toni andreetta
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martedì 5 maggio 2020
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legami affettivi e sovrastruttura ideologica
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Due fratelli, due ideologie contrapposte: fascismo e comunismo. Il film di Daniele Luchetti, racconta gli anni '60 e '70, attraverso la storia di due fratelli che, per preparare il loro futuro, abbracciano due concezioni del passato. Le precarie condizioni economiche e sociali dei protagonisti sono il detonatore che li spinge verso opposti estremismi, legati al passatismo politico e alla violenza, modelli impotenti a realizzare l'obiettivo di scardinare ingiustizie e diseguaglianze in ambito economico e sociale . Nonostante l'epilogo tragico prevale la dimensione umana, fatta di errori, orrori e sensi di colpa, sulla sovrastruttura ideologica. Ottimi gli attori Elio Germano, Riccardo Scamarcio e Anna Bonaiuto.
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Due fratelli, due ideologie contrapposte: fascismo e comunismo. Il film di Daniele Luchetti, racconta gli anni '60 e '70, attraverso la storia di due fratelli che, per preparare il loro futuro, abbracciano due concezioni del passato. Le precarie condizioni economiche e sociali dei protagonisti sono il detonatore che li spinge verso opposti estremismi, legati al passatismo politico e alla violenza, modelli impotenti a realizzare l'obiettivo di scardinare ingiustizie e diseguaglianze in ambito economico e sociale . Nonostante l'epilogo tragico prevale la dimensione umana, fatta di errori, orrori e sensi di colpa, sulla sovrastruttura ideologica. Ottimi gli attori Elio Germano, Riccardo Scamarcio e Anna Bonaiuto.
Toni Andreetta.
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titti
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domenica 8 dicembre 2019
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di cinema parli solo chi ne capisce qualcosa
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Recitato male? Sei sicuro di aver visto "Mio fratello è figlio unico" con protagonista lo straordinario Elio Germano. Se dici che questo film è recitato male vuol dire che di cinema ne capisci molto, molto poco
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elgatoloco
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mercoledì 12 dicembre 2018
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fenomenologico
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Questo"Mio fratello è figlio unico"(2007, Daniele Luchetti), dal romanzo di Antonio Pennacchi"Il fasciocomunista", che pare si sia dissociato almeno parzialmente dal"senso"del film, al di là del fatto che non ho letto il romanzo ma conosco le polemiche da esso susciate), credo rappresenti bene le tensioni e le aspirazioni di chi, avendo"approcciato"in modi diversi la politica, in particolare nelle città di provincia, nel periodo"caldo"tra anni Sessanta e Seventies, in Italia, abbia subito spinte e controspinte, come in questo caso, guardando soprattutto a quelle che erano considerate, in una logica, peraltro ormai superata, da"arco costituzionale", scelte estreme, "opzioni radicali".
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Questo"Mio fratello è figlio unico"(2007, Daniele Luchetti), dal romanzo di Antonio Pennacchi"Il fasciocomunista", che pare si sia dissociato almeno parzialmente dal"senso"del film, al di là del fatto che non ho letto il romanzo ma conosco le polemiche da esso susciate), credo rappresenti bene le tensioni e le aspirazioni di chi, avendo"approcciato"in modi diversi la politica, in particolare nelle città di provincia, nel periodo"caldo"tra anni Sessanta e Seventies, in Italia, abbia subito spinte e controspinte, come in questo caso, guardando soprattutto a quelle che erano considerate, in una logica, peraltro ormai superata, da"arco costituzionale", scelte estreme, "opzioni radicali". Quasi "pasoliniamente"(ma con tutte le ovvie differenze del caso), Luchetti mostra oscillazioni che possono sembrare"totali", ma che in realtà rendono solo una parte di quanto si muove in un ambito che è in realtà consueto nella politica giovanile. ci giocano o hanno giocato volontà(non sempre e solo"mania")di protagonismo, volontà di auto-affermazione, oltre quelli che sono i"sacri sentieri"consentiti, Luchetti evidenzia tutto ciò con un realismo che non esclude una certa dose di"visionarietà"e tutto il resto(l'interpretazione degli attori principali, da Elio Germano a Luca Zingaretti a Riccardo Scamarcio a Angela Finocchiaro, non eslcudendp però gli altri/le altre, musiche di Franco Piersanti, colonna sonora anche incentrata sulle canzoni d'epoca, montaggio)gioca a favore di una produzione di senso molto interessante. Il cinema italiano, da metà(circa)anni Novanta in poi non è ricchissimo di film importanti e comunque interessanti, ma questo film di Luchetti sembra esserlo, quando mostra la correlazione tra sentimenti, "umori", emozioni e scelte politiche che comunque presuppongono anche il ragionamento, argomentazioni razionali. El Gato
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rob8
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mercoledì 22 agosto 2018
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lo sguardo sensibile di luchetti
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Lo sguardo sensibile e penetrante di Luchetti indaga qui la crescita esistenziale di due fratelli, destinati fin da subito ad essere su parti opposte delle barricate. Non solo netaforiche, queste, chè l’ambientazione del film è in una Latina littoria sfiorata dal Sessantotto.
