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Amabili resti: creatura nei cieli

Peter Jackson presenta il suo nuovo film tratto dal romanzo di Alice Sebold.
di Edoardo Becattini

La vita dei morti
Saoirse Ronan (30 anni) 12 aprile 1994, Ardattin (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta Susie Salmon nel film di Peter Jackson Amabili resti.

giovedì 26 novembre 2009 - Incontri

La vita dei morti
"Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973".
Così comincia, dopo un brevissimo incipit, il romanzo di Alice Sebold "Amabili resti" e così ha inizio il nuovo film di Peter Jackson. Una voce fuori campo che in prima persona ci introduce nel suo mondo e racconta la sua stessa morte. Non è un procedimento nuovo al cinema: prima di Susie Salmon avevamo già ascoltato lo sceneggiatore Joe Gillis in Viale del tramonto o l'impiegato in crisi di mezza età Lester Burnham di American Beauty raccontare la loro vita da morti. Lo scarto tragico sta nella giovane età della protagonista e nell'immensa brutalità del suo assassinio: violentata e uccisa dal proprio vicino di casa in un anfratto da lui stesso architettato. Amabili resti così, più che concentrarsi sulla "vita viva" di Susie, ne racconta la vita dopo la morte e il suo modo di osservare e di patire quello che succede nel mondo alla sua famiglia, ai suoi amici e al suo omicida in seguito alla sua scomparsa. Creatura del cielo sospesa nel tempo, Susie è un personaggio perfetto per l'universo di Jackson: abitante di una terra di mezzo situata fra la terra e il cielo, fra il mondo reale e i territori fantastici dell'immaginario. E siccome, con Shakespeare, ci sono molte più cose fra cielo e terra di quanta ne possa sognare una filosofia, Jackson concepisce un film più basato sulle sensazioni che sui concetti, situandosi in un limbo dell'immaginazione che vede convergere il thriller e il dramma intimista, la commedia e il fantasy new age. Agevolato dalla benedizione di Spielberg nella sua prima incursione americana, Jackson non si fa mancare niente: dalla "metafisica in suoni" di Brian Eno ad un cast di importanti protagonisti, fra i quali spiccano l'ottima protagonista (la giovane Saoirse Ronan di Espiazione) e soprattutto uno straordinario Stanley Tucci, psycho killer con mèches bionde e lenti azzurre, assassino meticoloso ma mediocremente umano, troppo umano.

Che rapporto c'è fra questo film e Creature del cielo?
Peter Jackson: Ovvio che i propri film restano sempre in qualche modo dei modelli, da seguire o da cui distaccarsi, per i film a venire. È fisiologico quando si passa da un film all'altro portarsi dietro qualcosa dei precedenti lavori. Tuttavia, nel caso specifico di Creature del cielo, siamo partiti, ormai più di quindici anni fa, da un caso di cronaca realmente accaduto negli anni '50 in Nuova Zelanda: un omicidio perpetrato da due ragazzine dalla fervida immaginazione, dai cui diari abbiamo desunto la nostra sceneggiatura. Nel caso di Amabili resti invece le cose sono molto diverse: la materia è esclusivamente letteraria e, per quanto vagamente autobiografica, di genere fantastico. Quel che ci ha attirato è stato proprio l'apporto della finzione del romanzo di Alice Sebold che permetteva di tematizzare l'idea dell'al di là dal punto di vista di una giovane ragazza strappata via brutalmente dal suo mondo troppo precocemente. È vero, anche qui, come in Creature del cielo, c'è un omicidio e una ragazza adolescente come protagonista, ma si tratta più che altro di una coincidenza. I toni dei due film sono estremamente diversi.

Come si è rapportato con la tradizione iconografica preesistente della rappresentazione del paradiso?
P. Jackson: La vita dopo la morte è uno dei grandi misteri della nostra umanità, uno dei suoi temi più eterni ed affascinanti. È impossibile concepire quel che sta dietro ad una morte e a quei momenti profondi ed estremamente personali che riguardano la singola coscienza di chi perde qualcuno che ama. Amabili resti resta comunque un film di intrattenimento, non vuole confrontarsi coi grandi temi della metafisica ed aprire un dibattito. Non a caso ci concentriamo molto anche sull'aspetto delle indagini dell'omicidio e del desiderio di vendetta di Susie, la protagonista.

Che idea si è fatto della tecnologia 3D e delle sue più recenti applicazioni?
P. Jackson: Considero l'ingresso del 3D al cinema un'innovazione positiva. Molti la ritengono una riscoperta irritante e noiosa, ma io penso invece che possa giovare al cinema, aiutare ad aggiungere qualcosa alla dimensione dell'esperienza, alla componente spettacolare dell'intrattenimento. Il giorno in cui il 3D si stabilizzerà come una tecnologia standard, come un modo fra tanti di girare, ne potremmo finalmente apprezzare i limiti e le vere prerogative riguardo ad un maggiore coinvolgimento e ad un nuovo modo di girare un film.

Amabili resti è un film americano o neozelandese?
P. Jackson: Amabili resti è la prima produzione che giro fuori dalla mia terra, la Nuova Zelanda. Era importante per me girare nelle location originali dove si svolge il romanzo e dove è vissuta la stessa Alice Sebold, nella provincia di Philadelphia, in Pennsylvania. Tutti gli esterni sono quindi stati girati negli Stati Uniti, mentre le parti ricostruite in studio e tutta la post-produzione sono state realizzate nella mia casa di produzione in Nuova Zelanda. Amabili resti resta perciò prima di tutto un film neozelandese, ambientato e in parte girato in USA. Mi piace infatti l'idea di poter restare tutto sommato indipendente e di non dover dipendere dalle logiche di Hollywood.

