gordon cole
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domenica 18 maggio 2008
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carn..era meglio starsene a casa...
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Per uno di Sequals, Carnera non è solo un nome. E' un segno di riconoscimento. "Sequals" suona strano, ma quando lo dici - e parli con persone che non sono magari giovanissime, non importa da dove arrivino. Ti dicono: "ah, il paese di Carnera!". E tu sei a posto, ti sei giocato con successo un ottimo biglietto da visita.
Per uno di Sequals, Carnera è un concentrato di verità, fantasia, leggenda, epica. Di centinaia di episodi o leggende "metropolitane" che lo accompagnano da sempre. E' il simbolo del carattere e della tenacia dei friulani. L'icona del loro passato di emigranti in cerca di una vita un po' più degna di questo nome. L'immagine della semplicità e dell'umiltà della gente di questa terra.
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Per uno di Sequals, Carnera non è solo un nome. E' un segno di riconoscimento. "Sequals" suona strano, ma quando lo dici - e parli con persone che non sono magari giovanissime, non importa da dove arrivino. Ti dicono: "ah, il paese di Carnera!". E tu sei a posto, ti sei giocato con successo un ottimo biglietto da visita.
Per uno di Sequals, Carnera è un concentrato di verità, fantasia, leggenda, epica. Di centinaia di episodi o leggende "metropolitane" che lo accompagnano da sempre. E' il simbolo del carattere e della tenacia dei friulani. L'icona del loro passato di emigranti in cerca di una vita un po' più degna di questo nome. L'immagine della semplicità e dell'umiltà della gente di questa terra. Carnera soprattutto "gigante buono", dunque, per la sua gente. Prima ancora che "la montagna che cammina lentamente" (The Ambling Alp) come lo battezzò Damon Runyon e come preferisce recitare approssimativamente il sottotitolo inglese.
Ed è già in questa banale dissonanza che il cinema "immediato" di Martinelli, immediatamente rivela le sue intenzioni. Carnera film è un prodotto facile, di consumo istantaneo che passa e non resta. Confezionato con abuso, spreco e ripetizione di effetti digitali talvolta invadenti e fastidiosi al solo scopo di riempire gli occhi. Fatto per un mercato internazionale. Pensato proprio per quella marea di emigrati friulani e non solo che riconosceranno nelle immagini la superficie di quello che i loro o i loro padri già conoscono del primo campione del mondo italiano dei massimi. Carnera film è esattamente quello che il pubblico sa già. Una sagra di paese, di qualunquismo e banalità.
Un Primo Carnera enorme, bonaccione, affamato da piccolo, riconoscente verso i genitori, capace di prendere botte perchè prendere botte significa poter far studiare i figli e sempre pronto a rialzarsi (perchè il luogo comune vuole che il friulano cada ma si rialzi sempre... sic!...), ingenuo e raggirabile da chiunque. Proprio come Martinelli si augura sia il pubblico che vedrà il suo film, viene da credere.
Una superficialità calcolata davvero agghiacciante, quella messa in mostra dal regista che evidentemente non si preoccupa nemmeno di sfatare i più banali dei luoghi comuni, ma anzi come già in "Vajont", peraltro, li riempie di vuota retorica (prova ne sia, su tutte, la sua rappresentazione ridicola del Friuli, terra dove a suo giudizio nevica perennemente: capisco la libertà di espressione artistica ma forse qualcuno glielo dovrebbe dire che Sequals è a poco più di 200 metri sul livello del mare e che Gorizia lo è a meno di 100...)
E questo è nulla, poi, in confronto alle incongruenze di una sceneggiatura da fotoromanzo e ad alcuni passaggi anche cinematograficamente imbarazzanti (Carnera furibondo sul ring fa rimpiangere il peggio dei peggiori Rocky e alcune semplificazioni - titolo mondiale richiesta di sposarlo; genitori rozzi = gente che non sa stare a tavola; per non parlare di alcune scene "madri" tipo quella del minacciato suicidio di lui frenato solo dall'annuncio della prossima nascita di un figlio -, sono un concentrato di stucchevoli luoghi comuni, insopportabili, grossolani e fastidiosi).
Il cinema resta altrove, come il fascismo ridotto a poche immagini d'epoca nelle quali gli attori interagiscono con Mussolini (questo sembra importante:il vezzo, non la storia).
Come Carnera uomo, che Martinelli non si preoccupa di scoprire, approfondire, capire nelle sue incongruenze, nelle sue contraddizioni, ma mette solo in bella mostra proprio come fa con un effetto digitale (aiutato in questo da una recitazione da pessima fiction televisiva che non coinvolge solo Iaia, ma tutto il cast e dalla quale a stento si sottraggono solo Burt Young e F. Murray Abraham - ah, Salieri, Salieri, com'è lontano quel Salieri!!)
