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Shrek terzo: tra animazione e realismo

Per il terzo episodio di Shrek la Dreamworks decide di puntare sul realismo.
di Gabriele Niola

Il terzo episodio della saga

lunedì 27 agosto 2007 - Making Of

Il terzo episodio della saga
Non è mai facile misurarsi con un seguito, figuriamoci con il terzo episodio di una saga. E questo è particolarmente vero per il cinema di animazione dove, con il passare degli anni, la tecnologia progredisce e i personaggi acquistano continuamente più dettagli, più possibilità espressive e maggiore realismo: "Certo il mondo di Shrek non è iperrealistico ma lo stesso esiste un certo grado di realismo" ha dichiarato il supervisore agli effetti visuali Philippe Gluckman.
Arrivati al terzo capitolo di Shrek il problema alla Dreamworks non era tanto gestire i nuovi personaggi inseriti per dare dinamismo alla serie, quanto quelli più vecchi i cui difetti di animazione e le cui peculiarità sono portate avanti fin dal primo film. Per questo fin dall'inizio della produzione del terzo episodio della serie animata dell'orco verde è stata presa la decisione di rivedere dalle fondamenta l'animazione dei personaggi principali, donandogli nuova linfa e nuove caratteristiche in virtù dei progressi tecnologici dell'animazione.
Con un budget superiore a quello dei primi due episodi e con rinnovate potenzialità di calcolo il lavoro su Shrek terzo non solo è stato qualitativamente superiore ma ha anche necessitato di meno tempo: molti dei virtuosismi tecnici adottati infatti non erano novità assolute ma già si erano visti nel secondo episodio, solo che all'epoca avevano necessitato di uno sforzo produttivo immane.

Questioni d'illuminazione virtuale
Uno degli obiettivi più importanti che sono stati raggiunti con la lavorazione di Shrek terzo è stato lo studio sulle possibilità d'illuminazione del cinema creato al computer, fare in modo che la luce virtuale riflettesse il comportamento che la luce ha nel mondo reale. Il problema infatti è che nella realtà la luce rimbalza da un oggetto all'altro, cosa che non è semplice da spiegare a un computer.
Lo studio su una soluzione che rendesse possibile la corretta diffusione della luce sui set virtuali era già un obiettivo della Dreamworks durante la lavorazione di Shrek 2, ma la cosa importante era giungere a una soluzione che fosse pratica e veloce, poiché ogni inquadratura necessita di simili accorgimenti ed è troppo complicato simulare manualmente tutte le rifrangenze della luce.
Alla fine dunque la Dreamworks ha dovuto sviluppare per Shrek terzo una propria soluzione, elaborata in casa e non fatta pervenire da studi d'animazione esterni. E il risultato sembra aver galvanizzato il team: "C'è una scena in particolare, quella in cui Fiona e le amiche principesse corrono sotto gli architravi" ricorda Gluckman "dove tutto è illuminato con una luce generale. Il problema era che molti elementi architettonici, specialmente quelli che richiedono un elevato livello di dettaglio per essere resi, tendono a sembrare un po' morti. Questo problema l'abbiamo risolto appunto con il nuovo utilizzo che potevamo fare della luce, infatti la rifrangenza dell'illuminazione tra i vari oggetti conferiva a ognuno una ricchezza particolare".
Da un altro punto di vista è da ricordare anche la scena in cui Shrek in catene combatte contro il principe, in quel caso le nuove tecniche di illuminazione hanno permesso un uso drammatizzante della luce che è decisamente molto funzionale al racconto.

L'animazione capello per capello
Tra i mille passi in avanti che una maggiore potenza di calcolo ha permesso agli animatori di Shrek terzo, particolare rilevanza l'ha assunta il dettaglio dei capelli, incubo di ogni animatore fin dall'alba dei tempi.
Solitamente infatti i capelli vengono trattati come una massa unica per semplificarne l'animazione, ma con l'arrivo del disegno 3D realistico (quindi non quello di marca Pixar) si è tentato sempre di più di rendere "l'indipendenza" che ogni capello ha nel mondo reale attraverso modelli sempre più complessi. Risultato ottenibile fino a prima di Shrek terzo unicamente attraverso l'utilizzo di un numero extra di animatori addetti unicamente a quel lavoro.
Sempre Gluckman spiega come "Il modo in cui i capelli si muovono è molto complesso. In Shrek 2 ci sono solo poche scene in cui il movimento dei capelli è a un buon livello, come quella in slow motion del principe. Era un ottimo risultato ma è stato inaccettabile quanto ci è costato in termini di lavoro, cioè mesi". Per Shrek terzo dunque l'idea era di avere sequenze del medesimo realismo in tutto il film, trovando una maniera di velocizzare il processo.
Ancora una volta la soluzione è stata trovata internamente, programmando un software apposito in grado di gestire in maniera rapida e affidabile il movimento dei capelli che sfruttasse la potenza di calcolo maggiore di cui si gode oggi.

L'aumento del guardaroba
Infine anche il vestiario dei protagonisti è stato sottoposto a una forte revisione tecnica.
Una cosa poco nota infatti è che nei cartoni animati si tende quanto più è possibile a limitare i cambi d'abito dei personaggi e a fare sì che questi indossino sempre abiti molto aderenti al corpo, perché altrimenti per ogni movimento del personaggio ci dovrebbe essere una reazione dell'abito, cosa che comporterebbe ulteriori sessioni di disegno e animazione.
Nel primo film della saga di Shrek era possibile dare un movimento libero e indipendente solo a pochissimi elementi, ed è per questo motivo che, per esempio, il vestito della principessa Fiona aveva solo la gonna libera di muoversi e il resto era attaccato al corpo. Adesso invece la conquista tecnica è stata poter vestire liberamente i personaggi dotandoli anche, se è il caso, di abiti che siano larghi e dotati di movimenti indipendenti e realistici.
In Shrek terzo dunque è stato possibile fare molti cambi di vestiti, cosa che ha dato un certo realismo e una maggiore credibilità ai personaggi delle principesse amiche di Fiona, e che ha reso possibile la scena in cui Fiona e Shrek vengono vestiti in maniera regale con abiti che sono costituiti da diversi strati di stoffa.
Infine soluzioni come queste portano vantaggio non solo alla resa dei singoli personaggi ma anche alle scene di massa, dove ognuna delle comparse virtuali può avere una silhouette differente.

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