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domenica 12 marzo 2023
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imprecisione nella trama
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Mi chiedo come l'Autrice del commento possa affermare che Andy non dice a Hank che.la gioielleria è quella dei genitori. Glielo dice nel suo ufficio quando gli rivela il piano. L'enfasi nel commento sostituisce una maggiore attenzione?
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alessandro spata
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domenica 24 ottobre 2021
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"il segreto degli innocenti"
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Mi scuso anticipatamente se i contenuti di questa riflessione risulteranno ripetitivi ma non ho letto i commenti precedenti. Dunque, ho (ri)visto recentemente “Onora il padre e la madre” a tanti anni di distanza dalla sua uscita. Un titolo significativo quello italiano. Ma per il semplice motivo che conferma ulteriormente come gli addetti per mestiere alla traduzione dei titoli dei film stranieri, nel loro eroico sforzo di sintetizzare in poche parole il nucleo di un intero film dispongano evidentemente di un talento tutto particolare nel non capirci un bel nulla tante volte dei film in questione (ammesso che li abbiano visti). Un difetto di comprendonio per me talmente imperdonabile che avrei amato vedere a suo tempo gli incauti traduttori deferiti presso un qualche “tribunale dell’inquisizione spagnola” (se a quel tempo fosse esistito il cinema, si capisce).
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Mi scuso anticipatamente se i contenuti di questa riflessione risulteranno ripetitivi ma non ho letto i commenti precedenti. Dunque, ho (ri)visto recentemente “Onora il padre e la madre” a tanti anni di distanza dalla sua uscita. Un titolo significativo quello italiano. Ma per il semplice motivo che conferma ulteriormente come gli addetti per mestiere alla traduzione dei titoli dei film stranieri, nel loro eroico sforzo di sintetizzare in poche parole il nucleo di un intero film dispongano evidentemente di un talento tutto particolare nel non capirci un bel nulla tante volte dei film in questione (ammesso che li abbiano visti). Un difetto di comprendonio per me talmente imperdonabile che avrei amato vedere a suo tempo gli incauti traduttori deferiti presso un qualche “tribunale dell’inquisizione spagnola” (se a quel tempo fosse esistito il cinema, si capisce). Ma a parte le note sadiche del mio carattere, immaginate cosa possa significare per un romanziere italiano ad esempio, vedere il titolo straniero del proprio libro stravolgere totalmente non solo il titolo italiano ma persino i temi stessi del libro. Emblematico a questo proposito fu “Uomini e no” il libro di Elio Vittorini che la leggenda vuole si fosse incazzato pare come una bestia quando l’incauto traduttore francese intitolò il suo libro con “Les Homme e les autre” che sconvolgeva ovviamente l’asse portante di tutto il testo nonché le intenzioni dell’autore italiano. Ma i registi stranieri non hanno proprio nessun controllo sulla traduzione dei loro titoli? Evidentemente no perché allora dovrebbero fare causa pure per certi doppiaggi, ma questa è un’altra storia.
Ma tornando al film in questione. Saranno stati gli spazi chiusi, i contesti claustrofobici ritratti nel film, luoghi (de)limitati dove predominano le inquadrature di ambienti interni. E poi le luci cupe e i colori foschi , freddi in cui si dibattono i personaggi. Luci e ombre di un’umanità senza speranza. O forse le musiche di Burwell (tra “Howard Shoree Michael Nyman”) struggenti al punto giusto come struggenti sono le espressioni dei protagonisti continuamente schiacciati dalla “nostalgia per qualcosa di cui erano consapevoli ma che ora hanno dimenticato”. Sopraffatti dai ricordi di qualcosa che hanno sempre desiderato ardentemente, ma che mai hanno vissuto. Oppressi invece dalla paura, dalla vergogna, dai sensi di colpa, dall’odio, dal risentimento e dalla rabbia. Se avessi potuto avrei consigliato di tradurre il bel titolo inglese “Before the devil knows you ‘re dead" con - I segreti degli “innocenti” -. Dove l’espressione “innocenti” è ovviamente sarcastica e “segreti” è “indicativo di una negazione collettiva che si manifesta in famiglia come funzionale”. I segreti sono i tabù, i “non-detto”, i fantasmi che inibiscono il dialogo e deformano lo sviluppo e le dinamiche del nucleo familiare come sistema emotivo e relazionale.
