plov
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sabato 18 aprile 2020
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la dignità della vita nella partenza.
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Splendida recensione questa di Dal Maso. La differenza tra la vita in occidente che si conclude nella affermazione della superfluità dell'essere umano nella sua fase finale e la circolarità tra morte e nascita, ribadita anche nella ripresa dei salmoni, sostanza della cultura orientale, più attenta alla micro visione dei gesti rituali e della natura. Si, emblematico il passaggio inosservato nel nostro paese di questo film, che poco si concilia con la preferenza occidentale per le costruzioni melodrammatiche e i riti di gruppo. Rivisto con grande coinvolgimento emotivo e riflessione sul proprio particolare.
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helena fiorentina
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domenica 2 giugno 2019
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la bellissima dipartita. la densità che si fa lievità.
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La morte declinata come non mai in dolcezze gentili fatte da gesti precisi cesellati finemente come solo la cultura giapponese è in grado di affermare in un espressionismo puro, poetico fintanto eterno.
La dolcezza dei gesti , dei sentimenti ti entra dentro, ti pervade e ti riconcilia con il ciclo vita - morte, ineludibile ma reso stupendo dalle immagini del rito di vestizione e tributo reso al defunto dalla figura del Noukanshi.
Film trasparente, leggero come una piuma bianca volteggiante nell'etere a ricordarci la nostra vera essenza, la nostra anima.
Grazie regista Takita
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vanessa zarastro
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venerdì 13 luglio 2018
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un mestiere con dignità
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I film giapponesi sono spesso delle speculazioni filosofiche sulla vita e sulla morte, riflessioni sui rapporti familiari e sui cambiamenti generazionali e il film “Departures” non fa eccezione. Io bel titolo originale è “Okuribito” che vuol dire “la persona che accompagna alla partenza”.
Daigo Kobayashi (interpretato da Motoki Masahiro) è un violoncellista sensibile e diligente ma non particolarmente fortunato. Appena assunto per suonare a Tokio l’orchestra viene sciolta e lui resta senza lavoro. A questo punto dopo l’ennesima delusione della sua carriera musicale, decide di tornare alla sua città d’origine e di cambiare lavoro.
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I film giapponesi sono spesso delle speculazioni filosofiche sulla vita e sulla morte, riflessioni sui rapporti familiari e sui cambiamenti generazionali e il film “Departures” non fa eccezione. Io bel titolo originale è “Okuribito” che vuol dire “la persona che accompagna alla partenza”.
Daigo Kobayashi (interpretato da Motoki Masahiro) è un violoncellista sensibile e diligente ma non particolarmente fortunato. Appena assunto per suonare a Tokio l’orchestra viene sciolta e lui resta senza lavoro. A questo punto dopo l’ennesima delusione della sua carriera musicale, decide di tornare alla sua città d’origine e di cambiare lavoro. Con titubanza comunica che vuole andare via a Mika (interpretata da Hiroshue Ryoko), la sua giovane e remissiva moglie che, accetta di buon grado l’idea di un cambiamento radicale.
Arrivati a destinazione vanno a vivere nella vecchia casa della madre di lui, morta da un paio di anni, una casetta unifamiliare subito al bordo di Yamagata. Lui risponde a un annuncio promettente – buona paga e poche ore di lavoro – di una certa agenzia che si occupa di departures. Scoprirà che per viaggio si intende l’ultimo e il proprietario Sasaki (il bravissimo Yamazaki Tsutomu) è un tanatoesteta specializzato nel rito laico del nokanshi, la preparazione del morto alla dipartita fatto di fronte ai familiari, e che è molto importante nella cultura giapponese.
Daigo inizierà questo lavoro non dicendo nulla alla moglie, né a Yamashita, un vecchio compagno rincontrato, i sentirà male alla vista del primo cadavere ridotto, peraltro, in pessime condizioni. Impara presto il mestiere ma gli amici scopriranno il tipo di agenzia in cui è impiegato e lo allontaneranno, la moglie addirittura, visto che lui non intende lasciare quel lavoro, lo lascia e se ne torna a Tokio da sola.
Man mano osservando i gesti accurati del becchino, Daigo inizia ad apprezzare la precisione e l’amore che ci mette in questo lavoro, nel ridare la dignità e un aspetto piacevole al defunto.
