale della società americana Joel risponde: "i nostri ultimi film sono ambientati in spazi aperti e in quel senso sono vuoti. Non trovo però che ci siano altre vacuità oltre al paesaggio". Dopo un po' però, all'interno della risposta ad un'altra domanda, ripendono il tema dicendo l'opposto: "Noi pensiamo al film come americano" dice Joel "anche se poi magari lo stile è un po' europeo, sostanzialmente però si tratta di un'opera sulla cultura da cui veniamo" e Ethan subito coglie la palla al balzo: "Vediamo film europei da quando siamo bambini ed è normale che ne siamo influenzati ma per questo film in particolare non posso pensare ad influenze specifiche". A seguire ancora una correzione a questo pensiero sempre da parte di Ethan: "Forse se Antonioni fosse nato a Minneapolis avrebbe fatto film in questa maniera".
Una risposta certa però la possono dare ed è sull'incertezza del fare il film. Quando infatti gli viene chiesto se A serious man, dati i suoi continui cambi di registro, sia una commedia o una tragedia Ethan sa cosa dire senza esitare e con il tono di chi ha già pensato o dato in passato questa risposta: "Non pensiamo se fare commedie o tragedie quando passi un certo punto pensi solo come essere autentico e fare cose appropriate per la storia non semplicemente far ridere o piangere il pubblico. Il pubblico fa quello che vuole".

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