dony64
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martedì 14 luglio 2009
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a... dimenticavo e adatto ad un pubblico adulto
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adatto ai maggiorenni per scene spinte.
[+] il problema non e' il sesso, ma tutto il resto !
(di gus da mosca)
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dony64
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martedì 14 luglio 2009
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spero che le ragazze di oggi non siano cosi'
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Nel film predominano perversione, invidia,sfiducia reciproca, inganni, tranelli ma cio' che supera tutto e' la perversione da parte delle tre ragazze interpreti del film che arrivano a tutto pur di averla vinta.Se davvero l'essere umano femminile arriva a tutto cio' c'e' da preoccuparsi.Il film e' comunque intenso e interessante e nel complesso simpatico.Voto 7
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vittorio
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lunedì 22 giugno 2009
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falso!!
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Film fatto male, troppo esagerato, con dei dialoghi falsi e soprattutto troppo breve...il finale sembra quasi tagliato!!
Non è un film denuncia.....si tratta di una storia troppo studiata a tavolino per arrivare al cuore!!
Film da evitare...
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paride86
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sabato 30 maggio 2009
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banale
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"Un gioco da ragazze" è una teen story molto cattiva e amorale. Porta in sé una critica spietata agli adolescenti e al ceto medio-alto, ma dimentica di spiegarne i motivi e le ragioni profonde: questo lo rende davvero nullo perché, a questo punto, gratuito.
Le interpretazioni sono televisive e alcuni attori non possono essere definiti tali, a cominciare dalla moglie del professore, ma la lista è molto più lunga.
In definitiva non è, secondo me, un film riuscito.
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gus da mosca
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domenica 3 maggio 2009
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vi voglio provocare...(...come elena)
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Il film si fonda su di un trucco che lo rende oltremodo falso: Elena ed il professore hanno comportamenti parossistici. La cagnetta in calore non sembra una donna, ne' tantomeno una ragazzina ormonalmente carica, il suo professore non si comporta come un uomo adulto, per giunta nel film ha una moglie adulta ed un figlioletto (Siamo ad anni luce da "Cosi' come sei" di Lattuada-1978 e cito questo film non a caso...) Fortunatamente cio' che accade nel film e' l'ultima delle cose che possono accadere tra un insegnante ed una sua allieva, al di la' delle leggende scolastiche. Ma questo film e' una provocazione che funziona, che usa un linguaggio finalmente scevro da manierismi ideologici italici, che e' esportabile (l'avessero girato in inglese).
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Il film si fonda su di un trucco che lo rende oltremodo falso: Elena ed il professore hanno comportamenti parossistici. La cagnetta in calore non sembra una donna, ne' tantomeno una ragazzina ormonalmente carica, il suo professore non si comporta come un uomo adulto, per giunta nel film ha una moglie adulta ed un figlioletto (Siamo ad anni luce da "Cosi' come sei" di Lattuada-1978 e cito questo film non a caso...) Fortunatamente cio' che accade nel film e' l'ultima delle cose che possono accadere tra un insegnante ed una sua allieva, al di la' delle leggende scolastiche. Ma questo film e' una provocazione che funziona, che usa un linguaggio finalmente scevro da manierismi ideologici italici, che e' esportabile (l'avessero girato in inglese). Il fatto che abbia ricevuto l'ostracismo di critica e distribuzione testimonia lo scollamento che c'e' tra chi produce e promuove cinema in Italia ed il mercato, non solo ostinatamente italiano. Ed in linea con la provocazione di Matteo Rovere, mi chiedo altrettanto provocatoriamente cosa sarebbe successo se questo film avesse preso il posto del "documentario etnico" di Garrone (escluso dagli Oscar): la manieristica e folkloristica Italia sociale di "Gomorra" contro un provocatorio filmetto di mercato, pure terribilmente "televisivo", che pero' sul mercato straniero sarebbe arrivato davvero (...se l'avessero distribuito).
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[+] ....e continuo a provocarvi !! non scandalizzatevi
(di gus da mosca)
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holaaa
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mercoledì 22 aprile 2009
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bhooooooooooo
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ma che significa il film?
