achab50
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giovedì 18 agosto 2022
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film in una notte di mezza estate
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Questa opera appartiene al genere di film che vanno approcciati con una certa disposizione d'animo, tipo una notte di mezza estate aspettando un temporale rinfrescante. Qui il regista riesce a raccontarci una città, un modo di vivere, animando numerosi personaggi, mai fuori dalle righe, che svolgono la loro vita e si dibattito sotto l'occhio disincantato di un ballerino cui resta (probabilmente) poco da vivere. Ognuno ha uno sguardo diverso nelle medesime situazioni, per cui coralmente viene restituita una città in maniera indiretta.
Bellissima la colonna sonora che parte da Satie (Gimnopedie) passando per Bach (WTC) con incursioni nell'attualità.
Fotografia degna di nota non cadendo mai nel depliant da agenzia turistica.
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Questa opera appartiene al genere di film che vanno approcciati con una certa disposizione d'animo, tipo una notte di mezza estate aspettando un temporale rinfrescante. Qui il regista riesce a raccontarci una città, un modo di vivere, animando numerosi personaggi, mai fuori dalle righe, che svolgono la loro vita e si dibattito sotto l'occhio disincantato di un ballerino cui resta (probabilmente) poco da vivere. Ognuno ha uno sguardo diverso nelle medesime situazioni, per cui coralmente viene restituita una città in maniera indiretta.
Bellissima la colonna sonora che parte da Satie (Gimnopedie) passando per Bach (WTC) con incursioni nell'attualità.
Fotografia degna di nota non cadendo mai nel depliant da agenzia turistica.
Ben recitato, benissimo diretto, sempre scorrevole e senza cadute di tensione, è consigliabile per chi Parigi l'ha visitata almeno una volta.
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domenica 8 marzo 2020
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dietro la torre eiffel...
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Se recitassero attori normali diretti da un regista normale, in una città normale, sarebbe un film mediocre. Ma qua ci sono Romain Duris, Juliette Binoche, Fabrice Luchini e Mélanie Laurent diretti da Cédric Klapisch... Dunque, il discorso si fa interessante, anche perchè la storia non si svolge in una città qualsiasi, ma a Parigi, dove il grande Claude Sautet ha girato i suoi capolavori assoluti. Anche Klapisch subisce il fascino della Torre Eiffel, di tutta questa magica città che da sola aiuta la sceneggiatura, di per sè neppure troppo originale, a rendere intriganti le storie raccontate, vicende umane di persone qualsiasi alle prese con i problemi normali dell'esistenza.
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Se recitassero attori normali diretti da un regista normale, in una città normale, sarebbe un film mediocre. Ma qua ci sono Romain Duris, Juliette Binoche, Fabrice Luchini e Mélanie Laurent diretti da Cédric Klapisch... Dunque, il discorso si fa interessante, anche perchè la storia non si svolge in una città qualsiasi, ma a Parigi, dove il grande Claude Sautet ha girato i suoi capolavori assoluti. Anche Klapisch subisce il fascino della Torre Eiffel, di tutta questa magica città che da sola aiuta la sceneggiatura, di per sè neppure troppo originale, a rendere intriganti le storie raccontate, vicende umane di persone qualsiasi alle prese con i problemi normali dell'esistenza. Ci sono gli altri attori, bravissimi anche loro, nella partita, ma i quattro citati prima sono i pilastri portanti. L'unico attore poco convincente è il compianto Maurice Benichou nei panni dello psicologo. Pierre (Romain Duris) è un ballerino a cui viene diagnosticato un male che lo porta ad abbandonare in pratica i suoi sogni. Non è una situazione facile da acccettare, ma lui si inventa nuovi passatempi per ingannare l'attesa per un trapianto. Elise (J. Binoche), sua sorella, va a vivere con lui per aiutarlo, visto che Pierre ora si affatica per davvero poco. Elise non crede più nell'amore, ma nel finale dovrà ricredersi. Pierre passa molto tempo a guardare la vita frenetica di Parigi che passa sotto la sua finestra. Osserva i passanti, cerca di identificarli in una