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Madagascar 2 e l'Africa a misura di computer

L'animazione guarda sempre di più alle tecniche del cinema dal vero.
di Gabriele Niola

Animare la vasta immobilità dei paesaggi africani

martedì 16 dicembre 2008 - Making Of

Animare la vasta immobilità dei paesaggi africani
La corsa dell'animazione in computer grafica verso il cinema dal vero procede a ritmi sempre più elevati. Le tecniche, le soluzioni e le competenze si stanno mischiando e sempre di più per fare i loro cartoni miliardari studi come Pixar e Dreamworks procedono ispirandosi alla lavorazione classica sul set.
Se per Wall-E la Pixar ha chiesto la consulenza di Roger Deakins (superbo direttore della fotografia di L'assassinio di Jesse James e Non è un paese per vecchi) per il suo ultimo film lo studio rivale ha assoldato il grande Guillermo Navarro (specialista di fiducia di Guillermo Del Toro) che ha tenuto delle vere e proprie lezioni di fotografia e che ha fornito costantemente la sua consulenza su come illuminare, inquadrare e posizionare i personaggi nello spazio per dare di volta in volta sensazioni ed emozioni diverse.
E c'è stato bisogno di consulenza perchè se l'intricata foresta del Madagascar poteva essere un fondale rassicurante per il modo in cui occupa tutte le scene come fosse una fotografia, problemi molto più grossi li ha posti la vastità dei paesaggi africani. Il vuoto (e la necessità di riempirlo) è infatti stata una delle sfide principali per gli animatori di Madagascar 2.

Un'Africa a misura di computer
Come fare a rendere la sconfinata Africa? Come fare a differenziare e molto il look di Madagascar 2 da quello del primo fermo restando un tipo di disegni e di animazione così particolari? L'idea della Dreamworks per capire e riportare nel film la vera Africa è stata quella di andarci.
"Molti di noi si immaginavano un luogo pieno di prati e alberi, ma una volta arrivati, capimmo che le cose non stavano proprio così" racconta il regista Eric Darnell "Eravamo in molti, c'erano tutti i responsabili del reparto creativo. Restammo lì per diversi giorni, dormendo in tenda, nella savana" ecco perchè allora la savana e l'Africa di Madagascar 2 non somiglia a nessun'altra rappresentazione dell'Africa al cinema e nemmeno al Madagascar del primo film, ma ha un look e un feeling suoi, perchè ogni inquadratura è stata pianificata in loco, sono state girate delle prove con telecamerine digitali e si è fatto un sopralluogo sulle location più adatte (che sarebbero poi stato replicate in computer grafica).
Il produttore Soria va subito al punto centrando il primo problema che si è posto una volta in Africa "Come facevamo a rendere quelle immagini? Doveva essere tutto talmente enorme: il cielo, le nuvole. La vera sfida era riuscire a rendere le dimensioni giuste in tutta la loro grandezza".
C'è stato un uomo addetto unicamente alle proporzioni della scenografia, ecco come hanno fatto. Durante tutta la lavorazione il team creativo ha deciso di associare ad ogni animale un luogo dei dintorni della pozza dove gli animali si vanno ad abbeverare: un'area con alberi d'acacia per le giraffe, una più rigogliosa e "termale" per gli ippopotami, una piena di prati per le zebre e infine quella rocciosa dei leoni.
Mentre dunque il Madagascar del primo film era un paesaggio molto stilizzato e irreale, la sconfinata Africa del secondo film (dove si può anche non vedere nulla all'orizzonte per chilometri) è frutto dell'aggregazione di aree diverse e del meticoloso dosaggio delle proporzioni.

Un direttore della fotografia per riadattare tecniche del cinema dal vero
L'animazione digitale è un settore in tale espansione che ad ogni nuovo film le soluzioni e i modi di fare cinema del film precedente non vanno più bene e vengono giudicati inadeguati, così il fissaggio dei fotogrammi che in Madagascar era servito a fare gli sfondi nel seguito non sembrava sufficiente, ci voleva qualcosa di più puramente cinematografico, delle riprese in movimento per "riempire gli spazi vuoti tra un fotogramma e l'altro".
Così è arrivata l'idea di chiedere la consulenza ad un esperto del settore: Guillermo Navarro, direttore della fotografia di tutti i film di Guillermo Del Toro ma anche di Una notte al museo. Quello che il grande tecnico ha fatto è stato tenere delle vere e proprie lezioni di fotografia per il cinema, mostrando agli animatori tutti i segreti su come scegliere un'inquadratura cinematografica.
Una delle lezioni più importanti che sono state impartite è sicuramente stata quella di esaminare sempre le scene dentro la telecamera, per poter valutare immediatamente quando funzionino. Simili trucchi ad esempio si sono rivelati fondamentali per scene come quella dove i quattro amici discutono e la tensione aumenta mentre le scimmie smontano l'aereo.
Il segreto dell'animazione in computer grafica è infatti che più che disegnare crea degli ambienti virtuali con dentro dei personaggi che si muovono. Gli ambienti virtuali essendo tali consentono al punto di vista dello spettatore di muoversi come si muoverebbe una macchina da presa sul set di un film e anche di più, non dovendo sottostare alle leggi della fisica. Questo porta infinite nuove possibilità di linguaggio filmico nell'animazione che, insaziabile, chiede sempre più integrazione con gli strumenti del cinema tradizionale, ben sapendo che mai gli si sovrapporrà poichè i suoi intenti, le sue storie e anche le sue potenzialità rimangono sempre molto differenti.

Il grande cielo
Prima di partire con la produzione di Madagascar 2 i produttori sapevano bene che si sarebbe posto l'annoso problema dell'animazione dei dettagli. Mentre la giungla che faceva da sfondo al primo film occupava tutto il visibile e rendeva quindi superfluo pensare ad una prospettiva che arrivasse fino all'orizzonte, l'Africa avrebbe posto altri problemi. Soprattutto l'intricato miscuglio di piante della foresta del Madagascar rende superfluo animarle tutte poichè molte non si vedono. All'opposto invece in Africa ci sono dei prati che arrivano fino alla linea dell'orizzonte ed enormi branchi di animali che pascolano in fondo, a quel punto il computer deve generare ogni singolo filo d'erba e animarlo separatamente. Un lavoro grandissimo paragonabile solamente a quello che per ogni film animato che coinvolga animali viene fatto per il pelo. La sofisticazione e le idee che la Dreamworks ha messo in campo questa volta però sono sorprendenti per invisibilità e realismo.
Stesso problema c'era per rendere la spaziosità del cielo, una cosa molto difficile che frustrava gli animatori di ritorno dal viaggio in Africa. In special modo le nuvole molto particolari di quegli ambienti non riuscivano a prendere vita nel film. La volontà era quella di riprodurre gli imprevedibili giochi di luce ed effetti che sono il risultato della luce molto particolare che c'è in quella zona del mondo e appunto di quelle nuvole.
L'idea è stata allora di riprodurre le nuvole come elementi tridimensionali a sè e farle colpire singolarmente dalla luce. Un lavoro non semplice, data la particolare composizione che ha nella realtà una nuvola e il modo particolare che ha di assorbire e rimandare la luce, ma determinante: "Abbiamo sfidato le frontiere della tecnologia per creare la luce adatta a creare il tradizionale effetto di semitrasparenza delle nuvole. Ne sono uscite una serie di immagini sorprendenti che abbiamo utilizzato sia in modo diretto, nei casi in cui le nuvole sono realmente elementi in 3D, sia come base per i pittori. Le immagini ottenute sono davvero affascinanti" ha detto il supervisore agli effetti visivi Philippe Gluckman.

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