Bravi Germano e Scamarcio, nei panni dei protagonisti, a rimbalzarsi sentimenti e stati d’animo: antagonisti, ma in fondo complici.
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stefano capasso
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mercoledì 20 aprile 2016
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il disagio esistenziale degli "ultimi"
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Latina, meta anni ’60, Accio è l’ultimo di 3 figli di una famiglia di lavoratori. Adolescente ribelle e inquieto, animato da un forte senso di giustizia, dopo aver provato il seminario si iscrive al M.S.I. Questo aumenta i contrasti all’interno della sua famiglia di cui è l'autentica disperazione e dove il fratello e la sorella sono impegnati sul versante di sinistra. Sono gli anni delle lotte politiche che finiscono per coinvolgere in modo pesante anche i tre fratelli.
Molto bello questo film di Daniele Lucchetti, che con grande forza espressiva, aiutato dalla bravura dei protagonisti, ricostruisce le vicende storiche della lotta politica negli anni ’60 e ’70.
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Latina, meta anni ’60, Accio è l’ultimo di 3 figli di una famiglia di lavoratori. Adolescente ribelle e inquieto, animato da un forte senso di giustizia, dopo aver provato il seminario si iscrive al M.S.I. Questo aumenta i contrasti all’interno della sua famiglia di cui è l'autentica disperazione e dove il fratello e la sorella sono impegnati sul versante di sinistra. Sono gli anni delle lotte politiche che finiscono per coinvolgere in modo pesante anche i tre fratelli.
Molto bello questo film di Daniele Lucchetti, che con grande forza espressiva, aiutato dalla bravura dei protagonisti, ricostruisce le vicende storiche della lotta politica negli anni ’60 e ’70. E fa emergere il forte disagio che portava molti giovani a schierarsi per cercare di dare un senso alla propria esistenza. Il protagonista è l’ultimo di tre fratelli, di una famiglia di “ultimi” che vuole fare qualcosa per tutti quelli che sono nelle sue condizioni. E riuscirà a fare tesoro delle sue esperienze, dei suoi tentativi, realizzando qualcosa di utile per la sua comunità, slegato dai “marchi” politici e ideologici, dando così un senso alle sue inquietudini e compiendo cosi la sua crescita di uomo.
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lbavassano
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giovedì 10 marzo 2016
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come eravamo, cosa siamo divenuti
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Ha un effetto straniante scoprire che gli anni, le lotte che abbiamo intensamente vissuto, che hanno segnato la nostra giovinezza, possono anche essere rappresentate in forma comica, intelligentemente comica, senza tradirle, senza sminuirle, perché in fondo è stato così, è stato anche così, perché, se pure realmente ci credevamo fino in fondo, c’era una componente ludica, c’è stata fino ad un certo momento una componente ludica, indissolubilmente legata al nostro essere giovani, troppo seri e troppo ingenui al contempo. Perché tutti abbiamo conosciuto un Manrico, per il quale tutto era più facile, cui tutto era dovuto, soprattutto l’amore di quelle ragazze che ci facevano sognare, per le quali ci sorbivamo ore di noiosissime assemblee, partecipavamo a cortei e concerti, ma per le quali noi non saremmo mai potuto essere nulla di diverso che amici.
