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Noi due sconosciuti: il dolore per la perdita

Nel suo nuovo film Susanne Bier elabora il lutto di una donna rimasta vedova.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

venerdì 26 ottobre 2007 - Incontri

Il film
Quando Audrey rimane improvvisamente vedova con due bambini da crescere da sola è talmente sconvolta dal dolore che si rivolge al miglior amico del marito, Jerry, pur non avendolo mai sopportato. Jerry è un ex avvocato, devastato dalla tossicodipendenza, che trova nella famiglia dell'amico un pretesto per provare a disintossicarsi e ricominciare una nuova vita. Ma Audrey, che non riesce a elaborare il lutto, comincia a sentire la presenza dell'uomo nella sua casa come una minaccia alla memoria del marito. Per il suo esordio dietro la macchina da presa in terra statunitense, la danese Susanne Bier fa una profonda riflessione sulle conseguenze della morte. Forte dell'esperienza e del talento dei premi Oscar Halle Berry e Benicio Del Toro, la regista porta sullo schermo un film intenso, doloroso, introspettivo. Ne abbiamo parlato con le due donne di Noi due sconosciuti, Susanne Bier e Halle Berry.

L'esperienza americana
Susanne Bier: Sono stata molto fortunata perché la persona che aveva deciso di produrre il film mi ha sostenuta e protetta e ha spiegato alla Dreamworks quello che volevo. A ogni modo neanche la Dreamworks voleva fare di Noi due sconosciuti un blockbuster, e non mi sono mai sentita obbligata a fare cose che non volevo fare o a rinunciare al mio stile. L'onestà e le realtà emotive non consistono nel documentare quello che succede ma nell'avere un'impostazione personale che possa aggiungere agli elementi colore, odore. Nel caso della pioggia, per esempio, rappresenta lo stato d'animo dei protagonisti, rispecchia i loro sentimenti. Non mi piace lanciare messaggi con i miei film, mi sembra di trattare il pubblico dall'alto in basso, voglio essere molto più generosa con lo spettatore. Nel caso di Noi due sconosciuti il contenuto è ricco di dolore, c'è il lutto, ma alla fine c'è anche la speranza. Non avrei fatto il film se non ci fosse stata questa speranza.

Lavorare con Susanne
Halle Berry: Susanne è una regista molto generosa. Ci ha permesso di fare le prove ogni mattina per vedere se le scene funzionavano e ha preso in considerazione molti suggerimenti che le davamo. Sul set c'era un'atmosfera di grande collaborazione e questo ci ha permesso di entrare nei nostri personaggi e di creare con realismo le dinamiche. Quanto al mio rapporto con il lutto e con il dolore di fronte a una scomparsa, non l'ho mai provato, si è trattato di un territorio nuovo da scoprire e investigare. Ho cercato di immedesimarmi nella situazione. Mi è capitato invece di interpretare donne dipendenti, un territorio che conosco meglio perché mio padre era alcolizzato. Ma quando finisco di lavorare tendo a levarmi l'abito e riporlo nell'armadio perché non è sano portarsi addosso un ruolo fuori dal set. La scena del pianto, quando il mio personaggio elabora finalmente il lutto, non è stata affatto difficile da girare, perché era stata scritta molto bene e sapevo esattamente cosa fare. È stata molto più difficile la scena in cui Audrey dice a Jerry che sarebbe dovuto morire lui al posto del marito. In quel caso ho dovuto trovare il modo di non essere troppo dura e di essere allo stesso tempo molto convincente.

Le donne nel cinema
Halle Berry: La vita delle donne di Hollywood è molto difficile. La maggior parte dei ruoli è scritta da uomini per uomini e anche i registi sono più spesso uomini. Credo ci sia molta strada da fare ancora perché le donne abbiano più spazio sullo schermo. Molte attrici ambivano ad avere questo ruolo, oltre a me, e questa la dice lunga su quale sia la situazione d'oggi. Il fatto che questo film sia stato girato da una donna e che sia concentrato sulla figura e la sensibilità femminile ha aggiunto delle sfumature molto importanti.
Susanne Bier: Mi piacerebbe credere che ci sia una nuova tendenza di fare film che parlino di donne, prendo come esempio Elizabeth - The Golden Age che ha come protagonista una donna molto potente e forte caratterialmente. Ma è vero che i film sono scritti per gli uomini e rispetto a dieci o vent'anni fa non ci sono stati grossi cambiamenti in questo senso.

La scelta di Seattle
Susanne Bier: Era importante girare il film in una città sulla costa Nord-Ovest del Pacifico perché è un'area molto diversa dal resto dell'America. Chi vive a Seattle è molto più cosciente dell'ambiente e delle questioni sociali ed era necessario ambientare Noi due sconosciuti in un luogo con queste caratteristiche per rendere reale un personaggio come Brian (David Duchovny) che sebbene sia benestante e viva in un quartiere ricco è conscio dei problemi di tossicodipendenza del suo migliore amico e cerca di aiutarlo. Seattle è una città molto sensibile a questo tipo di problemi, addirittura ha un servizio gratuito di siringhe che vengono date agli eroinomani. Quanto a Jerry, c'è molta tenerezza nel modo in cui viene trattato dalla sceneggiatura. Quando faccio un film voglio provare tenerezza per tutti i personaggi. Ovviamente non volevamo che la droga risultasse attraente e Benicio è riuscito a descrivere in maniera davvero coinvolgente il dolore che si prova quando si è schiavi di qualcosa. Bisogna provare compassione per un uomo come lui. Infatti nonostante Audrey lo disprezzi inizialmente, alla fine riesce a mutare quel sentimento negativo in amore e compassione perché capisce che Jerry si disprezza più di quanto non lo faccia lei.

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