sorta di puzzle da ricomporre giorno dopo giorno, immagina e fantastica sulle loro vite. Chi sono questi sconosciuti? Dove vanno? Si recano al lavoro oppure dall'amante? Sono felici o si accontentano della mediocrità? Sono annoiati, stressati oppure felici? La storia di Pierre è predominante, ma anche quella di Roland (Fabrice Luchini) è altamente curiosa. Questo Roland è un professore di mezza età che si innamora perdutamente di una sua allieva, Laetitia (una stupenda Mélanie Laurent). In modo goffo cerca di solleticare l'interesse di lei, con un artificio degno di un quattordicenne: le invia degli SMS anonimi, alcuni neppure troppo eleganti, e le sue sedute per bere qualcosa nel bistrot nell'attesa che lei si accorga di lui sono uno spasso unico. Di questi SMS ne parla a cena con degli amici, i quali ovviamente trovano l'espediente infantile e farsesco. Ma Roland insiste e l'incredibile succede! Laetitia si accorge di lui: all'inizio è terribilmente seccata e lo distrugge verbalmente, facendolo sentire una persona squallida. Poi però accetta la sfida e si reca in casa sua, dove Roland, reduce da un periodo di astinenza amorosa, vince la sfida sorprendendo la studentessa. Non solo, la storia con Laetitia rinvigorisce Roland che si trasforma in un amante portentoso e pure divertente. E qua bisogna citare una scena esilarante: mentre Laetitia lo guarda, Roland si mette a ballare in salotto con musiche dance dove si improvvisa ballerino talentuoso, tanto da accennare anche un passo di "moonwalk" alla Michael Jackson... Intanto al mercato del pesce Elise incontra un uomo con lo sguardo triste ma divertente (Dupontel) e verso la fine del film tra i due succederà qualcosa di inaspettato per entrambi. Roland continua il suo menage con Laetitia anche se sa che la cosa non può durare: e infatti una delle scene più tristi è la scoperta di Laetitia in un bistrot in compagnia di un suo coetaneo, non solo amico ma qualcosa di più. Se ne fa tuttavia una ragione. Le musiche sono scelte con cura e senza dubbio la più adatta al film risulta essere "Seize the Day", di Wax Tailor con la voce inconfondibile di Charlotte Savary. Una melodia lenta e affascinante che si adatta perfettamente alla malinconia dei personaggi (Pierre soprattutto). Il finale è davvero sorprendente per leggerezza e incisività. Pierre chiama un taxi per recarsi in ospedale. Lungo il tragitto attraversano i luoghi più conosciuti di Parigi, Pierre scambia a bassa voce qualche parola con il tassista e intanto guarda, pensa, osserva soprattutto alcuni passanti e riflette, pensando che dovrebbero essere felici per il fatto stesso che possono camminare e vivere una vita normale, loro infatti non sono incappati in un male improvviso come il suo che stravolge i piani di tutta una vita. Straordinari attori, bravissimo regista, splendida Parigi, magica come sempre. - di "Joss" -
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francesco2
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mercoledì 24 febbraio 2010
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leggerezza e banalità
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Per interrogarsi sul sostanziale fallimento di un'operazione come "Parigi",un film da 5,5 e mezzo apprezzabile da golosi di cinema distesi davanti un televisore,sarebbe interessante interrogarsi sul concetto di leggerezza, con specifico riguardo a due opere che, come quella che ci si appresta ad analizzare, battono bandiera francese:"Un cuore in inverno" di Sautet(1992)e "Il favoloso mondo di Amélie" di Jeunet(2002).
Cronologicamente parlando, dunque,nove o addirittura dieci anni separano i due film che, partendo da due protagonisti soli e isolati, ne traggono spunto per fare un discorso più ad ampio raggio: nel caso di Sautet, sulla desolante pochezza dell'ambiente "Borghese", che nella sua meschinità pseudo"culturale"rischia di risultare fastidioso quanto l'insipido protagonista;in quello di Jeunet, dapprima esaltato e oggi tacciato di "Buonismo" da alcune(attendibili?) fonti,il d(edic)arsi agli altri, non senza una sana "Cattiveria", non perché in maniera dolciastra debba nascere la felicità dall'altrui sofferenza, ma perché l'uomo non trova sé stesso prima di aver portato la propria solidarietà a chi non sappia difendersi.
