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Milk: last days

A Roma per promuovere il loro film Gus Van Sant e James Franco ci raccontano il loro Harvey Milk, il loro lavoro e la loro America.
di Marzia Gandolfi

I have a dream
Sean Penn (63 anni) 17 agosto 1960, Santa Monica (California - USA) - Leone. Interpreta Harvey Milk nel film di Gus Van Sant Milk.

martedì 20 gennaio 2009 - Incontri

I have a dream
Dopo i last days di Kurt Cobain e la strage alla Columbine High School, Gus Van Sant gira la cronaca di un'altra morte annunciata e dichiarata subito. Da lì parte, tornando indietro, la storia di Harvey Milk, attivista del movimento dei diritti dei gay e primo omosessuale eletto a una carica istituzionale nella San Francisco degli anni Settanta. Il suo cinema, radicato nella cultura della provincia, si trasferisce nel Castro District e accoglie generoso una parata di guys emarginati dalla società o autoemarginati per ribellione o sofferenza affettiva. Dentro e intorno la Castro Camera di Harvey Milk nasce, si produce e si diffonde libera e (giustamente) orgogliosa la cultura omosessuale, finalmente emancipata dalla clandestinità e dall'oppressione, da un controllo sociale pesante e da un conformismo spinto. Milk è girato con piena consapevolezza e mano sicura, adottando i giusti accorgimenti e le chiavi narrative più appropriate a non ostacolare ma anzi ad assecondare la circolazione di un film che presenta ad un pubblico di massa una condizione umana ancora ampiamente e spesso violentemente osteggiata. Affiancato da un giovane sceneggiatore di "formazione mormona", Gus Van Sant gira il suo film più convenzionale per raccontare e rendere accessibile la politicità del privato e del pubblico di un eroe nazionale, nato a Woodmere e affacciatosi alle soglie della vita adulta a San Francisco, dove imparerà a negoziare i diritti della sua comunità, smettendo di pagare il prezzo della finzione. A Roma, per promuovere il loro film e a un soffio dall'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, Gus Van Sant e James Franco ci raccontano la loro America e il loro Harvey Milk.

Scoprendo Harvey Milk
James Franco: Ho inseguito Milk con ostinazione. Due estati fa ero a Londra a studiare letteratura inglese, quando sentii dire che Gus Van Sant voleva fare un film su Harvey Milk. Non avevo ancora letto la sceneggiatura né sapevo chi fosse Harvey Milk, così andai su Google e digitai il suo nome. Scoprii in rete che Milk era stato il primo omosessuale dichiarato ad accedere a una carica pubblica in America. Ma volevo saperne di più e ci riuscii grazie al documentario di Rob Epstein, The Times of Harvey Milk, vincitore dell'Oscar nel 1985. Dopo aver visto il film capii che quella che Gus voleva raccontare era una storia importante a cui volevo partecipare. Disposto ad interpretare qualsiasi ruolo, non mi aspettavo che mi avrebbero affidato quello di Scott Smith. Quello che mi sorprende ancora in questa storia è che se è normale non conoscere Harvey Milk in Italia, lo è meno negli Stati Uniti. Insomma io sono nato e cresciuto a Palo Alto, distante un'ora di macchina da San Francisco, com'è possibile che non abbia mai sentito parlare di lui? Gus Van Sant, offrendomi di interpretare il compagno di Harvey, mi ha dato la possibilità di riempire questa lacuna.

America ieri, oggi e domani James Franco: Non credo che il film potesse uscire in un momento migliore. Gli eventi raccontati si sono svolti negli anni Settanta ma hanno un collegamento diretto con l'attualità. Nel film Harvey Milk si batte per non far passare la Proposition 6, che bandiva gli omosessuali dall'insegnamento nelle scuole pubbliche della California e rimuoveva dai loro incarichi i loro sostenitori, oggi, nello stesso stato è passata la Preposition numero 8, che vieta i matrimoni fra persone dello stesso sesso. La prossimità tra i due eventi è evidente, dimostra che in America tante cose sono cambiate ma molte altre devono ancora cambiare e rivela la necessità di girare un film questo. Io credo che l'America stia vivendo un periodo di speranza e di cambiamento, e dare speranza e cambiare le cose erano gli obiettivi di Milk che non ha mai parlato soltanto alla comunità gay. Harvey si rivolgeva a tutti, era populista come Obama. Ripeto, mi sembra un ottimo momento per fare uscire questo film.

