djgiulio
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giovedì 27 settembre 2007
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brutto
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Non mi è proprio piaciuto questo secondo film di Mr. Bean, meglio il primo sicuramente.
L'unica cosa bella è la tipa, veramente figa!!!!!!!!!!!!!
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vittorio
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lunedì 24 settembre 2007
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deludente
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Il film è lento, con pochi spunti divertenti....Dal mitico Rowan Atkinson ci si aspettava qualcosa di più!!
Da vedere con gli occhi semiaperti.....
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pinolando
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sabato 15 settembre 2007
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comicità proprio stanca
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Stanca, mister Bean, soprattutto sotto il sole d'agosto: più sbadigli che risate...
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...diddlina!!
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mercoledì 12 settembre 2007
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..x tutti rimane sempre un grande!!
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complimenti mr.bean!!! mio fratello ti adora...e sinceramente anche per me sei molto simpatico!!..1bacio da tutti noi!!!!!
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maniac_movie
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lunedì 3 settembre 2007
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strabiliante
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Il fantozzi della bretagna è tornato ,e ragazzi cn una nuova avventura esilarante,mitiko rowan atkinson!!!!!!!!!
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rob
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sabato 25 agosto 2007
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fiacco
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Molto deludente rispetto al precedente capitolo e soprattutto rispetto alle esilaranti gag televisive.
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(di 6210001000mm)
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diesel94
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giovedì 16 agosto 2007
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bean sei un mito
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EHI BEAN CONTINUA CON I TUOI FILM SPASSOSI E COMICIIIII SEI UNA LEGGENDAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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gianf
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sabato 11 agosto 2007
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una noia mortale
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Un consiglio spassionato: se pensate di ridere avete sbagliato film. Il film scorre lentissimo e lo si guarda nella speranza di poter almeno sorridere, ma è una speranza mal riposta.Gag spente e straviste.
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ago
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giovedì 9 agosto 2007
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non è rock, è lento!
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Che “Mr. Bean’s holiday” dovesse ottenere grande consenso tra il pubblico lo si doveva immediatamente capire non appena ci si fosse ricordati degli sketch di Atkinson vestito nei panni del disastroso inglese: brillanti, pieni di gags, ingegnosi e con una comicità tutta inglese. Ora Mr. Bean, dopo averci raccontato la sua improbabile vita quotidiana da persona ingenua, ha deciso di concedersi un meritato riposo proprio nel posto che meno ci aspetteremmo (o forse chi ha visto i film di Tati se lo aspettava già?): lasciando le uggiose strade di Londra si sposta per un breve periodo nelle solari spiagge della Francia meridionale. La vincita di un biglietto della lotteria parrocchiale è la scusa per andare a fare una vacanza a Parigi per ritrovarsi poi, dopo rocambolesche avventure e equivoci, a Cannes, dove senza dubbio non dovrebbero mancare gli imprevisti e gli spunti per una grande comicità.
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Che “Mr. Bean’s holiday” dovesse ottenere grande consenso tra il pubblico lo si doveva immediatamente capire non appena ci si fosse ricordati degli sketch di Atkinson vestito nei panni del disastroso inglese: brillanti, pieni di gags, ingegnosi e con una comicità tutta inglese. Ora Mr. Bean, dopo averci raccontato la sua improbabile vita quotidiana da persona ingenua, ha deciso di concedersi un meritato riposo proprio nel posto che meno ci aspetteremmo (o forse chi ha visto i film di Tati se lo aspettava già?): lasciando le uggiose strade di Londra si sposta per un breve periodo nelle solari spiagge della Francia meridionale. La vincita di un biglietto della lotteria parrocchiale è la scusa per andare a fare una vacanza a Parigi per ritrovarsi poi, dopo rocambolesche avventure e equivoci, a Cannes, dove senza dubbio non dovrebbero mancare gli imprevisti e gli spunti per una grande comicità. Le basi ci sono, la valigia è pronta… e allora si parte per questa nuova fantastica avventura. Ma che succede? La mimica tipica di Mr. Bean di colpo perde la sua naturalità, la freschezza del personaggio cade rovinosamente sul banale e sul già visto, le gags si trasformano in deja-vù, non poche volte l’azione si sviluppa per diversi minuti interamente attorno ad un’unica idea, la accresce, la dilata, la studia al punto tale da renderla noiosa e stantia. Il riso viene forzato, il ritmo diventa irrimediabilmente lento, la sala al pari del film diventa muta. Un film “tragico” che porta lo spettatore ad accasciarsi sulla poltrona del già visto e del già “sentito” lasciandolo disorientato di fronte a un qualcosa che non ha una vera e propria trama. È una sorta di accozzaglia di idee tenute assieme da alcuni elementi, come per esempio il film nel film girato da Mr. Bean stesso con la sua telecamera. Se non altro questa idea del metafilm, che percorre interamente tutta la pellicola, è buona come spunto narrativo per concludere il film in maniera positiva (con il classico chiarimento dei malintesi e il consueto rincontro dei personaggi). Se non altro questa idea è l’opportunità che consente al regista di rivolgere un’accusa al cinema d’autore: cose assolutamente banali che vengono elevate dalla critica a gioielli di perfezione cinematografica. E se da questo punto di vista Mr. Bean può rivelarsi interessante, per il resto il lungometraggio ha le sembianze di un film muto che stanca (la mancanza di comicità risiede forse nel fatto che sia muto? non se ne abbia a male Chaplin…) e scorre lento, lento…
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(di micio mao)
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ago
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mercoledì 8 agosto 2007
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non è rock, è lento!