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stiky
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martedì 7 aprile 2009
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bello
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un bel film, il regista Matteo Rovere è stato molto bravo ha fatto notare in tutti i particolari cosa puo piacere a le ragaze borghesi un po fuori di testa da tutti i tipi di droghe a come possono avere tanti ragazzi a le loro passioni tipo riviste da leggere a i video su youtube.
Poi la ragazza che interpreta elena (chiara chitti) moooltoo brava a recitare quella parte e moolto bellaa!
da mio parere è consigliato!
ciaoooo
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michele lupetti
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sabato 7 marzo 2009
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eppur non mi dispiace
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Non l'ha visto nessuno, ma ne hanno parlato male tutti. Difficile capire perchè, visto che questo "Un gioco da ragazze" di Matteo Rovere, pur non essendo certo un capolavoro, è decisamente meno brutto di altri osannati film italiani recenti. Anzi, da un certo punto di vista per la lontananza dalle regole del cinema giovanilistico odierno e la forza del mostrato potrebbe pure essere considerato un'opera d'autore, senza per questo intendere che si tratti di un gran film e che sia originale (guardate Thirteen e capirete).
Partendo più o meno dallo stesso assunto di Albakiara, ossia la negazione della gioventù d'oggi come la vede Moccia, ci spostiamo stavolta nei quartieri alti di Lucca (bello l'accento toscano che domina tutto il film.
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Non l'ha visto nessuno, ma ne hanno parlato male tutti. Difficile capire perchè, visto che questo "Un gioco da ragazze" di Matteo Rovere, pur non essendo certo un capolavoro, è decisamente meno brutto di altri osannati film italiani recenti. Anzi, da un certo punto di vista per la lontananza dalle regole del cinema giovanilistico odierno e la forza del mostrato potrebbe pure essere considerato un'opera d'autore, senza per questo intendere che si tratti di un gran film e che sia originale (guardate Thirteen e capirete).
Partendo più o meno dallo stesso assunto di Albakiara, ossia la negazione della gioventù d'oggi come la vede Moccia, ci spostiamo stavolta nei quartieri alti di Lucca (bello l'accento toscano che domina tutto il film...) dove tre simil-Babi (la protagonista di 3 metri sopra il cielo) degenerate, completamente incapaci di intendere e volere e lobotomizzate da Tv, miti della moda e del capitalismo, genitori-imprenditori mai presenti e insana idea di appartenere ad una classe eletta grazie ai soldi piovuti dal cielo, combinano un casino dopo l'altro.
Nel mezzo ci finisce un professore "proletario", il dignitoso Filippo Nigro, capitato ad insegnare italiano nella scuola d'alto bordo fatta di rette mensili milionarie, divise da collegiale alternate a griffes assortite, pasticche, cocaina in disco e crudeltà varie.
Nauseati dalla demenza delle tre protagoniste e del cerchio ulteriore di amicizie e conoscenze che le circonda si spera per un po' che Nigro faccia come Maurizio Merli in Roma a mano armata quando entra nel "Circolo ricreativo monarchico" e distrugge tutto e tutti. Purtroppo fa la figura del coglione, cascandoci come un pollo e rivelandosi alla fine quasi peggiore delle tre cerebrolese, tanto da stuprare di fatto una delle ragazze nell'ultima scena e ucciderle (involontariamente) il padre.
Il regista non fa miracoli, ma descrive con discreta abilità il vuoto pneumatico generale e trasmette l'immensa tristezza di queste esistenze malate. Niente di eccezionale, ma la confezione è dignitosa e la prova di una delle attrici, Chiara Chiti, quella messa peggio di tutte, è ottima. Su tutto il resto, sulla presenza o meno di una pretesa di fare sociologia, non ci esprimiamo.
Voto: 6 1/2
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medz
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giovedì 13 novembre 2008
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fermiamoci un attimo: una storia è una storia...
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Eccoci qua, di fronte a un debutto che (subito avvistate le prime somiglianze con il genere giovanilistico tanto di moda) è stato prontamente distrutto dalla critica e buttato nel cestino senza nemmeno far si che potesse scaturire qualche riflessione: in fondo è un esordio, gli attori recitano male, non è mica "La classe" di Chantet... Ed ecco quindi che la critica può divertirsi a porgere le sue sentenze definendo, nella maggior parte dei casi, questo film come un banale e assurdo viaggio nel mondo giovanile dell'alta borghesia. Ebbene qui mi fermo, per riflettere: come scriveva Lynch nel suo ultimo libro ("In acque profonde") è fastidioso sentire dire ogni volta che si fa un film con protagonista un giovane che quel film rappresenta tutta la gioventù del periodo in cui si ambienta il film (come è stato fatto in questo caso.