Il film è destinato soprattutto ad un giovane pubblico?
P. Jackson: Il film affronta un tema difficile come la morte e il modo con cui Alice Sebold lo affronta nel romanzo è un modo netto, efficace: uno sviluppo che tiene conto di tutto quello che una morte si lascia dietro in modo complesso, non pacificato, e che concepisce l'elaborazione del lutto come una storia di formazione e di crescita non solo per coloro che rimangono vivi ma anche per chi affronta il passaggio fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.
Nel preparare il film volevamo rendere questo messaggio positivo del trionfo degli affetti e dell'amore sulla morte, l'idea che Susie non muoia mai, ma muti solo di forma. Amabili resti è quindi una storia d'amore prima che la storia di un omicidio, amore per la vita e amore che non muore. Nonostante la protagonista sia una giovane adolescente, non è soltanto ai giovani che si rivolge questo messaggio. Mi piace piuttosto pensare che sia un film che apra ad un dialogo, ad un confronto fra l'essere figli e l'essere genitori.

Come ti sei confrontata con questo personaggio?
Saoirse Ronan: Susie è una tipica adolescente e la violenza di cui è vittima è tragica soprattutto perché rappresenta un modo violento, brutale e terribile di rubarle la vita e gli affetti nel pieno della sua energia. In accordo con Peter, abbiamo voluto, soprattutto all'inizio delle riprese, concentrarci su questo aspetto della tragedia per cercare di entrare nella giusta sensibilità. Ho riflettuto, prima e dopo aver lavorato al film, su questo aspetto: è un'idea che mi è rimasta molto dentro. Dopo che ti cali nella mentalità di un ragazzo scomparso e ne valuti il peso della tragedia, dai tutto un altro senso ai quei volti sui giornali o sui cartoni del latte. Inoltre, per entrare nella mentalità dell'epoca ho ascoltato molta musica dei primi anni settanta, come i Talking Heads oppure leggevo riviste e guardavo programmo tv di trentacinque anni fa.

Come ha lavorato sui personaggi di Stanley Tucci e Susan Sarandon?
Peter Jackson: Il signor Harvey, vicino di casa dei Salmon e assassino seriale, volevo risultasse un personaggio blando, quasi noioso per certi aspetti. Una persona che si mimetizza talmente bene con l'ambiente da risultare parte integrante del paesaggio, alla stregua di un albero o di una casa. Con Stanley, abbiamo discusso a lungo sul suo personaggio. In più momenti ho temuto che non si sentisse in grado di entrare in contatto con il personaggio di un assassino di ragazze e bambine, di non riuscire a risultare autentico. Per questo abbiamo lavorato molto sulla sua trasformazione fisica, sul trucco e sui costumi per consentirgli una vera e propria metamorfosi, che ha fatto mantenere a questa assassino psicopatico tutta la sua naturalezza, la sua umanità.
Sia lui che Susan sono stati la mia prima scelta fin dall'inizio del progetto. Susan è stata incredibile: fa sempre un certo effetto confrontarsi per la prima volta con una grande star e, lavorandoci assieme, scoprirne il volto umano. Susan è stata estremamente naturale nel prendere i modi di fare e le abitudini di una nonna piuttosto insolita come Lynn.

Come ha lavorato sul sonoro?
P. Jackson: Come in tutti i miei film, anche in Amabili resti è molto importante il lavoro sulla dimensione sonora dell'immagine. Il suono ti permette di attivare delle incredibili sensazioni e suggestioni. In particolare, la scena in cui Lindsey, la sorella di Susie, è in casa del signor Harvey per cercare delle prove, è una sequenza la cui suspense è tutta giocata sulla dimensione sonora. Lavorando su silenzi e impercettibili rumori, volevo rendere il battito cardiaco di questa casa, il nucleo sonoro di questa abitazione conosciuto solo al signor Harvey. C'è poi stato un lavoro altrettanto importante sulla colonna sonora, composta soprattutto di pezzi famosi dei primi anni Settanta. La mia intenzione era utilizzare i brani per dare un senso e un ordine storico all'epoca, così come solo Martin Scorsese riesce a fare. Fra i brani utilizzati ci sono anche due pezzi di Brian Eno, che si offerto spontaneamente di contribuire con partiture inedite alle musiche per il film e grazie al quale il film ha acquisito una straordinaria atmosfera metafisica.

Quanto c'è di Hitchcock in questo film?
P. Jackson: La scena in cui Lindsey è in casa del signor Harvey è sicuramente uno dei momenti più di suspense del film ed è un modo personale per rendere omaggio a Hitchcock. C'è in particolare una frase di questo grande regista che sottoscriverei a pieno: "I miei film non sono fette di vita, ma fette di torta". Anch'io quando giro mi concentro soprattutto sul valore dell'intrattenimento e sul coinvolgimento del pubblico. Questa sequenza in particolare risulta molto efficace da questo punto di vista grazie all'impiego di una videocamera Iconix: una videocamera piccolissima che produce immagini non ad altissima definizione e con la quale mi potevo permettere di stare addosso ai dettagli delle mani e del viso degli attori dando a tutte le immagini un forte effetto perturbante.

Qual è il ruolo dell'immaginario nei suoi film?
P. Jackson: Penso che qualunque film che contenga elementi fantastici, deve far risultare tutto credibile. Quando si chiede al pubblico di prendere parte ad un viaggio, è molto importante che ognuno possa credere a tutto ciò che gli viene proposto durante esso. Io lavoro sempre in questa direzione, verso la creazione di un mondo immaginifico che abbia un aspetto realistico, anche caotico, movimentato, purché tutto funzioni in modo spontaneo e credibile almeno per qualche ora.

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