Forse è per tutto questo che ancora una volta mi è venuto un parallelo con un altro film “Il silenzio degli innocenti”. Solo che qui di “innocenti” non c’è proprio ombra. Ma sarà pur vero che ci sono diversi gradi di responsabilità e che non tutte le colpe sono uguali? Vi ricordate il manifesto del “silenzio degli innocenti” che raffigura “Clarisse” (direi) con una farfalla che copre le sue labbra quasi a volerle chiudere. Un organismo così fragile in apparenza, la farfalla, simbolo di una bellezza eterea che sta li elegantemente ad otturare la bocca dell’inferno: perché sono proprio le nostre labbra che come un vaso di pandora rischiano di sprigionare tante volte tutto il peggio di cui un essere umano può essere capace. Un coacervo incontrollato di sentimenti, emozioni, intenzioni che possono rivelarsi devastanti per chi li esprime e per chi li subisce. E non c’è legame familiare che tenga, pare.
Forse aveva ragione il buon Marx lucido e fin troppo razionale osservatore delle cose umane quando proponeva che - il processo della domanda e dell’offerta non è alla base soltanto della produzione di merci di consumo. Questa dialettica produce, pare, anche persone, caratteri, personalità e modella le relazioni umane -. Persino le relazioni del gruppo famiglia? La famiglia dentro la quale e in nome della quale si commettono spesso nefandezze inaudite. È proprio vero che i rapporti umani sono essenzialmente rapporti economici, dunque? E tuttavia continuo a pensare che – neppure la frequente denutrizione intellettuale e affettiva – nemmeno le recessioni economiche e i vari crack di Wall Street possono spiegare completamente certe aberrazioni di pensiero, certi agiti infami.
Sembra questo un film senza speranza. Ma non è poi così vero. Qui sembra in realtà che non siano né il destino, né il caso, né l’ambiente a guidare le nostre vite (non completamente, almeno) Sembra invece che siano le nostre scelte a condizionarci. I protagonisti sono vittime delle loro stesse libere azioni e non ci sono scuse ulteriori. Il messaggio di speranza risiede soprattutto nel voler dire che nonostante siamo continuamente sballottati tra destino, caso, esperienza, economia in questo bailamme si conserva comunque un piccolo spazio in cui possiamo ancora esercitare la libertà delle nostre scelte. Insomma il messaggio è bello e terribile e per lo stesso motivo. È bello perché posso scegliere; perché una parvenza di controllo sulla mia vita e ancora possibile. È terribile perché aumenta grandemente la responsabilità di ciascuno. Ma la responsabilità è bella alla fin fine perché vorrebbe dire che posso decidere pur sempre che direzione prenderà la mia vita. Non è sempre così ovviamente. Ma è tanto bello sentirselo ripetere ogni tanto.
Dal film sembra emergere un’umanità impazzita o meglio la“rappresentazione caotica e disarmonica” della società che finisce per restituirci individui disperatamente soli che “non fanno niente per niente”. Varianti “isolate” impazzite, che però sono “condannate” ad intrattenere relazioni funzionali con le altre parti altrettanto “isolate” altrettanto impazzite) del sistema, legati come sono inevitabilmente da reciproci rapporti di interdipendenza.