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Ha un effetto straniante scoprire che gli anni, le lotte che abbiamo intensamente vissuto, che hanno segnato la nostra giovinezza, possono anche essere rappresentate in forma comica, intelligentemente comica, senza tradirle, senza sminuirle, perché in fondo è stato così, è stato anche così, perché, se pure realmente ci credevamo fino in fondo, c’era una componente ludica, c’è stata fino ad un certo momento una componente ludica, indissolubilmente legata al nostro essere giovani, troppo seri e troppo ingenui al contempo. Perché tutti abbiamo conosciuto un Manrico, per il quale tutto era più facile, cui tutto era dovuto, soprattutto l’amore di quelle ragazze che ci facevano sognare, per le quali ci sorbivamo ore di noiosissime assemblee, partecipavamo a cortei e concerti, ma per le quali noi non saremmo mai potuto essere nulla di diverso che amici.
Poi giustamente il film vira, cambia tono, così come sono cambiati i Manrico che abbiamo conosciuto. Ci siamo risvegliati in un mondo di violenza e di morte, e tale risveglio ha deciso cosa saremo divenuti da “grandi”, che tipo di adulti siamo, se avremmo gettato tutto alle ortiche, il cattivo ma anche la parte migliore di noi stessi, o se certi sogni di solidarietà e giustizia avrebbero continuato a vivere in noi, mutati, disillusi, ma anche più reali e concreti. Sempre arrabbiati.
Ottimo film, e ottimi interpreti, rivisto grazie ad Asti all’ottima iniziativa della Sala Pastrone e del Circolo Vertigo.
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cisca
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giovedì 15 ottobre 2015
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un ottimo germano
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un ottimo Germano, più piatto Scamarcio
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great steven
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giovedì 12 marzo 2015
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racconto di formazione incentrato su due fratelli.
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MIO FRATELLO è FIGLIO UNICO (IT, 2007) diretto da DANIELE LUCHETTI. Interpretato da ELIO GERMANO, RICCARDO SCAMARCIO, ANGELA FINOCCHIARO, LUCA ZINGARETTI, ANNA BONAIUTO, DIANE FLERI, ALBA ROHRWACHER, MASSIMO POPOLIZIO, ASCANIO CELESTINI, CLAUDIO BOTOSSO, NINNI BRUSCHETTA, EMANUELE PROPIZIO
Tratto dal romanzo Il fasciocomunista (2003) di Antonio Pennacchi, il quale s’è però dissociato dal film, asserendo che, specialmente nel secondo tempo, sono state distorte le sue reali intenzioni. La storia si svolge a cavallo fra gli anni 1960 e 1970, nel periodo immediatamente successivo al grande boom economico. Accio e Manrico Benassi sono due fratelli che si stimano e si detestano contemporaneamente, vivendo in un rapporto di perenne conflittualità.
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MIO FRATELLO è FIGLIO UNICO (IT, 2007) diretto da DANIELE LUCHETTI. Interpretato da ELIO GERMANO, RICCARDO SCAMARCIO, ANGELA FINOCCHIARO, LUCA ZINGARETTI, ANNA BONAIUTO, DIANE FLERI, ALBA ROHRWACHER, MASSIMO POPOLIZIO, ASCANIO CELESTINI, CLAUDIO BOTOSSO, NINNI BRUSCHETTA, EMANUELE PROPIZIO
Tratto dal romanzo Il fasciocomunista (2003) di Antonio Pennacchi, il quale s’è però dissociato dal film, asserendo che, specialmente nel secondo tempo, sono state distorte le sue reali intenzioni. La storia si svolge a cavallo fra gli anni 1960 e 1970, nel periodo immediatamente successivo al grande boom economico. Accio e Manrico Benassi sono due fratelli che si stimano e si detestano contemporaneamente, vivendo in un rapporto di perenne conflittualità. Accio, seminarista mancato appassionato di latino e col desiderio di aiutare gli ultimi, decide di iscriversi al partito fascista anche per contrapporsi a Manrico che è un fervido operaio comunista impegnato in lotte nelle piazze e comizi politici. Aggregandosi al venditore di tovaglie Mario Nastri, Accio si addentra sempre più nel fascismo più spudorato, ma quando i suoi compagni vogliono bruciare la macchina di suo fratello, si oppone e straccia la tessera del fascio. Intanto i due fratelli amano la stessa donna, la francese Francesca, che dà un figlio al fidanzato Manrico, mentre Accio si impegna sentimentalmente per qualche tempo con Bella, la moglie di Mario, che il legittimo coniuge gli farà pagare con una consistente dose di botte, salvo poi morire durante la colluttazione