Insomma Carnera film è furbetto dove Carnera uomo non lo era affatto. E certamente davanti a un film così poco profondo, così poco sentito, così poco vivo e assolutamente incapace di emozionare, viene da chiedersi se ancora una volta, dopo i due manager che approfittarono della sua ingenuità mentre era in vita, non sia stato qualcun altro ad approfittare della sua figura e del suo nome anche oggi, semplicemente per venderlo anche stavolta, come un fenomeno da baraccone, buono per intascare quattro soldi.
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luca scial�
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giovedì 1 ottobre 2015
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affresco grottesco di un campione
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Quando c'è di mezzo la televisione, ogni racconto finisce per prendere le sembianze di una fiction, sempliciotta e superficiale. Il cast va da Roshan Seth ad Anna Valle dice già tanto. Anche il grande Primo Carnera finisce dunque in questo tritacarne, subendo un affresco dai colori grotteschi. Certo, lui era un gigante goffo e talvolta tonto, ma ciò era conseguenza dell'infanzia difficile cui fu sottoposto. Date le umili origini, che lo videro finire perfino in un circo a fare il fenomeno da baraccone. Divenne campione del mondo, ma solo per un anno e fu sfruttato dal regime fascista che ne utilizzò le gesta per la propria propaganda. Ma divenne anche orgoglio di tanti italiani emigrati in America e oggetto di scherno e emarginazione.
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Quando c'è di mezzo la televisione, ogni racconto finisce per prendere le sembianze di una fiction, sempliciotta e superficiale. Il cast va da Roshan Seth ad Anna Valle dice già tanto. Anche il grande Primo Carnera finisce dunque in questo tritacarne, subendo un affresco dai colori grotteschi. Certo, lui era un gigante goffo e talvolta tonto, ma ciò era conseguenza dell'infanzia difficile cui fu sottoposto. Date le umili origini, che lo videro finire perfino in un circo a fare il fenomeno da baraccone. Divenne campione del mondo, ma solo per un anno e fu sfruttato dal regime fascista che ne utilizzò le gesta per la propria propaganda. Ma divenne anche orgoglio di tanti italiani emigrati in America e oggetto di scherno e emarginazione. Poi finì a fare il wrestler e l'attore di cinema, ultima umiliazione di un pugile a cui la vita, prima che il ring, riservò molti pugni.
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iris
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sabato 10 maggio 2008
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carnera: il mito italiano
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Biografia romanzata di un uomo eccezionale per i suoi tempi e diventato leggenda che ci viene mostrato nella sua umanità. E' questo l'intento, riuscito, di Martinelli il quale sfruttando appieno il considerevole budget a sua disposizione "gioca" col tempo antichizzandolo (attraverso momenti in bianco e nero), usando filmati d'epoca e tramite il digitale ricrea l'atmosfera infiammata di una platea in fermento. Un tripudio di bandiere e persone accalorate, grandioso e imponente. Quello che colpisce è il senso della di "predestinazione" innanzitutto fisica di questo bambino che la fame mai saziata fa crescere sempre di più (come ci dice lui stesso), senso che diventa sotto un cielo stellato consapevolezza.
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Biografia romanzata di un uomo eccezionale per i suoi tempi e diventato leggenda che ci viene mostrato nella sua umanità. E' questo l'intento, riuscito, di Martinelli il quale sfruttando appieno il considerevole budget a sua disposizione "gioca" col tempo antichizzandolo (attraverso momenti in bianco e nero), usando filmati d'epoca e tramite il digitale ricrea l'atmosfera infiammata di una platea in fermento. Un tripudio di bandiere e persone accalorate, grandioso e imponente. Quello che colpisce è il senso della di "predestinazione" innanzitutto fisica di questo bambino che la fame mai saziata fa crescere sempre di più (come ci dice lui stesso), senso che diventa sotto un cielo stellato consapevolezza. Un talento che diventa voglia di emergere, di dimostrare quello che si vale. Iaia, alla prima esperienza cinematografica, è bravissimo nel rendere l'incredulità di fronte alla possibilità di gestire il proprio corpo (che tanti problemi gli aveva dato da bambino) diversamente, per un riscatto sociale che sarà il suo posto nel mondo. Per nulla patetico o grottesco (rischio non meno grande), molto elastico nelle riprese, veramente notevole. Molto bene anche la Valle anche se, a mio avviso, un po' troppo tirata. Dolce e frizzante la Smutniak, molto carina. In ultima analisi un film memorabile nel complesso che dimostra come, avendo un buon budget, anche il cinema italiano (in mano a registi intelligenti) possa essere coinvolgente e non solo narrativo.
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(di iris)
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