Shrek terzo

Arriva Shrek terzo: così la mania per i sequel si fa mostruosa

Shrek Terzo? Non cercatelo solo al cinema: il faccione dell'irriverente color verde protagonista della saga animata, domina supermercati, librerie, negozi di giocattoli. Ad annunciare la terza puntata della serie, da oggi al cinema, dove vedremo la famiglia di mostri crescere grazie alla nascita di tre baby orchi, non sono stati solo i cartelloni pubblicitari, ma una straordinaria campagna di merchandising. «Non stupisce» dice Alberto Barbera, direttore del Museo del Cinema di Torino, «il cinema ha costi sempre più elevati e la programmazione in sala ormai e solo parte del business. È anche per non rischiare troppo che si punta sempre più sui sequel, che contano sul gradimento certo del pubblico». Così, mentre il presidente di DreamWorks Jeffrey Katzenberg annuncia un quarto e un quinto Shrek (che poi lascerà il posto a un personaggio dello stesso cartone, il Gatto con gli stivali) Hollywood si prepara a sfornare altri sequel. II più atteso è Indiana Jones, dove un attempato Harrison Ford torna a vestire i panni dell'avventuroso archeologo. L'uscita è prevista per maggio 2008, quasi vent'anni dopo quell'Ultima crociata, che credevamo avesse concluso la serie nel 1989.
Per capire perché il cinema si guardi sempre più alle spalle, basta sfogliare la top ten dei miglior incassi globali. Escludendo il kolossal Titaníc, che conduce la classifica da un decennio, troviamo soltanto saghe: Il Signore degli Anelli, Pirati dei Caraibi, Harry Potter, Guerre Stellari, Jurassic Park e Spider-Man. All'undicesimo posto, c'è Shrek 2, primo tra i cartoon, mentre Shrek Terzo, già uscito negli Usa, per ora è ventisettesimo, ma certo salirà ancora.
«Titanic, ispirato a una storia vera, è uno di quei rari film cui è impossibile dare un seguito» commenta Barbera, «ma è anche vero che James Cameron è un regista che ama le sfide e perciò si tiene lontano dalla logica dei sequel. Gli altri campioni d'incassi, è evidente, sono stati confezionati per un pubblico giovane, sensibile alle lusinghe di gadget e videogiochi».
Il giornalista americano Edward Jay Epstein he studiato il fenomeno sequel in The Big Picture: The New Logic of Woney and Power in Hollywood (Random Hoarse, 2000, definendolo addirittura il «tocco di Mida» delle grandi major, ciascuna con una saga in cassaforte che ne garantisce introiti e sopravvivenza: Disney ha puntato su Johnny Deep e i suoi pirati e si prepara a lanciare anche il secondo Cronache di Narnia, Time Warner annovera fra i suoi gioielli Harry Potter e Signore degli Anelli, Sony realizzerà presto il quarto Spider-Man e 20th Century Fox si affida ai superpoteri dei Fantastici Quattro. La mania dei sequel, e del conseguente merchandising, secondo Epstein va ricercata nel fatto che sempre più spesso gli incassi al botteghino non coprono le spese di produzione e promozione.
«Il successo» dice Steve Della Casa, conduttore del programma di RadioRai Hollywood Party, «ormai si consuma in poche settimane: senza merchandising di contorno, che rimpingua le casse, rinnova l'attesa e spinge il pubblico a vedere i film nei primi determinanti giorni di proiezione, e al mercato dei dvd, che garantisce il cinquanta per cento degli introiti finali, i conti non tornerebbero».
Insomma, fin da quando, nel 1931, Walt Disney fece di Biancaneve, eroina del suo primo lungometraggio a cartoni animati, un'icona commerciale, il cinema non è più solo un prodotto da vendere nelle sale ma riguarda molti altri mercati.
«Con un'avvertenza• precisa Barbera: «il sequel non va identificato esclusivamente col cinema commerciale: abbiamo eccellenti esempi d'autore, basti pensare al Padrino di Francis Ford Coppola, o all'epopea di Antoine Doinel raccontata da François Truffaut. Quello che accade oggi, piuttosto, è il sintomo della grande stanchezza di Hollywood, alle prese con la concorrenza di media sempre più tecnologici».
«Certo» aggiunge Steve Della Casa «la crescente offerta di seguiti risponde a una precisa richiesta di mercato, quella di un pubblico che si affeziona». Ma quanto a lungo si è disposti ad accettare la medesima formula? «Non c'è un limite» dice Barbera «una saga dura fin quando il pubblico risponde. Ma certo, bisogna dare l'impressione che quel che si vedrà contenga un elemento in più». Non a caso Sylvester Stallone, resuscitando Rambo, si guarda bene dall'aggiungere il numero quattro al titolo John Rambo: venticinque anni dopo, l'eroe è cambiato, vive a Bangkok ed è diventato ecologista.
Insomma, anche se ignoriamo come evolverà la storia dell'orco Shrek e di sua moglie Fiona, una cosa è certa, i loro bebè hanno il futuro assicurato: prossimamente su questo schermo...
Da Il Venerdì di Repubblica, 31 Agosto 2007

di Anna Lombardi, 31 Agosto 2007