Non si capisce chi è la vittima e chi il carnefice qui. Siamo tutti succubi di quel meraviglioso e terribile istituto della famiglia da cui tutto si dipana secondo alcuni? Oppure schiavi di un inconscio collettivo, in preda a pulsioni irrisolte e oscure? Forse sta proprio qui la maestositàdel capolavoro di Lumet. Forse così si spiega la sua resistenza nel tempo. Questo è un film che avvilisce lo spettatore o lo esalta al contempo perché passa a lui/lei l’onere e l’onore della risposta. Allo spettatore è ancora una volta demandato l’arduo compito di terminare il film. Spetta a noi la scelta (ancora una volta) di decidere quale sia il significato ultimo. Un film “irrisolto” nel senso che non fornisce ricette universali ed è per questo che usciamo dalla visione del film atterriti e disgustati. La reazione di tutti coloro che non comprendono cosa gli sta succedendo. Forse è vero, siamo meno liberi di quanto crediamo, ma pur sempre liberi.
Scusate l’eccesso di retorica a tratti, ma sto scrivendo sopra le note della musica di Burwell.
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fabio57
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martedì 10 maggio 2016
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notevole prova di lumet
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Regista straordinario, riesce sempre attraverso il suo cinema ad entrare nelle complesse dinamiche psicologiche di persone normali o deviate, che rompono imrpvvisamente la routine e fanno qualcosa di insolito,grave e inaspettato.L'abisso morale in cui precipitano i protagonisti,è raccontato con disarmante semplicità, a ricordarci come è facile coinvolgersi e scivolare nel baratro del delitto pù efferato, pur non avendo di base tendenze criminali.Monito a tutti, quando vediamo al tg interviste ai parenti o vicini del "mostro" non dobbiamo stupirci di sentire,frasi come" era una brava persona sempre affabile, gentile ed educato".
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Regista straordinario, riesce sempre attraverso il suo cinema ad entrare nelle complesse dinamiche psicologiche di persone normali o deviate, che rompono imrpvvisamente la routine e fanno qualcosa di insolito,grave e inaspettato.L'abisso morale in cui precipitano i protagonisti,è raccontato con disarmante semplicità, a ricordarci come è facile coinvolgersi e scivolare nel baratro del delitto pù efferato, pur non avendo di base tendenze criminali.Monito a tutti, quando vediamo al tg interviste ai parenti o vicini del "mostro" non dobbiamo stupirci di sentire,frasi come" era una brava persona sempre affabile, gentile ed educato".La bestia è spesso vicino a noi ,ma è difficile scorgerla o stanarla.
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sabato 26 settembre 2015
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conflitti di famiglia
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Andy e Hank sono due fratelli che trovandosi in difficolta economiche decidono di fare una rapina alla gioielleria dei genitori. Conoscono tutto del negozio e delle abitudini di chi ci lavora e sono convinti che si tratterà di un gioco da ragazzi senza nessun pericolo. Hank cerca collaborazione in un “esperto”, e sarà proprio lui a trasformare la rapina in una tragedia.
Sidney Lumet ci porta subito nel cuore del film, la rapina col suo esito drammatico. E di li comincia a ripercorrere i giorni precedenti di ciascuno dei protagonisti, i due fratelli e il padre, sottolineando come per ognuno di loro la vita sia povera anche dal punto di vista affettivo. Un film centrato sulla figura di questi tre uomini, sule loro relazioni e sul rapporto familiare evidenziando il conflitto tra il primogenito e il padre.
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Andy e Hank sono due fratelli che trovandosi in difficolta economiche decidono di fare una rapina alla gioielleria dei genitori. Conoscono tutto del negozio e delle abitudini di chi ci lavora e sono convinti che si tratterà di un gioco da ragazzi senza nessun pericolo. Hank cerca collaborazione in un “esperto”, e sarà proprio lui a trasformare la rapina in una tragedia.
