Centochiodi

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Un film di Ermanno Olmi. Con Raz Degan, Luna Bendandi, Amina Syed, Michele Zattara, Andrea Lanfredi.
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Commedia, Ratings: Kids+16, durata 92 min. - Italia 2007. - 01 Distribution uscita venerdì 30 marzo 2007. MYMONETRO Centochiodi * * * 1/2 - valutazione media: 3,65 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

I due volti di "Centochiodi"

di Eugenio Scalfari L'Espresso

Aspettavo con una certa impazienza e molta cu.riosità di vedere il film di Olmi "Centochiodi". Il regista - uno dei più importanti del cinema italiano - ne aveva parlato in alcune prestigiose trasmissioni televisive preannunciando tra l'altro che sarebbe stato il suo ultimo film. Il tema poi cadeva nel bel mezzo d'una polemica teologica, culturale e politica tra il pensiero cattolico e quello laico. Infine è noto che Olmi professa la fede cristiana e la morale che ne discende.
Date queste condizioni di partenza, l'essersi cimentato con Cristo e con la sua predicazione, sia pure ambientando la "fiction" cinematografica nei tempi nostri, ha scaricato su Olmi un'aspettativa e una responsabilità molto speciali che, temo, finiranno con il danneggiare il film.
Si è già visto dai primi interventi l'alternarsi di lodi sperticate e di altrettanto sperticate critiche, dettate le une e le altre più dal dibattito politico in corso che da un giudizio sull'opera cinematografica del regista e degli attori.
Come che sia, "Centochiodi" è ora nelle sale e il pubblico potrà giudicare. A me ha colpito il fatto che, nella sala in cui sono andato a vederlo, il pubblico ha tributato un lungo applauso abbastanza insolito in una visione pubblica e non cerimoniale. Ma anche questa reazione può essere stata determinata piuttosto dal consenso alle tesi sostenute nel film che alla qualità filmica del prodotto. Prescindo quindi da questo aspetto della questione (anch'io ho applaudito con convinzione) per affrontare "Centochiodi" da un punto di vista di efficacia artistica e di qualità. Cominciando dal linguaggio cinematografico utilizzato da Olmi in questa sua ultima fatica.
È un linguaggio, a mio parere, certamente suggestivo e di notevole forza espressiva, che si realizza attraverso le riprese di paesaggi, di persone, di facce, di posture di gruppo e di individui, come raramente avviene in opere dominate da un messaggio contenutistico. Qui il messaggio c'è ed è fin troppo esplicito, ma si esprime nei suoi momenti migliori in modo indiretto e affidato soprattutto all'occhio più che all'ascolto.
Quelle facce contadine, quelle frasi semplici, quei balli sulle aie, quell' "ultima cena" che ha una potenza figurativa eccezionale, danneggiata semmai dalle parole del protagonista troppo simili a quelle del Cristo dei Vangeli quando spezza il pane e divide il vino con i suoi commensali. Non c'era bisogno di quelle parole; una volta che si sia scelta la strada di portare in scena i "semplici" di oggi, non bisognava abbandonare quel registro adottando la narrazione di Marco, di Luca e degli altri evangelisti.
Da questo punto di vista la scelta del protagonista è decisiva per comprendere al tempo stesso i punti forti e quelli deboli del film.
Il protagonista non è un attore ma un modello di professione, scelto per ragioni principalmente estetiche, ripreso quasi sempre con primi piani del volto a macchina fissa. Parla molto poco, ascolta il parlare degli altri, si esprime attraverso la mobilità dello sguardo e la tensione dei muscoli del volto. È una mimica difficile e, a mio avviso, perfettamente realizzata.
Ma quando parla, ecco che l'irrompere di un testo chiaramente sapienziale stride come la lama d'un coltello sul marmo. Per dirla in breve: il film si muove su due diversi registri. per certi aspetti (i più felici) è un film muto, affidato a immagini: per altri aspetti è un film parlato ma senza azione. Evidentemente Olmi non ha trovato la forma che tenesse insieme quei due registri. L'ambizione del messaggio era forse troppo alta per essere inclusa in un Cristo intellettuale e borghese alle prese con la civiltà delle macchine e dei consumi.
Concludo segnalando la scena di apertura e quella finale. La prima è perfetta: i libri inchiodati sul pavimento di un'immensa biblioteca, crocifissi con i grandi chiodi della Passione, aperti oscenamente come logori contenitori di dogmi dissacrati. La scena finale è invece debole e inutilmente parrocchiale: un vialetto alberato e illuminato con fiaccole che ne segnano il percorso nell'attesa d'un messia che è scomparso e non tornerà più. L'apertura è drammatica, il finale è idilliaco ed è questa la dissonanza che Olmi a mio avviso non ha superato.
da L'Espresso, 12 aprile 2007


di Eugenio Scalfari, 12 aprile 2007

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