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Gomorra, l'apocalisse ai tempi della camorra

Garrone traduce il libro di Saviano in un dramma in cinque atti.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Dal libro inchiesta un film che lascia in sospeso le sorti della Campania

giovedì 15 maggio 2008 - Approfondimenti

Dal libro inchiesta un film che lascia in sospeso le sorti della Campania
Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della 'ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall'ETA in Spagna e dall'IRA in Irlanda, più delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia". Sono alcuni dei dati che emergono dal libro inchiesta di Roberto Saviano che tutti hanno letto. Dalle pagine di "Gomorra" Matteo Garrone ha estratto cinque spaccati di vita (le storie di Totò, Don Ciro e Maria, Franco e Roberto, Pasquale, Marco e Ciro) per raccontare attraverso la settima arte i bassifondi del napoletano dove i ragazzini emulano i grandi sognando di impugnare la pistola e sparare, le vedove bianche dei camorristi si nascondono in casa, i sarti tirano a campare comprando il lavoro nero all'asta, gli imprenditori vendono la terra che gli ha dato i natali per trasformarla in cimiteri di scorie. I cinque atti di Gomorra sono intrisi di violenza e corruzione sullo sfondo di un paese che nessun turista vedrà mai in cartolina. Lo sguardo di Garrone si posa sulle vite della gente - le mogli, i figli, i padri, i nemici dei boss e i boss stessi - mostrando i limiti di un paese, l'Italia, che non vuole guardare, che cerca il lavoro "clean" per smaltire le scorie e non si preoccupa dei campi coltivati a veleno. Abbiamo cercato di cogliere i momenti clou del film attraverso le parole di Roberto Saviano.

Per addestrare a non avere paura delle armi facevano indossare il giubbotto ai ragazzini e poi gli sparavano addosso
Qualcuno dice che i ragazzini non vengono reclutati attraverso questa iniziazione. Che sia vera o colorita dalla fantasia dell'autore del libro non ha importanza. Al cinema la sequenza si presta per descrivere la spietatezza della camorra che sfrutta i guaglioni come manovalanza e il desiderio dei più piccoli di entrare a far parte del sistema. Un sistema a piramide del quale Garrone mostra la parte più bassa, la microsocietà organizzata tra i rifiuti e i tossici, dall'alto delle case-caserma dei quartieri più poveri dove tutti sono sorvegliati e nessuno è salvo.

Il sottomarino è la persona che viene incaricata di distribuire le mensilità. Li chiamano così perché strisciano sul fondo delle strade. Non si fanno mai vedere
Pasquale fa il "sottomarino", il cassiere che ogni mese, per conto della camorra, consegna 500 euro alle famiglie "orfane" di qualche boss finito in galera. Attraverso la sua figura Garrone mostra il sottobosco camorristico fatto di gente che ha dedicato l'intera esistenza al sistema e ora è costretta ad accettare la "pensione" vivendo nella paura che un familiare si affili all'organizzazione nemica. Come la storia di Maria e del figlio minore Simone che ha scelto di divenire scissionista e passare dalla parte della banda rivale. "Da tempo la donna non usciva di casa, così per eliminarla usano un ragazzino come esca", scrive Saviano e riporta fedelmente sullo schermo Matteo Garrone.

Le campagne del napoletano e del casertano sono mappamondi della monnezza, cartine al tornasole della produzione industriale italiana
La questione dell'eco-mafia era già stata al centro di Biùtiful cauntri, documentario che racconta un territorio umano e geografico lasciato a se stesso. Matteo Garrone, basandosi sull'ultima parte del libro di Saviano, riporta sul grande schermo la figura di Franco, imprenditore napoletano che parla in perfetto italiano quando vende terreni per seppellire rifiuti alla gente "bene" del nord e in dialetto quando tratta con i guaglioni locali. Saviano lo descrive così: "Franco, quando camminava, non osservava il paesaggio, ma pensava a come poterci ficcare qualcosa dentro". Toni Servillo lo interpreta con magistrale bravura e sobrietà.

Il miglior sarto della terra guidava i camion della camorra tra Secondigliano e il Lago di Garda
È la storia più commovente di libro e film. Quella di Pasquale, artista della moda capace di trasformare uno scampolo di stoffa in un vestito da esibire sul tappeto rosso, costretto a vendere le proprie creazioni al miglior (o peggior) offerente. Uno schiavo della camorra che quando decide di investire il suo talento e aprirsi al mercato cinese viene "avvertito" a colpi di pistola. Pasquale ha il volto dell'attore Salvatore Cantalupo, una vita passata sui palchi teatrali e una manciata di film collezionati al cinema. È il buono di Gomorra, colui che decide di abbandonare una passione pur di smettere di compiacere la camorra.

Erano due bulli. Spacconi, buffoni, mangiavano lasciando come mancia il doppio del conto. Giravano sempre in coppia
I due spacconi nel film sono Marco e Ciro (i nomi sono cambiati ma la storia è vera): due ragazzini perditempo, non ancora maggiorenni, che osano sfidare tutti, persino i boss, perché l'hanno imparato dal cinema. Conoscono a memoria le battute di Scarface e vivono di piccoli e grandi furti fatti alle spalle della camorra, cantano le canzoni neomelodiche infarinati e strafatti e sfidano il sistema. Quando impugnano l'arma si sentono imponenti e immortali. La scena più forte (e cinematograficamente bella) li vede protagonisti. Marco e Ciro in mutande, che sparano al paesaggio verso un nemico invisibile, forti della loro incoscienza.

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