Sidney Lumet ci porta subito nel cuore del film, la rapina col suo esito drammatico. E di li comincia a ripercorrere i giorni precedenti di ciascuno dei protagonisti, i due fratelli e il padre, sottolineando come per ognuno di loro la vita sia povera anche dal punto di vista affettivo. Un film centrato sulla figura di questi tre uomini, sule loro relazioni e sul rapporto familiare evidenziando il conflitto tra il primogenito e il padre. Entrambi vivono la delusione di non aver risposto alle aspettative dell’altro. Ed è proprio questo conflitto che diventa il terreno fertile in cui Andy organizzerà la rapina che si trasforma in una tragedia familiare. Una storia che pur se resa esplicita dal principio trova la sua chiave di interesse nell’attenta descrizione della vita psicologica dei protagonisti
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fabal
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venerdì 11 settembre 2015
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l'ultimo film di lumet
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Afflitti da gravi problemi economici due fratelli decidono di rapinare una gioiellieria. Tutto va per il verso sbagliato e il complice ci lascia le penne. Ma il come e il perché lo capiremo a poco a poco tramite un'abile costruzione narrativa, in cui si alternano, con diverse focalizzazioni, presente e passato.
Nei primi minuti lo spettatore deve ricordarsi di respirare, talmente efficace è la scelta di Lumet di illustrare subito la rapina. Onora il padre e la madre si presenta senza fronzoli come un thriller schietto, ritmato e moderno. Giusto per chiarire - se mai ce ne fosse bisogno - che nonostante gli 83 anni Lumet è un regista tenace per il quale restare al passo coi tempi è solo il minore dei pregi.
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Afflitti da gravi problemi economici due fratelli decidono di rapinare una gioiellieria. Tutto va per il verso sbagliato e il complice ci lascia le penne. Ma il come e il perché lo capiremo a poco a poco tramite un'abile costruzione narrativa, in cui si alternano, con diverse focalizzazioni, presente e passato.
Nei primi minuti lo spettatore deve ricordarsi di respirare, talmente efficace è la scelta di Lumet di illustrare subito la rapina. Onora il padre e la madre si presenta senza fronzoli come un thriller schietto, ritmato e moderno. Giusto per chiarire - se mai ce ne fosse bisogno - che nonostante gli 83 anni Lumet è un regista tenace per il quale restare al passo coi tempi è solo il minore dei pregi. Il maggiore è quello di presentare un film organico, senza divagazioni gratuite né di ritmo né di camera, capace di fondere la tensione con la disperata intimità dei personaggi. La struttura narrativa fatta di avanti e indietro ricorda per certi versi Memento ma, a differenza di Nolan, Lumet non ne fa il tratto essenziale e urlato del film, ma solo la scelta di raccontarlo. Altra caratteristica inconfondibile è il climax degenerativo degli eventi, che ricorda Quel pomeriggio, ma, sempre in omaggio alla modernità, non può non far pensare anche a Tarantino o ai Coen. Lumet si misura con tutti senza aver nulla da dimostrare, con la sicurezza di chi ha alle spalle un patrimonio classico come Assassinio sull'Orient Express e Trappola mortale. Ma Onora il padre e la Madre non è per niente "neoclassico", pur avvalendosi della solita maestria nel dirigere dialoghi tesi e serrati, eredità del capolavoro La parola ai giurati. Abituato da sempre a dirigere cast stellari, oltre che numerosi, il regista trova in Philip Seymour Hoffman un antieroe scaltro ma di squisita fragilità, bravissimo nel simulare cinismo quanto nel cedere alla disperazione. Hawke è invece agitatissimo, un cuore puro che si trova nei guai fino al collo, perseguitato dai parenti del complice e senza un soldo. Nessun personaggio, nemmeno il vendicativo padre interpretato da un ottimo Finney, ne esce pulito, lasciando un senso di disperazione e cinismo che non è nuovo ad altri registi americani ugualmente spietati. Ma senza il vuoto sociale che troviamo, ad esempio, nel ben più freddo cinema di Altman: i personaggi di Lumet sono invece ben approfonditi, esasperati nella loro perdita di controllo sugli eventi, tutti sostanzialmente fragili e incostanti.
Se Onora il padre e la madre sia effettivamente un capolavoro o se parte del suo valore sia un doveroso ossequio alla carriera, poco importa. Quel che importa, invece, è che Lumet riesca ancora a superarsi, con un film fedele alla sua storia registica, ma decisamente" nuovo" . Le pecche di un finale forse esagerato sono trascurabili, e possono essere bilanciate da alcune scene antologiche. Come Andy che versa i sassi colorati sul tavolino di vetro.
