Un horror radicato nella storia.
di Rudy Salvagnini
Gli horror metafisici
Spesso la materia di cui si occupa l'horror cinematografico è greve, strettamente connessa alla brutalità e alla violenza fini a loro stesse. Oppure riguarda il soprannaturale inteso come mezzo per rappresentare in modo fantasioso creature mostruose, quasi rassicuranti nella loro totale improbabilità. Funzionano molto bene a livello narrativo, ma generalmente suscitano inquietudini che durano quel che devono durare, lo spazio del film. Ma l'horror è un genere che al suo interno contiene tutto e il suo contrario. Così come indulge spesso nell'esteriorità, è capace di diventare terreno fertile per complesse riflessioni filosofico-morali. A questa categoria di horror metafisici e pensosi appartiene un piccolo e rigoroso film che proviene dalla Finlandia e conferma la recente vitalità dell'horror scandinavo. Sauna di Antti-Jussi Annila ha molte qualità per farsi raccomandare, a partire da una storia profondamente radicata in un preciso contesto storico, ma universale nel significato.
Nel 1595 è appena finita una sanguinosa guerra tra Russia e Svezia durata ben 25 anni ed è necessario stabilire i nuovi confini tra le due nazioni. Allo scopo viene istituita una commissione mista russo-svedese che deve svolgere il proprio lavoro in loco nelle lande del nord. Nelle acque del fiume Kiertama viene però ritrovato il bagaglio dei membri della commissione, con l'accordo sui confini e un'implorazione di perdono. Undici giorni prima qualcosa infatti è successo. I fratelli Knut ed Erik sono la parte svedese della commissione. Erik, il più anziano, è un guerriero: il suo animo è pieno dell'odio lasciato dagli orrori della guerra. Knut è invece un esperto cartografo: durante la guerra è rimasto al sicuro a studiare. Russi e svedesi svolgono il loro lavoro in un clima di tensioni sotterranee e di reciproche pretese. Scoprendo che il fattore che li ospita ha colpevolmente nascosto delle icone e delle provviste, Erik si infuria e lo uccide. Knut lascia la figlia del fattore - che ha rifiutato di concederglisi - rinchiusa nella cantina sotterranea delle provviste e se ne va col fratello a raggiungere la delegazione russa. Ma il fantasma della ragazza comincia a comparirgli: lui sa che la ragazza non può essere uscita da sola e il senso di colpa lo spingerebbe a tornare indietro a vedere cos'è successo, a liberarla se è ancora possibile. Ma Erik non vuole compromettere la missione con quella che ritiene una perdita di tempo. La delegazione congiunta russo-svedese arriva a un villaggio non riportato sulle mappe, esattamente al centro di una palude sulla quale dovrebbe correre il confine. Un villaggio di 73 persone che non sa a quale stato o a quale chiesa appartenga. Un villaggio del quale nessuno sembra sapere nulla, nemmeno chi ci vive. Da quando gli attuali abitanti sono arrivati lì trovando le case deserte e appropriandosene nessuno più ha osato vivere o morire: l'unica ragazza giovane è nata alla fine del loro viaggio. Un luogo dimenticato dal tempo e da Dio, nel quale c'è una misteriosa sauna nella quale nessuno osa entrare, ma che, secondo alcuni, provvederebbe redenzione a chi osasse farlo.
Uno scenario perfetto
I boschi finlandesi immersi in un livido clima autunnale sono uno scenario perfetto per una vicenda in cui nemmeno un raggio di luce sembra potersi proiettare sui protagonisti. La natura selvaggia e superba sovrasta gli uomini che la percorrono pieni delle loro piccolezze. Il vento spazza gelido le distese desolate e un senso arcano pervade la storia congiurando a creare un'atmosfera inquietante nella quale il malessere dello spirito colpevole si acuisce. La coscienza deve confrontarsi con i suoi fantasmi e l'uomo con i suoi mostri, tra i quali il più grande è forse la guerra, la sopraffazione. E la risposta confusa è la ricerca di una difficile redenzione che possa emendare tutti i peccati.
Enigmatico, intenso, severo e austero, il film non concede facili interpretazioni, ma compie una riflessione non banale sulla natura umana, sulla sua propensione verso l'eterno e sulla sua intrinseca contraddittorietà nel guardare verso l'alto e nel comportarsi in modo da sprofondare sempre più in basso.
I personaggi principali sono ben caratterizzati, lontani dall'essere dei puri simboli funzionali. Erik ha vissuto in pieno la guerra, l'ha combattuta vivendone gli orrori e adeguandosi perfettamente, modellando la sua coscienza in modo da non sentire rimorso per le innumerevoli crudeltà commesse. è ormai così abituato a combattere che non riesce a trovare un senso alla propria vita in tempo di pace. Non trova un proprio posto e teme il momento in cui l'assenza di fragore e di conflitto lo costringerà a pensare a quanto ha fatto. Knut invece, più giovane, ha studiato, è rimasto ai margini del conflitto diventando cartografo. La missione li ha riuniti, ma non potrebbero essere più diversi, pur nutrendo un forte sentimento di solidarietà. Knut sente il rimorso, ma non riesce a trarne le conseguenze giuste.
Richiami
In quel non luogo, Erik e Knut, assieme agli altrettanto stupefatti emissari russi, devono confrontarsi con qualcosa estremamente lontano da tutto quanto hanno conosciuto. Il redde rationem è di quelli definitivi e fa risaltare l'inutilità della sovrastruttura così burocratica della società umana. L'irrilevanza del compito che sono chiamati lì a svolgere è perfettamente rispecchiata nello scambio che Knut ha con l'unica ragazza del villaggio che gli chiede cosa sia una mappa e perché servano i confini: “Per sapere se siamo russi o svedesi” gli risponde Knut. Come se importasse, in quel luogo e in quel momento. Il desiderio di redenzione da una colpa sempre più insostenibile diventa il motore di una disillusa speranza che sa di non potersi disgiungere dal sacrificio, anche estremo.
Argomento escatologico e scenari nordici e austeri possono richiamare certo Bergman e se il paragone può sembrare irriverente, non bisogna dimenticare che Bergman ha più volte costeggiato, a modo suo, l'horror. Ad esempio con L'ora del lupo o con La fontana della vergine, non a caso oggetto di una sorta di remake con L'ultima casa a sinistra. Ma la desolazione del paesaggio e dei personaggi di fronte al loro destino, il tema della guerra, fanno pensare anche ad Andrej Tarkovskij. Al di là di questi illustri termini di paragone, Annila, poco più che trentenne, dimostra qualità sicure e autonome che fanno sperare per il futuro. Capace di costruire il mistero con grande abilità ed efficacia, lo sostiene creando un clima sospeso nel quale poco sembra succedere, ma dove la tensione corre sotterranea e continua. La fotografia eccezionale di Henri Blomberg è un elemento non secondario nella riuscita del film, così come la qualità degli interpreti, tra i quali spicca per efficacia un bravissimo Ville Virtanen.
Il ritmo lento e la difficoltà del tema trattato non lo rendono un film per tutti, men che meno per gli appassionati dell'horror più esteriore. Chi apprezza l'horror più speculativo potrà trovare più di quanto si aspetta.