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Michael Clayton: l'avvocato del diavolo

L'arrivo al Lido di George Clooney, tra polemiche e consensi.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

venerdì 31 agosto 2007 - Incontri

Il film
Il consulente di un importante studio legale, Michael Clayton, è un ex procuratore che ha scelto di lavorare per la società in qualità di "spazzino". A lui ci si rivolge per capire come procedere in casi delicati, e lui (proprio come il Wolf di Tarantino) arriva sul posto pronto a prendere in mano la situazione. Quando l'amico Arthur Edens, uno degli avvocati più competenti del paese, perde improvvisamente e inspiegabilmente la testa in un attacco di follia, Michael tenta di aiutarlo ma si troverà coinvolto in un disegno multinazionale che finirà per mettere la sua vita in pericolo. Giunto a Venezia in veste di produttore esecutivo e interprete del film per presentare l'opera prima di Tony Gilroy (sceneggiatore della trilogia su Jason Bourne e de L'avvocato del diavolo), George Clooney si è rifiutato di rispondere alla domanda sul perché avesse deciso di fare da testimonial a una grande multinazionale nonostante l'impegno civile e sociale.

Chi è Michael Clayton?
George Clooney: Avevo paura che mi chiedessi chi è George Clooney, perché non credo di saperlo ancora... Michael Clayton è un avvocato che come tanti altri non si fa alcun problema morale o etico. Ammiro molto gente come lui, come chi ai tempi doveva difendere ad esempio Saddam Hussein, un lavoro decisamente scomodo che però qualcuno deve pur fare. Il film cattura il momento perfetto della vita di questo avvocato e l'ho trovata una visuale molto interessante. Quando la sceneggiatura è scritta in maniera impeccabile, descrivendo minuziosamente l'azione, e il regista è capace di trasporla sul grande schermo, il lavoro di un attore diviene davvero semplice, non si fatica affatto.

Come mai ha scelto un film così difficile per il suo esordio?
Tony Gilroy: Non volevo fare un film commerciale che magari sarebbe stato più semplice da vendere. La sceneggiatura era molto semplice e mi dava molto spazio per essere flessibile nella messa in scena, per questo ho iniziato da Michael Clayton. Non l'avrei potuto fare però senza la "protezione" di George. Non puoi fare un film come il mio, con un cast come il mio e una fine come la mia senza un "protettore" come George.

A proposito di fine, durante tutto il film si ha la sensazione che finisca in tutt'altra maniera, decisamente più drammatica.
Tony Gilroy: Non so spiegare bene quali siano i miei metodi lavorativi, però quel che è certo è che non mi sono svegliato una mattina e mi sono detto "oggi scriverò un film sulle multinazionali". Lavoro in maniera molto più molecolare, mettendo insieme un pezzo alla volta. E comunque non credo che la fine non sia drammatica. Michael Clayton è un film agrodolce.
George Clooney: La maggior parte dei film che vedevo da piccolo - e ai quali ci siamo ispirati come atmosfera - non finivano mai bene. Una buona sceneggiatura non si aggiusta solo per cambiare il finale. E comunque Michael Clayton non ha un lieto fine.

Come si è trovata nei panni di una cattiva - un ruolo molto maschile - a recitare quasi tutto il tempo da sola?
Tilda Swinton: Questo film posa lo sguardo sulle persone che lavorano nelle multinazionali, sull'essere umano. Lo script era molto preciso e non ho fatto altro che seguire le indicazioni che mi venivano date, cercando di stare il più possibile vicino a Gilroy. La cosa che mi ha subito colpito della storia è il momento in cui il mio personaggio si guarda allo specchio, perché mi sono sempre chiesta come facciano queste persone a guardarsi in faccia. Mi piace anche il fatto che il cattivo sia una donna, perché sarebbe stato troppo semplice farlo fare a un uomo. Oltretutto Karen è una brava ragazza che cerca con tutte le sue forze di essere all'altezza del suo ruolo all'interno della multinazionale per la quale lavora.

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