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noia1
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lunedì 7 settembre 2015
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apologo sulla decadenza della società
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Un ragazzo coinvolge il fratello in una rapina ai danni dei genitori, qualcosa però va storto.
Thriller teso, messo in scena come film d’autore, dai tempi lunghi alle ambientazioni sontuose, dalle inquadrature misteriosamente significative alla profondità tragica con cui vengono affrontati alcuni temi. Film che in realtà si rivela intricato, gigantesca indagine dell’anima di una famiglia nella società contemporanea, una famiglia vivisezionata dove ognuno pian piano rivela tutto ciò di quanto più squallido lo caratterizza, nessuno si salva e, anzi, se c’è qualcuno di buono è riconosciuto dall’importanza marginale che riveste.
Costruzione atipica di una trama coinvolgente, non si è costretti a proseguire perché dinnanzi a rivelazioni stupefacenti, il regista, piuttosto di mostrarne il proseguo, ne spiega le cause scoprendo una trama senza un attimo di tregua, senza cinque minuti dove non si resti col fiato sospeso.
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Un ragazzo coinvolge il fratello in una rapina ai danni dei genitori, qualcosa però va storto.
Thriller teso, messo in scena come film d’autore, dai tempi lunghi alle ambientazioni sontuose, dalle inquadrature misteriosamente significative alla profondità tragica con cui vengono affrontati alcuni temi. Film che in realtà si rivela intricato, gigantesca indagine dell’anima di una famiglia nella società contemporanea, una famiglia vivisezionata dove ognuno pian piano rivela tutto ciò di quanto più squallido lo caratterizza, nessuno si salva e, anzi, se c’è qualcuno di buono è riconosciuto dall’importanza marginale che riveste.
Costruzione atipica di una trama coinvolgente, non si è costretti a proseguire perché dinnanzi a rivelazioni stupefacenti, il regista, piuttosto di mostrarne il proseguo, ne spiega le cause scoprendo una trama senza un attimo di tregua, senza cinque minuti dove non si resti col fiato sospeso.
Apologo sui costumi decaduti di una società allo sbando, di fronte a scelte difficili, tutti scelgono l’opzione peggiore. L’incomunicabilità di un padre verso il figlio, il peso della famiglia sul figlio malgrado tutto, la mancanza di personalità del fratello oppresso, una società che lascia affogare questi poveracci nella loro angoscia. Film immenso, senza speranza o morale, duro, vero, estremo, con Philip Seymour Offman sempre più potente e bravo rispetto agli altri.
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giorpost
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giovedì 3 settembre 2015
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il lascito di lumet con un gigantesco p.s. hoffman
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Nell' anno 2007 il grande e compianto regista americano Sidney Lumet sforna il suo ultimo lavoro, Onora il padre e la madre (USA), un dramma diretto in modo innovativo e al contempo intriso dei più classici tecnicismi del film d' autore e certamente uno dei suoi capolavori.
Siamo all' interno di un nucleo familiare apparentemente eterogeneo ma unito, formato da una coppia anziana propietaria di una gioielleria a conduzione familiare, un figlio in carriera (e in carne), un altro più giovane, bello e scaprestato ma con problemi economici e matrimoniali ed una figlia ordinaria che passa inosservata. Gran parte di questo ritratto, schermato dalle apparenze, inizia a sfaldarsi ed a svelare mano a mano mutamenti e retroscena che sorprendono sempre più lo spettatore.
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Nell' anno 2007 il grande e compianto regista americano Sidney Lumet sforna il suo ultimo lavoro, Onora il padre e la madre (USA), un dramma diretto in modo innovativo e al contempo intriso dei più classici tecnicismi del film d' autore e certamente uno dei suoi capolavori.
