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Piccoli Nazi crescono

Shane Meadows ribadisce l'attualità delle tematiche affrontate in This is England.
di Ilaria Ravarino

In foto Thomas Turgoose, giovane protagonista del film This is England di Shane Meadows.
Thomas Turgoose (32 anni) 11 febbraio 1992, Grimsby (Canada) - Acquario. Interpreta Shaun nel film di Shane Meadows This Is England.

giovedì 25 agosto 2011 - Incontri

A metà agosto le periferie di Londra bruciavano d’incendi e saccheggi. Poco tempo prima, il 22 luglio, una bomba esplosa nel cuore di Oslo aveva messo l’Europa di fronte a un’inaspettata, incomprensibile, anacronistica recrudescenza neonazista. Ed ecco che appena un mese più tardi, all’alba di settembre, esce in Italia un film, This is England, che tutti questi mali li ha già dentro: la storia, ambientata in un’Inghilterra sofferente e in guerra, è quella di un bambino addestrato al neonazismo e del suo faticoso ritorno dai gironi dell’inferno dell’ideologia. Dietro alla macchina da presa c’è Shane Meadows, regista inglese e autore di C'era una volta in Inghilterra e Dead Man’s Shoes, da anni sul solco di Ken Loach e Mike Leigh, attaccato al reale (soprattutto il suo) e perciò cocciutamente autobiografico, gran direttore di attori non professionisti, talentuoso narratore postmoderno dell’Inghilterra centrale, Midlands e dintorni. This is England è forse il suo film più lucidamente attuale. Peccato che sia stato girato 6 anni fa, e che sia ambientato nell’Inghilterra degli anni ’80.

Mr. Meadows: questa era o è l’Inghilterra?
Difficile rispondere. Quando giri un film abitato da personaggi ed eventi che hanno fatto parte del tuo passato, come per esempio l’odiosa guerra delle Falkland in This is England, immagini di raccontare una storia che si guarda indietro. Poi però succede che apri un qualsiasi giornale e ti ritrovi di fronte ad eventi molto simili, a guerre similmente odiose, e allora qualche domanda te la fai. Ma posso assicurare che quando ho girato This is England, ormai sei anni fa, non volevo assolutamente farne un film politico.

Il suo film però ha “annusato” lo sgradevole ritorno dell’estrema destra.
Purtroppo quel che è accaduto a Oslo poteva succedere ovunque. Ogni volta che c’è una grande disoccupazione, una crisi, la politica di destra gioca sulla disillusione della gente: accade in ogni cultura alla disperata ricerca di risposte. È qualcosa che si manifesta ciclicamente, una follia destinata purtroppo a tornare ancora.

Con che sentimenti ha vissuto la recente escalation di violenza in molte città inglesi?
Non conoscendo a fondo le parti in gioco, non posso giudicare serenamente quanto avvenuto. Posso dire che mi dispiace molto. E che a me quelle rivolte sembravano, più che proteste, esplosioni di violenza fini a se stesse, messe a segno da una piccola parte della comunità.

Dice che non voleva fare un film politico, ma allora perché parlare delle Falkland?
Perché quella guerra è una delle prime cose che vengono in mente a un inglese quando la sua memoria torna agli anni ’80: c’era la musica, c’era la moda, e c’era la guerra delle Falkland. Quel conflitto era un elemento che avrebbe aiutato la storia ad essere credibilmente ambientata in quella precisa epoca, non potevo ignorarlo.

È vero che il suo film nasce da un fatto autobiografico?
Sì, sono stato uno skin e per un periodo ho avuto una mia banda, ma poi me ne sono distaccato. Quando ho incontrato il produttore di This is England avevo un paio di idee in testa per un film, ma questo soggetto parzialmente autobiografico era quello che ci convinceva di più. Anche perché il setting era perfetto: parlava di un tempo senza internet, più tribale, con pochi canali in tv, le cassette al posto dei dvd, e un modo di fare informazione completamente diverso. Ci sono bambini che oggi non possono credere che vivessimo così.

Un setting, quello degli anni ’80, tornato oggi di gran moda.
Sì è vero, ma la nostalgia per gli anni ’80 è scoppiata qualche anno dopo il mio film. Pensi che in Inghilterra stiamo distribuendo una serie tv tratta da This is England, con gli stessi personaggi e naturalmente lo stesso setting.

La performance del giovane protagonista, Thomas Turgoose, è straordinaria. Come ha trovato il suo attore? È un non professionista?
Era l’aspetto più difficile e rischioso del film. L’ho cercato ovunque per quattro mesi senza trovarlo, poi mi sono affidato a un grandissimo casting director, Des Hamilton, che ha cominciato a portarmi nelle comunità per ragazzi difficili, nei centri commerciali, per strada alla ricerca di ragazzini “veri”, cioè quelli che fumano, bevono e non gliene frega niente di essere o non essere parte di un film. Quando ho visto Thomas ho capito che era perfetto: non aveva mai recitato, era ribelle a scuola, e naturalmente c’era la possibilità che cominciasse ma non finisse mai il film. Valeva la pena provare: c’era qualcosa di speciale in lui.

E ora Thomas che fa?
L’attore. È strepitoso e ha già vinto diversi premi.

Quali sono i suoi prossimi progetti?
Seguire la serie tv di This is England, e poi finire di girare il mio prossimo film: la storia di un famoso scrittore francese morto nel ’67.

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