Dopo qualche mese anche Mika tornerà perché incinta e, osservando la cura con la quale Daigo prepara una anziana signora morta, anche lei si convince ad accettare che il marito faccia quel tipo di lavoro. Così in un’atmosfera di ritrovata serenità Daigo avrà modo di poarlare del passato, della sua infanzia, dell’essere stato abbandonato dal padre, l’amante della musica.
Il film finirà che Daigo si troverà, a distanza di trent’ani, a celebrare in prima persona il nokanshi del padre, in tal modo perdonato.
Molto bello è il dialogo tra Daigo e Shokichi Hirata di fronte ai pesci che risalgono la corrente nel fiume. Si chiede Daigo: «Non è triste?Risalgono fin qua su per poi andare a morire. Se sono destinati a morire perché faticano tanto?» e l’altro: «Loro vogliono tornare nel posto dove sono nati» che riassume un po’ il senso del film.
“Departures” è stato vincitore del premio Oscar del 2009 come film in lingua straniera.
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giorpost
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mercoledì 16 dicembre 2015
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una lezione di vita (e di morte) dal sol levante
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Daigo Kobayashi è un mite giovane di periferia che lavora come discreto violencellista per un' orchestra di Tokyo. A causa della crisi economica il propietario del teatro è costretto a sciogliere il collettivo, fonte di reddito che consentiva a Daigo di mantenere se stesso e la dolcissima moglie Mika, entrambi obbligati a tornare nel paesino d' origine.
Persa di recente la madre, cui era legatissimo, e abbandonato dal padre quand' era piccolo, Daigo, un ottimo quanto sconosciuto Masahiro Motoki, decide di presentarsi ad un colloquio di lavoro presso un' agenzia ch' egli pensava si occupasse di viaggi, realizzando in pochi istanti che in verità si trattasse di un' attività di pompe funebri che aveva pubblicato, ironicamente quanto furbescamente, un inserto inerente l' ultimo viaggio, quello definitivo, come suggerisce il titolo inlgesizzato Departures (Giappone, 2008).
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Daigo Kobayashi è un mite giovane di periferia che lavora come discreto violencellista per un' orchestra di Tokyo. A causa della crisi economica il propietario del teatro è costretto a sciogliere il collettivo, fonte di reddito che consentiva a Daigo di mantenere se stesso e la dolcissima moglie Mika, entrambi obbligati a tornare nel paesino d' origine.
Persa di recente la madre, cui era legatissimo, e abbandonato dal padre quand' era piccolo, Daigo, un ottimo quanto sconosciuto Masahiro Motoki, decide di presentarsi ad un colloquio di lavoro presso un' agenzia ch' egli pensava si occupasse di viaggi, realizzando in pochi istanti che in verità si trattasse di un' attività di pompe funebri che aveva pubblicato, ironicamente quanto furbescamente, un inserto inerente l' ultimo viaggio, quello definitivo, come suggerisce il titolo inlgesizzato Departures (Giappone, 2008).
Riluttante ed imbarazzato, e dopo aver venduto il suo prezioso strumento, Kobayashi si vede costretto ad accettare il posto, nascondendo alla sua amata l' effettivo incarico che dovrà svolgere, non molto popolare dalle sue parti. Il rapido apprendistato a cui è sottoposto da parte del capo, l' elegante e pragmatico Sasaki (sorpendente la prova dell' esperto Tsutomu Yamazaki) spinge il neo-becchino ad approfondire un rituale molto sentito in Giappone e che consente ai parenti di dare un dignitoso quanto intimista ultimo saluto alla persona defunta. Sasaki, davanti a tanti occhi ed immerso in un' atmosfera surreale, svolge una lunga serie di azioni che vanno dalla vestizione al trucco passando per altre necessità saltuarie (come ovviare alle fuoriuscite di gas), il tutto eseguito con movimenti straordinariamente precisi ed allo stesso tempo delicati come il tocco di una piuma: un lavoro che richiede alti livelli di rispetto che Daigo inizia ad apprezzare fino a raggiungere la consapevolezza che non è un impiego qualsiasi ma un vero e proprio servizio a favore della collettività. Nell' ultima parte della pellicola, il protagonista dovrà affrontare due importanti eventi che cambieranno, in maniera definitiva, la sua vita.