per un infarto. A questo punto Accio, che è sempre stato il figlio meno benvisto dai genitori proletari che vivono in una catapecchia umida e inospitale, emigra temporaneamente nelle campagne piemontesi e poi fa ritorno a Latina (dove ha luogo la maggior parte della vicenda) dove, dopo la morte di Manrico per mano della polizia, che lo ricercava per una rapina a un finanziere, contatta tutti i condomini della vecchia casa popolare per andare a prendere possesso degli appartamenti appena costruiti. In tal modo Accio ha realizzato il sogno che coltivava fin da bambino: dare una mano alle persone in difficoltà. Luchetti ha realizzato una pellicola che sorprende per un discorso mai troppo politicizzato che fa da sfondo alla storia di due fratelli che riscoprono la propria umanità entrando in due opposte concezioni istituzionali che rappresentano anche due modi contrastanti di intendere una vita che, con nessuno dei due, è mai stata troppo clemente. Gli errori commessi da entrambi verranno poi però pagati ad un prezzo alquanto salato, tant’è vero che Scamarcio ci lascia le penne e Germano passa una serie di brutte e sgradevoli esperienze, benché poi raggiunga lo scopo che si era prefisso da numerosi anni. Le interpretazioni sono tutte da lodare con un applauso spontaneo e declamatorio (Germano e la Finocchiaro, efficacissima e sofferta madre proletaria, sono stati premiati col David di Donatello), che fa provare antipatia per il fascista sanguigno e irriducibile di Zingaretti, empatia per la moglie sbarazzina e decisa della Bonaiuto, delicatezza per la sorella violoncellista della Rohrwacher (ma quanto è brava?) e tranquillità per il severo ma ponderato capofamiglia di Popolizio (che parallelamente alla carriera attoriale è anche un attivissimo doppiatore). Celestini appare brevemente come il sacerdote che regge il seminario e insegna ai novizi, ma anche la sua performance non va assolutamente messa in secondo piano. La sceneggiatura, scritta dal regista coi compagni rodati Stefano Rulli e Sandro Petraglia, è diretta magistralmente e senza fronzoli arricchenti da una regia che fa dell’attenzione il suo principale punto di forza, unendola alla precisione di un dialogo che travalica i limiti dell’elementare visione politica per offrire uno spaccato generazionale di un combattimento per la libertà individuale che forse non è mai stato completato. La bellezza di questo piccolo capolavoro di nicchia del cinema italiano in stile anni 2000 sta pure nel suo tentativo perfettamente riuscito di non dare risposte – o meglio, non sbattere in faccia soluzioni azzardate – ai problemi delle classi povere che, da quando esiste la repubblica, si battono per ottenere i valori che vengono loro negati senza che questo ricada nella legalità. Il titolo dell’opera prende spunto da una canzone di Rino Gaetano.
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catapa20
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sabato 9 marzo 2013
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lontano anni luce dal "fasciocomunista"
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Il film ha poco a che vedere con il libro sia nello svolgersi delle vicende che nella rappresentazione dei personaggi; ma anche l'ambientazione storica è striminzita e molte volte rende incomprensibile il comportamento dei protagonistiL La figura ostile della madre e di Manrico, egocentrico e presuntuoso, che nel libro motivano le scelte di Accio ,nel film scompaiono e le vicende di Accio non sono più le conseguenze da quel rifiuto da parte della famiglia e dalla durezza dei loro sentimentiI Il protagonista appare come un soggetto debole e pluriplagiato .
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Il film ha poco a che vedere con il libro sia nello svolgersi delle vicende che nella rappresentazione dei personaggi; ma anche l'ambientazione storica è striminzita e molte volte rende incomprensibile il comportamento dei protagonistiL La figura ostile della madre e di Manrico, egocentrico e presuntuoso, che nel libro motivano le scelte di Accio ,nel film scompaiono e le vicende di Accio non sono più le conseguenze da quel rifiuto da parte della famiglia e dalla durezza dei loro sentimentiI Il protagonista appare come un soggetto debole e pluriplagiato .
Tutta la storia così come è stata narrata nel film da l'impressione di essere interessata più alla cassetta che non al disegno di vite travolte dalle vicende del loro tempo.