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Eccoci qua, di fronte a un debutto che (subito avvistate le prime somiglianze con il genere giovanilistico tanto di moda) è stato prontamente distrutto dalla critica e buttato nel cestino senza nemmeno far si che potesse scaturire qualche riflessione: in fondo è un esordio, gli attori recitano male, non è mica "La classe" di Chantet... Ed ecco quindi che la critica può divertirsi a porgere le sue sentenze definendo, nella maggior parte dei casi, questo film come un banale e assurdo viaggio nel mondo giovanile dell'alta borghesia. Ebbene qui mi fermo, per riflettere: come scriveva Lynch nel suo ultimo libro ("In acque profonde") è fastidioso sentire dire ogni volta che si fa un film con protagonista un giovane che quel film rappresenta tutta la gioventù del periodo in cui si ambienta il film (come è stato fatto in questo caso...): in questo film c'è una ragazza, c'è una trama e c'è quindi una storia che si svolge come altre storie; viene raccontata una storia, come venne scritto a suo tempo "Il giovane Holden": questa storia va presa così com'è, tant'è che questo esordiente Matteo Rovere utilizza uno stile totalmente oggettivo che paradossalmente però è interno al racconto e non prende mai le distanze giuste per decifrare bene ciò che sta accadendo; questa storia non è 'inverosimile' come dicono molti, enfatizza ed estremizza solamente alcuni tratti peculiari di una certa sfera giovanile e li riassume nel personaggio principale di Elena che diventa il prototipo della freddezza (e della spietatezza) anche di fronte al fatto di sangue finale: a noi che sia inverosimile (...tanto da essere banale, dicono alcuni) non importa perchè quel personaggio colpisce, ci affascina e ci turba (come in fondo accade al professore) perchè c'è qualcosa di incomprensibile in lei, e che rimane incomprensibile anche ai genitori e sicuramente anche alle amiche (ma un po' tutti rimangono imperscrutabili in questo film in fondo: ognuno vive nella sua solitudine. Dice Rovere: "Ho cercato di non giudicare e di trasmettere, piuttosto, questa difficoltà sociale di capire, di decifrare.") Il problema non è se una data gioventù esista o meno nella realtà: il problema è che nel film esiste e che quella storia estremizzata può essere paradigma di una realtà giovanile che può esistere (... ma poi è estremizzata così tanto?). Non sto certo innalzando a capolavoro questo film che, oggettivamente, non lo è: ma sto cercando di far capire come ci siano temi di discussione interessanti e come non sia stato giusto liquidarlo così in fretta. Il regista, esordiente, si è giocato la carta dello scandalo (dell'estremizzare per scandalizzare) e non posso biasimarlo poichè a meno che non hai la forza di un esordio alla Sorrentino o alla Garrone questa è una via che può funzionare; tuttavia Rovere non porge lo scandalo fine a se stesso e sembra crederci in ciò che racconta e i punti di forza stanno secondo me proprio nel rapporto figli/genitori e nella caduta in errore finale del professore; anche abbastanza ben calibrato il personaggio principale, cosa che non era facile. Purtroppo a sfavore del film, devo ammetterlo, c'è una pessima recitazione, attribuibile a un po' tutti gli elementi del cast, chi più chi meno. Speriamo comunque che questo non sia il primo e ultimo film di Rovere, regista interessante.
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[+] giusto
(di fede81)
[ - ] giusto
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carazoe
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mercoledì 5 novembre 2008
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un film da vedere
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Il mio commento dal blog di L'aura:
Allora, io alla prima c’ero.
Ed ero presente al festival del cinema per 4 intere giornate, di film ne ho visti, di scene da censura me ne sono passate davanti agli occhi parecchie eppure sembra che critiche (poco costruttive)e provvedimenti inutili si siano presi solo per “Un gioco da ragazze”.