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Per interrogarsi sul sostanziale fallimento di un'operazione come "Parigi",un film da 5,5 e mezzo apprezzabile da golosi di cinema distesi davanti un televisore,sarebbe interessante interrogarsi sul concetto di leggerezza, con specifico riguardo a due opere che, come quella che ci si appresta ad analizzare, battono bandiera francese:"Un cuore in inverno" di Sautet(1992)e "Il favoloso mondo di Amélie" di Jeunet(2002).
Cronologicamente parlando, dunque,nove o addirittura dieci anni separano i due film che, partendo da due protagonisti soli e isolati, ne traggono spunto per fare un discorso più ad ampio raggio: nel caso di Sautet, sulla desolante pochezza dell'ambiente "Borghese", che nella sua meschinità pseudo"culturale"rischia di risultare fastidioso quanto l'insipido protagonista;in quello di Jeunet, dapprima esaltato e oggi tacciato di "Buonismo" da alcune(attendibili?) fonti,il d(edic)arsi agli altri, non senza una sana "Cattiveria", non perché in maniera dolciastra debba nascere la felicità dall'altrui sofferenza, ma perché l'uomo non trova sé stesso prima di aver portato la propria solidarietà a chi non sappia difendersi.
Da questo punto di vista,Klapisch non segue(più) la strada di"Ognuno cerca il suo gatto", in cui una storia in fondo inesistente diventava un pretesto affinché la protagonista si interrogasse su sé stessa e sul mondo che la circondava,ma estende la strada "Corale" dell'"Appartamento spagnolo",dove c'é al massimo una storia di fondo inserita in una visione d'insieme che vorrebbe suggerire il messaggio del film.
Non per questo però il film analizzato, come anche il precedente, evita ruffiani meccanismi di identificazione.Anzi.E' proprio lo stile(?) del regista, che disegna storie scontate perché già viste(Il malato di cancro, i professore e la lolita, ecc.), ma anche perché a volte ciò che sembra interessargli non è scavare in profonità i setimenti di protagonisti, quanto disegnare sequenze a effetto che attirino il suo pubblico colto(?):spiace dirlo, ma da questo punto di vista la scena delle luci che per Natale dvrebbero accendersi in ogni casa sottolinea il triste limite del film, la differenza tra il tocco leggiadro di (certo) Rohmer e del Jeunet meno ottimista e bozzettistico e questo cinema pseudo-autoriale, pseudo-rohmeriano(Ricordiamoci il pur non indimenticabile"Incontri a Parigi"),pseudo.francese, pseudo.
Quando aggiungiamo che, come qualcuno ha giustamente notato, questo film si svolge a "Parig" ma per alcuni versi potrebbe svolgersi un pò dappertutto, prendiamo coscienza che, se Virzì e altri sono figli un pò degenere della commedia italiana, il cinema d'oltralpe esprime una nostalgia per il cinema "Di papà"(Vi dice nulla?), che non sempre dà risultati "Autoriali", ma "Elitari", nel senso diquelle signore che venti-venticinque anni fa erano presunte spettatrici dell'oggi dimenticato Ivory.
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ultimoboyscout
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giovedì 11 febbraio 2010
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adorable juliette!
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Decisamente soporifero! Classica commedia francese 0 ritmo 0 adrenalina 0 colpi di scena 0 cambi di marcia. Piattissimo. L'unico piccolo guizzo lo regale nel finale la bellissima Juliette con un artigianale quanto limitato strip!
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robertozini
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sabato 1 agosto 2009
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non conosco parigi ma il film non mi ha aiutato
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Non ho mai visitato Parigi, se non di sfuggita, per motivi di lavoro, senza assolutamente riuscire ad accumulare sufficienti impressioni per farmi un'idea della città. Sono perciò vergine di Parigi, condizione apparentemente ideale per vedere questo film. Ma non è stato così. Per farmi un'idea di Parigi, dal film, non credo di aver potuto ricavare nulla. Direi che il film è molto costruito, cerebrale e prevedibile, privo di sostanziale originalità. Potrebbe svolgersi in una qualunque città di provincia e nulla cambierebbe. Le storie che si rincorrono potrebbero, una per una, essere un film a parte e magari di pregio. Così invece, inevitabilmente ed inutilmente intrecciate, perdono lo spessore, il sapore, l'approfondimento che sono necessari ad un buon film e che potrebbero avere se si svolgessero indipendentemente, senza l'affanno e la preoccupazione di dovere entrare in contatto, anche fuggevolmente, con un'altra storia.