Se non avessi letto il libro forse il mio giudizio non sarebbe stato così severo..non era necessario menzionarlo nel film....nessuno che abbia letto il libro vi avrebbe trovato somiglianze rilevanti
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katamovies
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mercoledì 12 ottobre 2011
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manca qualcosa ma qualcosa c'è...
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un film contradditorio, dove molto c'è e molto manca
un film che mi ha lasciata con una sensazione di scontentezza, incumpiutezza, come sfilacciato...
quel che c'è:
abbiamo una storia forte di fratelli in conflitto
abbiamo questo conflitto inscritto in uno più vasto (lo scontro tra militanti di destra e sinistra nell'italia dei sessanta-settanta)
abbiamo un bel cast: gli attori più navigati che si confermano eccellenti: finocchiaro, bonaiuto, popolizio, zingaretti
quelli più giovani più o meno in parte
(ovvero, se mi si passa una piccola digressione sugli attori giovani: anche se dotati di talento come germano, la loro performance dipende molto dal regista che li dirige.
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un film contradditorio, dove molto c'è e molto manca
un film che mi ha lasciata con una sensazione di scontentezza, incumpiutezza, come sfilacciato...
quel che c'è:
abbiamo una storia forte di fratelli in conflitto
abbiamo questo conflitto inscritto in uno più vasto (lo scontro tra militanti di destra e sinistra nell'italia dei sessanta-settanta)
abbiamo un bel cast: gli attori più navigati che si confermano eccellenti: finocchiaro, bonaiuto, popolizio, zingaretti
quelli più giovani più o meno in parte
(ovvero, se mi si passa una piccola digressione sugli attori giovani: anche se dotati di talento come germano, la loro performance dipende molto dal regista che li dirige. e qui si riconosce nel personaggio di accio molto del venditore di "tutta la vita davanti". è bravo ma non ancora abbastanza eclettico. prendiamo un popolizio: qui interpreta un padre operaio cattolico, in romanzo criminale era un credibilissimo boss della malavita romana, laido e violento. ma lui è popolizio. allo stesso modo, la finocchiaro che si conferma una maschera tanto tragica quanto comica, e si sa che tragico e comico sono la faccia della stessa medaglia. rorhvacher o come si scrive.. anche lei un pò unidimensionale.. sempre quella vocina, sempre quella fisicità molto tenue.. ne "il papà di giovanna" ha avuto il suo ruolo migliore, altrimenti comincia ad annoiare, sembra sempre lo stesso personaggio. scamarcio, infine: presenza carismatica, e non solo per l'occhio di ghiaccio - ma rischia di essere improgionato nel cliché del tenebroso.
vabbè, comunque il problema attori viene dopo.)
chiusa la digressione sugli attori.. cosa manca al film..
alla fine, il conflitto non è risolto (nel senso della sceneggiatura) né a livello macro (militanti)
+né a livello micro (fratelli).
va bene che rimanga sottotraccia, ma la morte di manrico (scamarcio) andrebbe risolta meglio
così come il rapporto tra accio e la ragazza di manrico
si perde un attimo il fuoco del racconto..: non sai più se seguire accio e anna bonaiuto... accio e diane flery.. scamarcio e diane flery..
anche il personaggio della sorella che va a finire col professore boh.. sospeso.
da ultimo, una mia osservazione sui film che -faticosamente- tentano una rilettura della guerra civile italiana (1943-45) e degli anni di piombo:
comprendo la difficoltà, comprendo la necessità di equilibrio.. ma ormai che i neofascisti non erano tutti stronzi e che qualche stronzo c'era anche tra i comunisti l'abbiamo abbondamente capito.. purtroppo però una lettura più profonda, che ci aiuti ad analizzare anche il presente, necessita di una elaborazione più articolata. non si è trattato solo di brava gente contro brava gente messa contro da ideologie contrapposte.. sarebbe bene interrogarsi sul perché queste ideologie hanno avuto in italia uno strascico così pesante, sul perché ancora oggi non si superi la dicotomia destra-sinistra, fascisti-comunisti, che invece è superatissima per leggere il mondo contemporaneo nella sua complessità anfibia.
ma questa è un'altra storia, vogliate perdonare la lunghezza..
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