Sono venuta alla prima di questo film senza aver nemmeno visto del tutto il trailer, preferivo avere un impatto immediato, senza pregiudizi e mi sono ritrovata ad osservare colpita il bel gioco di regia e recitazione di cui è fatta questa pellicola. Un film non è SOLO una storia, questo andrebbe ricordato ai critici, un film è UN MODO di raccontare una storia.
Perchè cercare a tutti i costi il tanto agoniato “ever ever after”? Perchè ormai ci siamo abituati a trovarci la pappa pronta per ogni film che andiamo a vedere? Questa è una cosa che mi irrita moltissimo e che i critici sembrano non aver nemmeno preso in considerazione: un film va visto, interpretato in maniera personale e GIUDICATO, non è il film a dover fare queste cose, è il pubblico.
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Il mio commento dal blog di L'aura:
Allora, io alla prima c’ero.
Ed ero presente al festival del cinema per 4 intere giornate, di film ne ho visti, di scene da censura me ne sono passate davanti agli occhi parecchie eppure sembra che critiche (poco costruttive)e provvedimenti inutili si siano presi solo per “Un gioco da ragazze”.
Sono venuta alla prima di questo film senza aver nemmeno visto del tutto il trailer, preferivo avere un impatto immediato, senza pregiudizi e mi sono ritrovata ad osservare colpita il bel gioco di regia e recitazione di cui è fatta questa pellicola. Un film non è SOLO una storia, questo andrebbe ricordato ai critici, un film è UN MODO di raccontare una storia.
Perchè cercare a tutti i costi il tanto agoniato “ever ever after”? Perchè ormai ci siamo abituati a trovarci la pappa pronta per ogni film che andiamo a vedere? Questa è una cosa che mi irrita moltissimo e che i critici sembrano non aver nemmeno preso in considerazione: un film va visto, interpretato in maniera personale e GIUDICATO, non è il film a dover fare queste cose, è il pubblico.
Il regista ci presenta una storia cruda e senza troppi fronzoli, non c’è bisogno di una storia d’amore o di una trama lineare a portarci verso cioè che accade in “Un gioco da ragazze”. La protagonista è un’adolescente cattiva e senza controllo, una donna che sembra non essere mai stata bambina eppure sembra rimanerlo per sempre, in tutto questo gli adulti sono assenti, esseri inutili e piatti, bravi solo a dispensare “caramelle” al posto delle carezze. Non c’è amore nella storia ma la protagonista sembra aver capito che quel sentimento esiste e fa di tutto per rifuggerlo, l’amore sarebbe fragilità e lei la fragilità non può permettersela. Non c’è amicizia, non c’è famiglia, non c’è senso del dovere o del prossimo, c’è soltanto crudeltà, spietata, malvagia, senza mezzi termini. Perchè allora cercare un lieto fine? Sono forse allegre e felici le VERE famiglie spezzate da omicidi, suicidi, delitti di ogni genere?
La visione di questa pellicola in prima al festival mi ha permesso di seguire poi anche un breve dibattito organizzato tra il cast e il pubblico e ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il commento di un ragazzo “Trovo giustissimo che il film finisca a questo modo, senza alcuna redenzione, non c’è cosa più sbagliata che mostrare un essere cattivo diventare improvvisamente buono, sarebbe come mostrare agli occhi del pubblico che basta redimersi per vedersi perdonare tutti i “peccati” tutte le azioni terrificanti fatte fino a quel punto”
Mai commento più giusto ed appropriato.
La censura è l’atto più sbagliato da mettere in moto nei confronti di un film come questo, un film fatto PER la generazione degli under 18. Si tratta non solo di impedire l’espressione artistica ma anche e soprattutto di dimostrare la poca fiducia nei confronti degli adolescenti giudicando al posto loro e ritenendoli INCAPACI di regionare e capire con le LORO TESTE da che parte sta il buono.
Non dimentichiamo che un film vietato ai minori non viene nemmeno pubblicizzato perchè i Trailer non possono venir trasmessi né al cinema né in tv.
Dal canto mio posso dirvi solo di andare a vedere questo piccolo grande pezzo di cinema italiano, un film che fa ragionare e che non ci presenta la crudeltà come unica visione del mondo ma come semplice spaccato della realtà. Recitazione che, in Chiara Chiti, EMERGENTE, in alcuni punti sfiora la perfezione.
www.l-aura.com
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