Marie Antoinette

Il film di Sofia Coppola dà un ritratto di un mood, un modo di sentire, anche di atteggiarsi che è lo specchio di molti che come me sono cresciuti negli anni '80. La bellezza scaturisce dalla tragicità sommessa del destino di una ragazza che diventa regina non per inclinazione ma per nascita. La malinconia dal contrasto tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che è dato di essere, tra l'algida vita di corte e la colonna sonora di ispirazione punk. E che dire dei costumi, delle scenografie: glamour puro, che si amalgama alla musica in una rivelazione: la stessa attenzione all'estetica che si respirava negli artistici anni del dark, del new romantic più alternativo. Un omaggio ad Adam and the Ants, un omaggio ai Cure. Film spesso silenzioso, forse sulla falsariga di Barry Lindon, ma senza voci fuori campo. Silensioso, musicale, ipnotico nell'insistenza su primi piani perfetti. In questo film Kirsten Dunst dà il meglio, in tutta la sua selvaggeria racchiusa nella grazia di un cammeo. Non è solo il ritratto di una donna realmente vissuta e tragicamente morta, ma è anche il ritratto della ricerca delle donne di oggi, il Piccolo Trianon come un tempio, un'Arcadia moderna dove ricostruire, finchè dura, una naturalità femminile in via di estinzione. Meraviglioso e triste, fa pensare molto.