Non dovrebbe rappresentare una sorpresa questa ennesima lezione di Cinema che arriva dall' estremo Oriente, in questo caso dal regista Takit, ex filmaker di pellicole a sfondo erotico. Okuribito (titolo originale poco commercializzabile in occidente) racconta, nel solco della filosofia giapponese e con una colonna sonora che trasmette serenità, uno dei modi di affrontare la morte nella terra del Sol Levante, ma non solo. Alternando il dramma all' umorismo nero vengono trattati importanti aspetti della vita, come gli affetti familiari e il mondo del lavoro; molteplici sono anche le simbologie utilizzate per dare ancora più corpo alla storia come lo scambio di pietre dalle forme variegate, ogni una delle quali utile a comunicare uno stato d' animo.
In un incedere mai frenetico e con una prosa mai troppo complessa, Departures è un intenso film di struggente delicatezza che, nonostante parli di un argomento difficile, ti lascia dentro una piacevole sensazione di benessere.
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sergio dal maso
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martedì 30 giugno 2015
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departures
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“Assistiamo coloro che partono per dei viaggi” agenzia NK
L’ambiguità di questo annuncio che il giovane ex-violoncellista Daigo Kobayashi legge sul giornale cercando proposte di lavoro lo inganna e lo induce a recarsi all’agenzia per il colloquio. Oltre ad accettare l’imprevedibile lavoro, finirà con l’accettare anche il viaggio che il destino gli ha riservato. Perchè è proprio il viaggio il tema del film, con le sue partenze, le sue soste ed i ritorni a casa. Viaggio interiore, innanzitutto, alla ricerca di un senso, di una riconciliazione con il proprio passato e con il trauma infantile dell’abbandono (della partenza) del padre.
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“Assistiamo coloro che partono per dei viaggi” agenzia NK
L’ambiguità di questo annuncio che il giovane ex-violoncellista Daigo Kobayashi legge sul giornale cercando proposte di lavoro lo inganna e lo induce a recarsi all’agenzia per il colloquio. Oltre ad accettare l’imprevedibile lavoro, finirà con l’accettare anche il viaggio che il destino gli ha riservato. Perchè è proprio il viaggio il tema del film, con le sue partenze, le sue soste ed i ritorni a casa. Viaggio interiore, innanzitutto, alla ricerca di un senso, di una riconciliazione con il proprio passato e con il trauma infantile dell’abbandono (della partenza) del padre. Ma anche un percorso capace di fare i conti con la morte, nel profondo significato assunto nelle culture orientali: morte indissolubilmente legata alla vita e parte fondamentale del ciclo vitale, da vivere come un passaggio, come “un cancello da oltrepassare”, accompagnati dalle persone amate che assistono in un commovente silenzio all’affascinante rito estetico della deposizione del defunto nella bara. Il lavoro di cui parlava l’annuncio, infatti, non è quello di un’agenzia turistica, ma quello del tanato-esteta (in giapponese nokanshi, maestro di deposizione nella bara), cioè colui che deve pulire il cadavere, vestirlo e truccarlo affinchè l’ultimo ricordo dei parenti possa accumunare la bellezza interiore a quella esteriore . Per la nostra cultura occidentale, molto lontana da quella orientale, non possiamo che restare affascinati e commossi dalla cura e dal rispetto con cui il tanato-esteta sveste e trucca il defunto, dalle carezze e dall’amorevole eleganza con cui lo adagia nella bara. Oltre all’abilità nel trucco e nella sensibilità di capire cosa desiderano i parenti, la sua abilità consiste nel rivestire il cadavere con il chimono funereo senza mostrare a chi assiste neanche un centimetro del corpo nudo.
Figura centrale del film è proprio il maestro Sasaki. Con discrezione e silenziosa dignità accompagna Daigo nel suo viaggio interiore, aiutandolo nei momenti di difficoltà e dandoglifiducia quando lo sente pronto a sostituirlo. L’anziano attore Yamakazi Tsutomu offre una interpretazione di grande intensità, il suo sguardo rispettoso e la grazia laconica che lo accompagna nei diversi riti di deposizione che appaiono nel film non saranno facili da dimenticare. Anche la figura della moglie Mika è importante per il protagonista. L’amore incondizionato che ha per Daigo (a volte un pò stucchevole per la verità) la porta ad accettare facilmente le sue scelte, come quella di cambiare vita e tornare al paesenativo. Quando però scopre il nuovo lavoro del marito non riesce ad accettarlo ed ha bisogno di partire, di un viaggio che possa farle comprendere ciò che rapprensenta il lavoro di tanato-esteta per Daigo e il senso della loro unione.