Siamo all' interno di un nucleo familiare apparentemente eterogeneo ma unito, formato da una coppia anziana propietaria di una gioielleria a conduzione familiare, un figlio in carriera (e in carne), un altro più giovane, bello e scaprestato ma con problemi economici e matrimoniali ed una figlia ordinaria che passa inosservata. Gran parte di questo ritratto, schermato dalle apparenze, inizia a sfaldarsi ed a svelare mano a mano mutamenti e retroscena che sorprendono sempre più lo spettatore.
Protagonista assoluto del film, un gigante che ci ha lasciati troppo presto, un attore che in pochi anni di carriera mi ha costanemente spiazzato tale è stata la sua bravura: Philip Saymour Hoffman. Al netto delle sue variegate interpretazioni che l' hanno visto, tra gli altri, vestire i panni di una drag queen, di un maggiordomo precisino e imperterrito, di un professore invaghito di una sedicenne, del villain di Mission Impossible III, di Truman Capote e via discorrendo, in questa pellicola l' interprete di Rochester supera non solo se stesso, ma una vasta gamma di altre grandi prove della Storia del Cinema arrivando, a mio modestissimo avviso, nella top ten.
In questo lavoro, dal titolo originale "Before devil knows you' re dead" (antico detto irlandese), Hoffman veste i panni del fratello maggiore Andy, con un lavoro dallo stipendio a 6 cifre, mogliettina sexy ed una elegante SAAB in dotazione. Apparentemente tutto gli fila liscio, ma nasconde più di un segreto incoffessabile in quanto dall' oggi al domani propone al fratellino Hank (Ethan Hawk) di organizzare una rapina nientemeno che nella gioielleria di famiglia per dare una svolta alle loro vite. Dopo molte titubanze Hank accetta, perchè sotto pressione della ex moglie (non riesce a passargli gli alimenti) ed è sommerso dai debiti, ma pur essendo lui il dedignato ad eseguire il colpo, in quanto Andy è eccessivamente esposto per il lavoro che svolge, Hank (impaurito ed insicuro) all' insaputa del fratello assolda un conoscente a corto di quattrini di nome Bobby.
Nel negozio invece della commessa, a riposo, si trova proprio la loro madre che reagisce al furto ed uccide Bobby ma viene a sua volta gravemente ferita. Solo dopo diverse ore i due fratelli si rendono conto che quella in fin di vita non è la commessa, che era inizialmente di turno, ma proprio l' anziana madre e parte così una rapida quanto inesorabile escalation che porta Andy a dover prendere, una dopo l' altra, decisoni critche per cercare di riprendere la situazione in mano. Proprio in questa fase del film affiorano i suoi problemi con l' eroina e sul lavoro, dove si saprà che ha speculato sulle fatturazioni. Stretto in una morsa tra sensi di colpa, il fratello terrorizzato ed un padre che, si scopre, gli abbia sempre preferito Hank e che gli ha provocato mancanza d' affetto, viene anche a sapere dei continui tradimenti della moglie proprio con suo fratello, notizia per la quale ha una reazione a dir poco sorprendente.
La prova di Hoffman è un crescendo, il suo personaggio entra nel vortice della pazzia quando è costretto a procurarsi soldi per salvare il fratello dalle minacce della moglie ed il cognato di Bobby, iniziando anche ad uccidere come non ci fosse un domani. Alla fine della storia realizziamo che quasi tutta la famiglia ha, per svariate ragioni, commesso un reato o quantomeno premuto il grilletto ed inoltre si comprende anche il significato del detto "che tu possa arrivare in paradiso mezz' ora prima che il diavolo si accorga che sei morto che sta nel titolo di un' opera la cui trama si snoda soprattutto nell' identificabilità tra padre e figlio e sui problemi che possono derivarne, a partire da una fragilità interiore impossibile da gestire, come nel caso di Andy.