Camera Castro
James Franco: Milk è stato girato a San Francisco, molte delle location che si vedono nel film sono i luoghi reali nei quali si sono svolti i fatti. Il negozio fotografico che gestivano Milk e Scott oggi è un bottega di antiquariato ma la produzione riuscì miracolosamente ad affittarla e a trasformarla di nuovo nella Camera Castro. Durante le riprese mi capitava spesso di soffermarmi a pensare di abitare luoghi importanti e in cui erano accadute cose importanti. Il Castro District era il centro del movimento gay in America, negli anni Settanta ospitava l'unica comunità gay veramente aperta e tollerata. Ecco noi ci trovavamo esattamente lì a raccontare la storia del primo omosessuale dichiarato ed eletto alla carica di supervisor. Lavorare in questo film è stata un'esperienza forte e intensa, avevo quasi la sensazione di toccare la Storia. A rinforzare questa impressione di autenticità hanno contribuito i consulenti presenti sul set, persone che avevano lavorato con Milk e che hanno accompagnato e assistito le nostre performance.

Guardando Scott Smith James Franco: Quando seppi che avrei interpretato Scott Smith, ricordo di aver sentito il bisogno di vederlo e di ascoltarlo ma nessuno sapeva come parlasse o si muovesse, forse soltanto la sua famiglia e i suoi amici. Volevo onorare la sua memoria e come attore ispirarmi alla sua vita. Decisi allora di rivolgermi a Rob Epstein, l'autore del documentario sulla vita di Milk, e di chiedergli se avesse del materiale inedito e mai montato che potesse aiutarmi a costruire la mia interpretazione. La sua risposta fu affermativa e generosa, tirò fuori dalla sua cassaforte, chiusa da oltre trent'anni, immagini incredibili che mi permisero di vedere come fosse veramente Scott, quali fossero i suoi gesti, le sue parole e il modo di pronunciarle. Ho messo tutto questo nel mio personaggio e poi mi sono confrontato con Gus per sapere come relazionarmi con gli altri attori. La chiave del mio personaggio è il modo in cui ha appoggiato e favorito Milk. Scott credeva in lui, nelle idee che sosteneva e nel messaggio di cui si faceva portatore. Ho eliminato ogni altra interpretazione del mio personaggio e mi sono concentrato su questo.

La politica di Harvey Milk
Gus Van Sant: Lavorando sul ritratto di Harvey Milk, siamo stati molto attenti a non farne un santo, d'altra parte ci sono molti aspetti della sua vita che lo allontanano dalla santità. Probabilmente nella sua vita c'è stata più tragedia di quella mostrata, ci sono stati altri amanti, c'è stato più sesso e più esplicito, c'è stata più droga. Milk era solito frequentare i bagni pubblici e tra i fondatori del suo movimento c'erano anche un coltivatore di marijuana e uno spacciatore. Molte di queste cose non sono entrate nel film per mancanza di tempo, però anche se restituiamo l'immagine di un personaggio molto positivo, non si tratta comunque di un ritratto agiografico e se lo avessimo fatto non sarebbe stato molto realistico. Abbiamo puntato molto sull'aspetto politico che rifletteva in fondo la sua vita, la politica di Milk era qualcosa di molto personale, il suo modo di fare politica svelava molto della sua persona. Per questa ragione la politica è inserita e presente in ogni singola scena, posso dire che Milk, nella mia filmografia, è il film più politico.

