Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

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Un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Karen Allen, Cate Blanchett, Shia LaBeouf, John Hurt.
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Titolo originale Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull. Avventura, Ratings: Kids+13, durata 125 min. - USA 2008. - Universal Pictures uscita venerdì 23 maggio 2008. MYMONETRO Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo * * 1/2 - - valutazione media: 2,89 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Rifaccio Indiana Jones (e il miracolo è che da 66 anni non mi sono rotto niente). Harrison Ford indossa di nuovo i panni dell’archeologo creato da Lucas «Sono più vecchio, ma va bene così, il mio è un eroe fragile…»

di Silvia Bizio La Repubblica

Giacca di pelle, stivali e frusta: vent'anni dopo, Indiana Jones, l'archeologo più spericolato della storia del cinema, veste ancora da avventuriero giramondo. Lo avevamo lasciato nel 1921, inseguito dai nazisti, alle ricerca dei Sunto Graal; lo ritroviamo nel 1957, in piena Guerra fredda. coinvolto in una una trama - sulla quale c'è ancora molto riserbo - dove a rivelazioni storico-archeologiche si succedono colpi di scena personali. A partire dalla riconquista di una vecchia fiamma (quella Marion Ravenwood, interpretala da Karen Allen, indomita fidanzata di Indy nel primo episodio della saga) e dalla scoperta di una presunta paternità (del giovane dvo emergente Shia leBeouf, nel ruolo del motociclista esploratore Mutt Williams). Sì, perché in diciannove anni ne accadono di cose: e quelli che distanziano gli eventi di L'ultima crociata (datato 1929,è il terzo episodio di una saga iniziata nel 1981 con I predatori dell'arca perduta, seguita nel 1984 da Il tempio maledetto dal nuovo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, presentato in anteprima al festival di Cannes, sono esattamente gli stessi che distanziano l'uscita dei due film. «Un parallelismo cronologico tra realtà e finzione che mi va proprio a genio» commenta Harrison Ford, 66 anni a luglio: «Nel film riconosciamo il passare del tempo senza timori né riserve. Indiana Jones ha vent'anni in più e non c'è niente di strano: non è certo un eroe risoluto come il guerriero stellare Han Solo. Il mio Indy è un comune mortale, vulnerabile e a tratti fragile. Il pubblico si riconosce nelle sue difficoltà e sono convinto che l'età lo renda più simpatico». Anche questa nuova puntata, la quarta, è diretta da Steven Spielberg e prodotto da George Lucas: colui che seppe trasformare il falegname Harrison Ford in un divo, affidandogli il ruolo del mercenario spaziale Han Solo nella prima trilogia di Guerre Stellari. La sceneggiatura è di David Koepp (lo stesso che ha firmato un'altra famosa saga, Jurassic Park) e narra le peripezie del dottor Jones alle prese con un manipolo di cattivissimi sovietici guidati dall'agente del Kgb Irina Spalko, interpretata con stile dominatrice da Cate Blanchett. Posta in palio, un teschio di cristallo appartenuto ai Maya e portatore di un segreto extraterrestre: che ha già dato adito, fra gli addetti ai lavori, alle più bizzarre speculazioni di possibili filiazioni dal noto telefilm X Files. L'attore, se lo si incontra di persona, sembra molto più giovane di quanto non sia apparso nei suoi ultimi film: un ultrasessantenne in splendida forma.
Come si è sentito a indossare i panni di Indiana, vent'anni dopo?
«Gli abiti mi hanno letteralmente restituito il personaggio. Indiana è disegnato su di me, mi si addice. Ho trovato all'istante tono e stile da dare al film, ho sentito il personaggio con chiarezza e disinvoltura. D'altronde ho sempre detto che sarei tornato volentieri a interpretare Indy: al contrario di Han Solo, che per me si è veramente esaurito in Guerre Stellari».
Cosa le ha dato più soddisfazione?
«Sicuramente tornare a lavorare con Spielberg e Lucas, i registi che stimo di più. Stare con loro sul set, giorno dopo giorno, è stata una vera gioia. E, poi, ritrovare un personaggio che amo, cui ho potuto dare nuovo spessore, proprio grazie all'età».
E dunque a chi si è ispirato?
«Ho pensato ai ruoli del cinico che si ravvede e vince, nello stile di Clark Gable e Humphrey Bogart. E ho aggiunto l'umorismo e l'autoironia che contraddistinguono il personaggio rendendolo caro al grande pubblico. Indy è uno in cui riconoscersi, non è un supereroe e nemmeno un adone, diverte sullo schermo perché è vulnerabile. Sono le sue tribolazioni a renderlo irresistibile».
Lei ha voluto interpretare anche le scene più pericolose...
«Sì, è importante che il pubblico partecipi alle difficoltà di Indiana. Ma è anche dovuto al modo in cui Spielberg gira, che non consente troppi trucchi, visuali o digitali. Ma questa volta non mi sono fatto male, al contrario dei primi tre Indiana Jones, dove mi ero davvero massacrato».
La sua forma fisica è notevole...
«Lo devo a un fortunato corredo genetico, perché non faccio poi così tanto esercizio. Per mantenermi atletico mi basta un po' di palestra. Sto benissimo senza bisogno di diete né di privarmi di alcun piacere. D'altronde per me non conta tanto l'apparenza fisica, quanto sentirsi energici, pieni di vita».
Cosa distingue il «vecchio» Indiana dai nuovi personaggi che hanno successo oggi?
«Indy non è mai passato di moda, i primi tre film della serie hanno continuato ad avere successo, visti in cassetta e in dvd da intere generazioni. Certo, Indiana Jones non è né Jack Sparrow, il pirata interpretato da Johnny Depp, né Jason Bourne, il killer della saga The Bourne Identity. Ma è proprio il suo stile old fashioned, fuori moda, a perpetuarne il successo».
Le è dispiaciuto non ritrovare Sean Connery, che nel terzo episodio interpretava suo padre?
«Certo, ma ormai preferisce il golf al cinema e, diciamolo, ora sono abbastanza vecchio per interpretare io stesso il ruolo di mio padre».
E di suo «figlio» Shia LaBeouf che ne dice?
«Non ho dovuto insegnargli nulla. Recita da quando ha sette anni, è un professionista. Sarei felice se fosse il mio erede. Cinematografico, intendo».
Come si divide fra la sua vita privata e la sua grande popolarità?
«Non mi divido affatto, sono due facce della stessa medaglia. Sono fortunato a lavorare ancora nel cinema e intanto avere una bella famiglia. Perché la vita è una sola». Da Il Venerdì di Repubblica, 1 maggio 2008

di Silvia Bizio, 1 maggio 2008

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