Alla fine sarà lei ad accompagnarlo alla deposizione del padre, aiutandolo ad accettare le amare scelte da lui compiute quando era piccolo ed a riconciliarsi raccogliendo il sasso custodito gelosamente dal padre per tutta la vita. Il sasso appoggiato sulla pancia di Mika incinta simbolizza il proseguimento della vita e la riconciliazione con il padre di cui finalmente ricorda il volto. Quello che più sorprende di Departures è la leggerezza con cui affronta temi difficili e profondi, non mancano momenti comici e situazioni surreali, senza però mai essere sgradevoli o eccessivi. Anche nei limiti che può avere il film, per esempio può non piacere l’espressività caricaturale del volto di Daigo, o un eccessivo ricorso ad un simbolismo a volte banale, resta una sincerità di fondo e una raffinatezza poetica che fanno di questo film un piccolo capolavoro.
Uscito in punta di piedi (in Italia non doveva neanche essere distribuito) Departures ha raccolto pian piano molto premi internazionali, culminati con l’inaspettata vittoria del Premio Oscar come miglior film straniero 2009, tra l’altro è stato il primo film giapponese a vincerlo.
Pur avendo come tema la morte, uscendo dalla proiezione non si ha un senso di tristezza ma di serenità. E’ un film che ci emoziona con delicatezza e ci riconcilia con la vita e con il ricordo dei propri defunti. E’ a loro che va l’ultimo pensiero, con le parole del regista Yojiro Takita, “è destino di tutti accompagnare qualcuno, è destino di tutti essere accompagnati”.
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leonardo strano
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domenica 29 marzo 2015
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departures: six feet under d'oriente
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L’avanguardia nipponica garantisce ormai da anni ottimi film. Pertanto un film d’autore giapponese è quasi sempre anche un buon lungometraggio (se non uno che spicca nel panorama dei festival internazionali) ma presenta anche inscindibili limiti riscontrabili nella pellicola stessa. È il caso di Departures frutto del non troppo originale (basti pensare a Six Feet Under), anche se poco utilizzato, accostamento tra tanatoestetica e commedia nera e grottesca, che vanta anche la inedita complecità dell’atmosfera musicale. Daigo Kobayashi è infatti un violoncellista che si trova disoccupato quando la sua orchestra viene sciolta. È allora che, dopo essere tornato al suo paese natale, troverà un lavoro non del tutto convenzionale riguardante certi viaggi.
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L’avanguardia nipponica garantisce ormai da anni ottimi film. Pertanto un film d’autore giapponese è quasi sempre anche un buon lungometraggio (se non uno che spicca nel panorama dei festival internazionali) ma presenta anche inscindibili limiti riscontrabili nella pellicola stessa. È il caso di Departures frutto del non troppo originale (basti pensare a Six Feet Under), anche se poco utilizzato, accostamento tra tanatoestetica e commedia nera e grottesca, che vanta anche la inedita complecità dell’atmosfera musicale. Daigo Kobayashi è infatti un violoncellista che si trova disoccupato quando la sua orchestra viene sciolta. È allora che, dopo essere tornato al suo paese natale, troverà un lavoro non del tutto convenzionale riguardante certi viaggi. Il fortuito errore di stampa ( si tratta “del viaggio”) è il pretesto per ricongiungere alla prima scena volutamante grottesca la trama volutamente disconessa cronologicamente, ed è anche il perno su cui bilanciare momenti di ilarità e momenti fortemente drammatici. Bilanciamento supportato da attori sublimi, atmosfere seriose, e tematiche semplici (ma non trattate in maniera semplicistica) e tradizionaliste, perfettamente calate nel contestesto. Departures, ennesimo errore di titolazione internazionale ( il titolo originale sarebbe “Persona che accompagna alla partenza”), gode infatti di equilibrio stilistico e dell’egregio successo nel non facile passaggio dal grottesco al dramma, grazie anche alla armonia tra musica e morte. Ma come si diceva sopra è partecipe anche di difetti mirabili, e uno tra tutti promettere molto allo spettatore e poi non accontentarlo del tutto. Grandi temi, dal rapporto padre figlio a quello tra l’uomo e morte sono trattati, ma nessuno mai drasticamente prende il sopravvento nella mente di chi guarda, lasciando un sentore di incompiutezza innervosente. E se in alcune parti sembra un grande film dotato di presa su testa e sentimento, in altre sembra soltanto un lavoro d’autore nipponico. Un film, ottimo, ma che non rischia. E chi non rischia, non può nemmeno sbagliare.