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Che Mr. Bean dovesse ottenere grande consenso tra il pubblico lo si doveva immediatamente capire non appena ci si fosse ricordati degli sketch di Atkinson vestito nei panni del disastroso inglese: brillanti, pieni di gags, ingegnosi e con una comicità tutta inglese. Ora Mr. Bean, dopo averci raccontato la sua improbabile vita quotidiana da persona ingenua, ha deciso di concedersi un meritato riposo proprio nel posto che meno ci aspetteremmo (o forse chi ha visto i film di Tati se lo aspettava già?): lasciando le uggiose strade di Londra, si sposta nelle solari spiagge della Francia meridionale. La vincita di un biglietto della lotteria parrocchiale è la scusa per andare a fare una vacanza a Parigi, per poi ritrovarsi dopo rocambolesche avventure e equivoci a Cannes, città che nella quale senza dubbio non mancheranno gli imprevisti e gli spunti per una grande comicità.
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Che Mr. Bean dovesse ottenere grande consenso tra il pubblico lo si doveva immediatamente capire non appena ci si fosse ricordati degli sketch di Atkinson vestito nei panni del disastroso inglese: brillanti, pieni di gags, ingegnosi e con una comicità tutta inglese. Ora Mr. Bean, dopo averci raccontato la sua improbabile vita quotidiana da persona ingenua, ha deciso di concedersi un meritato riposo proprio nel posto che meno ci aspetteremmo (o forse chi ha visto i film di Tati se lo aspettava già?): lasciando le uggiose strade di Londra, si sposta nelle solari spiagge della Francia meridionale. La vincita di un biglietto della lotteria parrocchiale è la scusa per andare a fare una vacanza a Parigi, per poi ritrovarsi dopo rocambolesche avventure e equivoci a Cannes, città che nella quale senza dubbio non mancheranno gli imprevisti e gli spunti per una grande comicità. Le basi ci sono, la valigia è pronta… e allora si parte per questa nuova fantastica avventura. Ma che succede? La mimica tipica di Mr. Bean di colpo perde la sua naturalità, la freschezza del personaggio cade rovinosamente sul banale e sul già visto, le gags si trasformano in deja-vù, non poche volte l’azione si sviluppa attorno ad una sola idea, la accresce, la dilata, la studia al punto tale da renderla noiosa e stantia. Il riso viene forzato, il ritmo diventa irrimediabilmente lento, la sala al pari del film, diventa muta. Un film “tragico” che porta lo spettatore ad accasciarsi sulla poltrona del già visto e del già “sentito”, lasciandolo disorientato di fronte a un qualcosa che non ha una vera e propria trama. È una sorta di accozzaglia di idee tenute assieme da alcuni elementi, come ad esempio il film nel film girato da Mr. Bean con la sua telecamera. Se non altro questa idea del metafilm che percorre interamente tutta la pellicola, appare buona perchè è lo spunto narrativo per concludere il film in modo positivo con il classico chiarimento dei malintesi e il consueto rincontro dei personaggi. Se non altro questa idea è l’opportunità che consente al regista di rivolgere un’accusa al cinema d’autore: cose assolutamente banali vengono elevate dalla critica a gioielli di perfezione cinematografica. E se da questo punto di vista Mr. Bean ha ragione, per il resto il lungometraggio ha le sembianze di un film muto che stanca (si potrebbe imputare al fatto che sia muto la sua mancanza di comicità? non ne abbia a male Chaplin, per citarne uno) e scorre lento, lento…
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