L' interpretazione di Philip Saymour Hoffman è sconvolgente, metodica e cadenzata nei ritmi e nell' evoluzione del personaggio: qualcosa di paragonabile l' ho visto raramente. Tengono testa al compianto attore anche Ethan Hawk, stavolta efficace come non mai, e i vari co-protagonisti, a partire dal grande caratterista Albert Finney e finendo a Marisa Tomei per la quale è stata girata anche una sequenza pseudo-comica quando prende il pesante trolley in mano per lasciare Andy con i suoi guai. L' opera è composta da flashback che partono dalla fine di una scena già vista, ma inquadrata da altra angolazione con una tecnica sopraffina, accompagnata da un' accattivante ed aggressiva fotografia e da un missaggio ed un montaggio praticamente perfetti.
Voti: 9 a Lumet, 10 ad Hoffman.
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enzo70
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giovedì 20 agosto 2015
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grande cinema
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Sisney Lumet mette in scena una angosciosa odissea sulla crisi dei rapporti famigliari. Andy, grandioso Philip Seymour Hoffman, al solito grandioso, e Hank, Ethan Hawke, sono figli di una famiglia borghese, i genitori hanno una gioielleria in un centro commerciale, e sono ambedue in cattive acque. Andy è il fratello maggiore, quello sicuro di se, nonostante abbi truccato i conti della società per la quale lavora per mantenere il suo stile di vita ed il vizio dell’eroina; Hank è fragile, e nella sua fragilità combina disastri. Il piano per risolvere i problemi ideato da Andy è semplice, rapinare la gioielleria dei genitori, lavoro facile, facile. Ma le cose vanno proprio come non dovevano andare ed inizia un angoscioso viaggio nel dolore del disagio provocato dall’assenza di valori.
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Sisney Lumet mette in scena una angosciosa odissea sulla crisi dei rapporti famigliari. Andy, grandioso Philip Seymour Hoffman, al solito grandioso, e Hank, Ethan Hawke, sono figli di una famiglia borghese, i genitori hanno una gioielleria in un centro commerciale, e sono ambedue in cattive acque. Andy è il fratello maggiore, quello sicuro di se, nonostante abbi truccato i conti della società per la quale lavora per mantenere il suo stile di vita ed il vizio dell’eroina; Hank è fragile, e nella sua fragilità combina disastri. Il piano per risolvere i problemi ideato da Andy è semplice, rapinare la gioielleria dei genitori, lavoro facile, facile. Ma le cose vanno proprio come non dovevano andare ed inizia un angoscioso viaggio nel dolore del disagio provocato dall’assenza di valori. Il problema economico diventa, quindi, lo spunto con il quale Lumet fa emergere una serie di elementi che pongono al centro dell’attenzione dello spettatore l’importanza della solidità della famiglia, splendido il dialogo tra Andy ed il padre affranto dal dolore. Grande cinema, ma preparatevi a grandi angosce.
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dario
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lunedì 6 aprile 2015
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agghiacciante
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E' un film di attori e di regia. I primi coprono le indecisioni della seconda e i buchi della sceneggiatura. L'insieme è tenuto ad alti livelli da una morale di fondo che si discosta dalla solita lezioncina sul mamterialismo americano. Il film è cupo perchè è cupa la materia che tratta. Qui non manca il coraggio di scendere negli abissi dell'animo umano. Grande cinema, appesantito dal finale, risolto in maniera granguignolesca, andando fuori fase per eccesso di moralità. Ma per tre quarti si avvicina al capolavoro.
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joker 91
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martedì 4 febbraio 2014
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l'ultimo grande lumet
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Lumet ci regala con questa magnifica pellicola il suo ultimo e sofferto film. Lumet presenta una umanità distorta,sconcia e ripiegata sul peccato ma bisognosa di redenzione e cambiamento. Un cast stellare da Hawke al grandissimo premio oscar Hoffman (scomparso prematuramente con il suo grandissimo talento),il nucleo famigliare medio rappresentato a una metafora universale,la pellicola rappresenta semplicemente ciò che siamo e ciò che è sempre stato il mondo dagli albori della storia. Un film non per tutti,forte ma riflessivo con musiche e interpretazioni perfette
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