Eroe americano
Gus Van Sant: La sceneggiatura di Dustin Lance Black presentava già di per sé un impianto tradizionale e ho pensato che il suo andamento lineare potesse essere funzionale alla storia raccontata, probabilmente per renderla più accessibile e accettabile a una platea allargata. All'inizio optai per uno stile più documentaristico, poi vidi che non funzionava e così mi decisi per una forma molto simile a quella del Padrino, in cui è la sceneggiatura stessa a raccontare la storia. Lo stile, decisamente più classico, rende il film più fruibile. C'è poi una considerazione da fare sul mio sceneggiatore, Dustin è nato in Texas ed è cresciuto in una famiglia mormona e in un ambiente estremamente conservatore. La sua estrazione culturale ha contribuito a concepire la storia di Milk dentro la tradizione e secondo un immaginario consolidato. Ho pensato che, nonostante la struttura convenzionale, l'idea di un gay che ripercorresse il viaggio tradizionale dell'eroe americano, potesse già essere molto sperimentale e rivoluzionaria.

Questione di "stile"
Gus Van Sant: In molte sequenze mi è capitato di mettere la macchina da presa tra la folla presente alle manifestazioni senza mai mostrarne i volti, intesi ad ascoltare i discorsi pronunciati da Harvey. In quelle occasioni la macchina da presa inquadrava soltanto Milk e questo mi permetteva di far sentire il pubblico parte integrante dell'evento, non mi interessava riflettere il discorso sul volto delle persone. Lo stile che volevo ottenere era quello documentaristico, volevo girare in 16 mm perché ci fosse perfetta corrispondenza col materiale di repertorio impiegato e perché le immagini ricordassero quelle delle cronache dei reportage giornalistici, piene di tagli imperfetti e malfatti. Alla fine ho desistito perché il risultato era davvero disastroso, rischiavo di girare un film troppo simile a quelli prodotti per la televisione.

Politicamente Sean
Gus Van Sant: Sean Penn è un attore molto generoso, che recita ormai da più di vent'anni e che continua a mettere tanta passione nel suo lavoro. Quando è sul set non pensa mai soltanto alla sua performance ma all'interazione degli attori che lavorano con lui. Ho scelto Sean Penn perché è un bravissimo attore, perché non avevo mai lavorato con lui e perché non aveva mai fatto un ruolo simile nella sua carriera, poteva essere interessante sfidarlo, metterlo alla prova. Era l'attore giusto per interpretare Harvey Milk, è molto coinvolto nella politica di San Francisco, in più occasioni ha tenuto dei discorsi politici, partecipa alla vita sociale della sua città, crea rapporti e discute coi politici locali, ha una sua rubrica su un quotidiano locale, insomma la politica gli sta davvero a cuore. Assomiglia ad Harvey anche se lui era più leggero, Sean è più severo. Sul set ha fatto tutto da solo, io non gli ho dovuto suggerire nulla.

Lo stile Obama
Gus Van Sant: In America la caduta di Bush è stata lenta ma inesorabile, diciamo che ha cominciato a perdere punti dal 2004, gradualmente, fino ad arrivare al 20% del sostegno attuale. Bush ha tradito tutta la sua base elettorale, anche i gruppi più estremisti e religiosi che hanno sempre incoraggiato la sua politica. Mi sembra comunque che l'America stia vivendo un momento di grande entusiasmo, oggi al governo andrà qualcuno il cui interesse è rivolto al popolo e non soltanto alle grandi società o alle grandi aziende. Obama può contare su un elettorato molto più ampio perché come Harvey Milk ha parlato a tutti. Bush, al contrario, viveva nella sua nicchia, è cresciuto come insider senza vocazione. Era convinto che fosse normale diventare presidente, che fosse un diritto proveniente dal suo essere in un certo senso "aristocratico". Obama ha un'altra formazione e un'altra estrazione, viene dal popolo. Tendenzialmente l'aristocrazia tende ad essere un po' "fascista", se mi passa il termine.

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