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Non ho mai visitato Parigi, se non di sfuggita, per motivi di lavoro, senza assolutamente riuscire ad accumulare sufficienti impressioni per farmi un'idea della città. Sono perciò vergine di Parigi, condizione apparentemente ideale per vedere questo film. Ma non è stato così. Per farmi un'idea di Parigi, dal film, non credo di aver potuto ricavare nulla. Direi che il film è molto costruito, cerebrale e prevedibile, privo di sostanziale originalità. Potrebbe svolgersi in una qualunque città di provincia e nulla cambierebbe. Le storie che si rincorrono potrebbero, una per una, essere un film a parte e magari di pregio. Così invece, inevitabilmente ed inutilmente intrecciate, perdono lo spessore, il sapore, l'approfondimento che sono necessari ad un buon film e che potrebbero avere se si svolgessero indipendentemente, senza l'affanno e la preoccupazione di dovere entrare in contatto, anche fuggevolmente, con un'altra storia. Molto francese come impianto filmico, molto noioso in molti tratti, molto scontato in certi giochetti fatti apposta per stupire lo spettatore (la storia del professore antipatico e trombone che si porta a letto la bella studentessa con un trucchetto da adolescente, ancorchè verosimile, mi è apparsa in particolare datata, banale e rivoltante).
Peccato perchè i molti buoni spunti finiscono sepolti nell'ansia di voler dire troppo dicendo poi alla fine troppo poco.
Un'idea pregevole penso sia non aver mai fatto vedere la Tour Eiffel nelle solite prospettive, ma solo in qualche scorcio scarsamente riconoscibile.
Forse questa è la chiave per accettare questo film, solo chi già conosce Parigi può riconoscerla.
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bruce wayne
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venerdì 6 marzo 2009
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un film...
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Che tenta di fare il passo più lungo della gamba, e finisce per incespicare nel banale. Troppo pretenzioso, moralista , di una leggerezza irritante. La vita è bella è va vissuta, semplice e saggio consiglio che va sempre ricordato, ma Parigi sforna tutti i clichè consoni al caso. Filmetto. (Il fratello del docente, scarsissimo attore, assomiglia a Dustin Hoffman, uguale.)
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lino
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lunedì 15 dicembre 2008
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evitatelo!
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Film corale brutto! Davvero brutto! Pessimi attori, trama confusa, un guazzabuglio di situazioni, storie che non stanno in piedi, che non dicono niente e che potevano tranquillamente evitare di raccontarci.. vivevamo bene comunque!!!!
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giovanni volpe
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giovedì 4 dicembre 2008
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meraviglioso
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l più bel film dell'autunno, avaro di film degni di menzione, un capolavoro, un baluardo che si staglia contro tutto ciò che è banale volgare e ottunde i cuori e le menti delle persone. E lo sfondo è una città prodigiosa.
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maria antonietta
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venerdì 28 novembre 2008
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banale
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Le storie che si intrecciano sono banali ( il professore anziano e cinico che si innamora della bella e disinibita studentessa e dà di sè un grottesco spettacolo, il giovane che di fronte alla morte annunciata vede la vita da una diversa angolazione) sono cose già viste e riviste al cinema. In più, pur essendo un film dichiaratamente francese, in realtà Parigi e la Francia c'entrano ben poco, volendo mostrare un comune affresco o, meglio, mosaico di situazioni umane che avrebbero potuto tranquillamente svolgersi in qualsiasi altra moderna città. Inquadrare più volte la torre Eiffel non rende affatto "parigino" il film.
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ventolibero
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venerdì 24 ottobre 2008
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bellissimo film
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Un film che sa parlare di vita ogni storia è intensa ed emozionante, compresa la colonna sonora. Da non perdere per chi ama i piaceri della vita senza inutili complicazioni.Buona visione!
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