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I Simpson al cinema, un aggregante fenomeno di culto

Più che un evento cinematografico, un evento generazionale.
di Gabriele Niola

Portare al cinema il pubblico della televisione

domenica 16 settembre 2007 - Approfondimenti

Portare al cinema il pubblico della televisione
Il film de I Simpson palesemente non è un evento cinematografico (ce n'è ben poco di cinema in quegli 87 minuti), ma generazionale. Benché infatti la serie televisiva della Fox abbia un target che notoriamente spazia dagli 8 ai 40 anni, in Italia il particolare orario di messa in onda televisiva ha saputo creare un pubblico magari leggermente più ristretto che altrove ma molto più definito, settorializzato e omogeneo.
Mentre infatti in America la serie va in onda in prima serata una volta a settimana, in Italia alcune scelte di palinsesto l'hanno a un certo punto incastrata intorno alle 14, 14.30, nell'immediato dopo pranzo, quando davanti al televisore il pubblico è chiaro e ben definito.
Andare alle prime proiezioni in sala del film chiarisce subito il punto della situazione: a pagare il biglietto per vedere sul grande schermo quello che già si può vedere in televisione non sono i normali spettatori cinematografici (nemmeno quelli amanti dell'animazione), ma i normali spettatori televisivi. Andare a vedere I Simpson - Il film per qualcuno che almeno in un momento della sua vita abbia fruito con continuità, genericamente dopo pranzo, degli episodi de I Simpson è un modo per guardarsi in faccia. Vedere chi siamo, di cosa ridiamo, cosa ci piace e perché.
I Simpson al cinema sono la prima occasione per quel tipo di pubblico che con una continuità rara ha seguito la serie per almeno 10 anni (in Italia a quell'orario), di identificarsi (o no) nel modo di fruirne.

Un testo complesso
Come tutti i veri prodotti d'arte di massa anche I Simpson sono un testo complesso, nel senso che hanno più livelli di lettura (cosa che gli fa guadagnare un pubblico vasto e stratificato).
Le loro storie molto semplici e all'insegna della continua riappacificazione e riconciliazione familiare non sono molto distanti da quelle degli altri cartoni animati americani, le loro battute umoristiche non sono troppo distanti da quelle del Saturday Night Live, il loro modo di mettere in scena raffinato e colto non è molto distante da quello delle serie tv di ultima generazione come Lost, i loro riferimenti all'attualità non sono meno pressanti di quelli fatti al cinema e infine le loro citazioni cinematografiche, letterarie, pop, artistiche e comiche raggiungono spesso vette di raffinatezza inaudita.
Vedere in sala quel lungo episodio che è I Simpson - il film mostra oltre ogni possibile dubbio come questi diversi strati di comprensione si sovrappongano e agiscano. Non sempre si ride per le medesime cose, non sempre tutti ridono e non sempre tutti comprendono, ma in sostanza c'è sempre qualcosa che tiene viva e sveglia l'attenzione di tutti.

Riconoscersi parte di una comunità
L'aver portato sul grande schermo il più lungo episodio mai pensato per I Simpson è in questo senso una necessaria operazione di sublimazione. Quasi fosse il canto del cigno o l'addio della serie, cosa che ad ogni modo non avverrà (almeno al momento non vi sono avvisaglie), riunirsi in un determinato momento e fruirne in massa era in un certo modo necessario.
Tutti i fenomeni televisivi, raggiunta una certa massa, raggiunto un certo status di cult e un certo seguito (che riesce a diventare comunità), devono approdare sul grande schermo. Ma non perché la loro storia, la loro continuità narrativa o la loro modalità espressiva necessiti di una legittimazione più alta e nemmeno perchè la produzione necessiti di altri introiti (anche se chiaramente quello monetario è un incentivo forte per la produzione), ma perchè c'è bisogno che la comunità si incontri e si guardi in faccia.
E se a scatenare un evento simile non sono i produttori, quindi non è il legittimo emittente, ci pensa solitamente la base. Prima che I Simpson finissero in un film ci sono stati migliaia di raduni, maratone (alcune anche a Roma) e festival dove i fan potevano incontrarsi e fruire in massa e finalmente non più da soli a casa propria dell'oggetto del culto, l'elemento aggregante. Ma quello che era sempre mancato era stato l'elemento della novità che dà l'imprevedibilità.
In uno degli episodi della serie televisiva de I Simpson, il cartone animato di culto per i bambini di Springfield, "Grattachecca e Fichetto" (genericamente utilizzato nella serie come metafora e simbolo dei cartoni stessi de I Simpson nel mondo reale), approda al cinema con un lungometraggio, un evento cui nessuno potrà mancare e che, per spiegarne l'importanza ad Homer, Lisa definisce come un evento generazionale, come per la sua generazione poteva essere stato lo sbarco sulla Luna.
Ora la metafora è chiaramente esagerata, ma il concetto non è molto lontano dalla realtà. La manifestazione reale di un culto diffuso (che cioè si pratica genericamente senza unità di luogo) ha in comune con l'approdo sulla Luna non certo l'importanza storica e il coinvolgimento mondiale, ma il desiderio di non mancarne la fruizione, non tanto per non perderne l'essenza (in questo caso per perdere il film), quanto per non perdere l'occasione di riconoscersi parte di una comunità.

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