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filippo catani
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mercoledì 12 giugno 2013
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la morte come ineluttabile viaggio
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Giappone. Un giovane violoncellista vede di colpo sfumare la sua carriera nell'orchestra a causa dello scioglimento della stessa. L'uomo allora decide di tornare al suo paese natale insieme alla moglie per sfuggire al costo degli affitti della capitale. Una volta sul posto, il ragazzo troverà lavoro come tanatoesteta. Questo inizialmente sconvolgerà sia lui che la moglie ma entrambi avranno modo di ricredersi.
Un bellissimo, delicato e commovente film sul tema della morte e non solo. Fare il tanatoesteta offrirà al ragazzo la possibilità di approcciarsi alla morte in modi sempre diversi ora drammatici (nelcaso della morte magari di una persona cara) oppure più ironici (quando magari scopre che alcuni hanno cambiato sesso) comunque sempre con il massimo rispetto.
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Giappone. Un giovane violoncellista vede di colpo sfumare la sua carriera nell'orchestra a causa dello scioglimento della stessa. L'uomo allora decide di tornare al suo paese natale insieme alla moglie per sfuggire al costo degli affitti della capitale. Una volta sul posto, il ragazzo troverà lavoro come tanatoesteta. Questo inizialmente sconvolgerà sia lui che la moglie ma entrambi avranno modo di ricredersi.
Un bellissimo, delicato e commovente film sul tema della morte e non solo. Fare il tanatoesteta offrirà al ragazzo la possibilità di approcciarsi alla morte in modi sempre diversi ora drammatici (nelcaso della morte magari di una persona cara) oppure più ironici (quando magari scopre che alcuni hanno cambiato sesso) comunque sempre con il massimo rispetto. Questo perchè la morte è un viaggio inevitabile che prima o poi toccherà a tutti noi e queste persone cercano di renderla il più sopportabile possibile. Bellissime sono le sequenze in cui si descrivono tutti gli atti con cui la salma viene truccata e preparata prima dell'ultima esposizione e della cremazione. Una serie di riti a cui anche gli astanti sono chiamati a partecipare mediante il rito della purificazione dalle fatiche terrene del corpo fatto tramite una piccola salvietta. Tutto deve essere preciso e fatto alla stessa meticolosa maniera indipendentemente dal culto professato e in perfetto orario (specialmente per noi italiani fa una certa impressione vedere la scena in cui i due tanatoesteti vengono rimproverati per un ritardo di cinque minuti ma in Giappone è la norma). Naturalmente questo lavoro è visto con tutta la diffidenza e la scaramanzia che accompagnano anche chi fa questo mestiere alle nostre latitudini (basti pensare ai vari gesti scaramantici che in tanti fanno vedendo passare un carro funebre). Il giovane protagonista e soprattutto sua moglie avranno delle difficoltà ma specialmente il primo pare proprio portato per questo lavoro. Il film non riflette solo sulla morte ma anche su eventi particolari della vita; il protagonista ha visto il padre andarsene quando era piccolo per inseguire un'altra donna così come ha fatto la giovane segretaria dell'agenzia funebre che ha abbandonato il tetto coniugale per una storia d'amore finita poi male. Personaggi che quindi sono molto tormentati e a cui fa da controaltare la figura posata del vecchio titolare un po' malinconico per aver perso la moglie ma che si consola con la cucina. Un film davvero bello giustamente premiato con l'Oscar che ci fa riflettere su un tema, la morte, che tanto angoscia ma che alla fine è quanto di più naturale ci possa essere alla fine del nostro viaggio terreno. Bellissime sono le parole con cui l'addetto alla cremazione accompagna il suo lavoro con lui che si vede come il custode del cancello che aiuta i defunti a superarlo. Belle le scenografie e le musiche per un vero e propio piccolo capolavoro.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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departures di yojiro takita - capolavoro
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Daigo (Motoki), violoncellista piuttosto imbranato nella vita, perso il lavoro torna nella cittadina in cui era nato e trova lavoro in un’azienda che prepara le persone per il Viaggio, la morte. Inizierà un percorso di crescita che lo cambierà profondamente. Preparato per oltre dieci anni, è uno dei migliori prodotti del cinema giapponese moderno, che ha conquistato anche l’Academy che ha deciso di premiarlo con l’Oscar 2009 come miglior film straniero. Poetico, ha molti momenti di incanto e alcune sequenze notevolissime, accompagnate dalla musica di violoncello. Di grande potenza alterna momenti di amara, eppur sempre gioiosa, riflessione a sequenza più divertenti, con l’imbranato protagonista che cerca di destreggiarsi con il proprio complesso lavoro.
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Daigo (Motoki), violoncellista piuttosto imbranato nella vita, perso il lavoro torna nella cittadina in cui era nato e trova lavoro in un’azienda che prepara le persone per il Viaggio, la morte. Inizierà un percorso di crescita che lo cambierà profondamente. Preparato per oltre dieci anni, è uno dei migliori prodotti del cinema giapponese moderno, che ha conquistato anche l’Academy che ha deciso di premiarlo con l’Oscar 2009 come miglior film straniero. Poetico, ha molti momenti di incanto e alcune sequenze notevolissime, accompagnate dalla musica di violoncello. Di grande potenza alterna momenti di amara, eppur sempre gioiosa, riflessione a sequenza più divertenti, con l’imbranato protagonista che cerca di destreggiarsi con il proprio complesso lavoro. Emozionante, senza mai cadere nel sentimentalismo, come solo i giapponesi sanno fare, ricorda le atmosfere dei grandi capolavori del passato, da Mizoguchi a Kurosawa. Molto interessante il contrasto voluto tra la moderna prima parte a Tokio e la seconda parte a Yamagata, dove si respirano le atmosfere campagnole e tranquille. Le sequenze nel bagno pubblico sono eccellenti ma la scena della cremazione della sua padrona è assolutamente straordinaria. Regia sicura, con carrellate circolari favolose. Paesaggi bellissimi, anche grazie all’ottima fotografia. Notevoli gli attori, su tutti l’anziano proprietario della NK, Yamazaki, sempre serissimo, come ci si aspetta da un anziano giapponese. Comunque anche l’impacciato protagonista se la cava egregiamente. Per una volta anche di questi tempi, possiamo dire che è veramente un film da non perdere.
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jayan
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domenica 28 aprile 2013
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una riflessione tra la vita e la morte
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FILM DEPARTURES
Una riflessione sulla vita e la morte.
Un capolavoro che fa riflette sul trapasso da questa vita, attraverso la morte, verso un’altra vita migliore. “La morte non è che un cancello… con la morte non finisce niente. E’ un cancello che si deve attraversare per proseguire il viaggio”.
Un film molto profondo, filosofico, che fa riflettere sul significato dell’esistenza.
Una musica originale al violoncello che accompagna lo spettatore verso un mondo più bello, che trascende i limiti della nostra esistenza.
Ogni scena di questo film è una poesia, ogni colore, ogni espressione degli attori è un piccolo quadro dell’infinito.
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FILM DEPARTURES
Una riflessione sulla vita e la morte.
Un capolavoro che fa riflette sul trapasso da questa vita, attraverso la morte, verso un’altra vita migliore. “La morte non è che un cancello… con la morte non finisce niente. E’ un cancello che si deve attraversare per proseguire il viaggio”.
Un film molto profondo, filosofico, che fa riflettere sul significato dell’esistenza.
Una musica originale al violoncello che accompagna lo spettatore verso un mondo più bello, che trascende i limiti della nostra esistenza.
Ogni scena di questo film è una poesia, ogni colore, ogni espressione degli attori è un piccolo quadro dell’infinito.
L’alternarsi di scene di dolore per la dipartita dei defunti con le scene di coloro che li preparano al “viaggio”, ci fa capire che la vita è un grande gioco, e che continua in altre forme. E che bisogna riconciliarci con coloro che abbiamo odiato, anche se questi coloro sono nostro padre o nostra madre. Non si può serbare rancore. Bisogna che trionfi di nuovo l’amore. Stupende immagini, stupenda musica, stupende interpretazioni, magnifico il regista che ha realizzato queto film. Molto commovente!
Un film da vedere e rivedere… per crescere!
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