Inland Empire - L'impero della mente

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Un film di David Lynch. Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Harry Dean Stanton, Julia Ormond.
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Titolo originale Inland Empire. Drammatico, durata 172 min. - USA, Polonia, Francia 2006. - Bim Distribuzione uscita venerdì 9 febbraio 2007. MYMONETRO Inland Empire - L'impero della mente * * * 1/2 - valutazione media: 3,74 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

anche i morti sognano Valutazione 4 stelle su cinque

di Giuseppe Marino


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martedì 27 febbraio 2007

Il vecchio Bukowski avrebbe definito “troppo sensibili” molti rappresentanti della critica e del pubblico cinematografico. Persone che hanno una paura fottuta di potersi annoiare al cinema, di non comprendere ogni passaggio narrativo, di trovarsi di fronte a ripetizioni, digressioni, mutismi. Il cinema non deve necessariamente divertire, coinvolgere, distrarre. In fondo nessuno dà per scontato di dover spegnere il cervello quando vede una mostra, o ascolta un concerto, o legge un saggio. Lo fa per acquisire qualcosa e, quando va bene, per provare piacere. Con Inland Empire Lynch accentua l’elemento puramente visivo e la costruzione onirica che infettano in maniera più o meno profonda gran parte delle sue opere, restituendo quello che è sia il suo film più personale, in quanto espressione di un talento meramente cinematografico, sia quello meno originale, in quanto approfondimento di suggestioni già proposte. Quel che offre Lynch non è un prodotto classicamente cinematografico, ma un’allucinazione, che è possibile ritrovare in un cartone di Oshii, in un pezzo free jazz o in un sonno inquieto. La ricerca di un’espressione puramente cinematografica conferisce all’opera un respiro più ampio, lontana dall’abitudine del mezzo ma più assimilabile e direttamente correlabile alle abitudini e alle esperienze dell’uomo. Bisogna anche specificare che questo film niente ha a che fare con la videoarte, riferimento che ricorre allorquando l’intreccio di un film risulta meno palese del solito. Ogni frazione del film ha una forte coerenza interna, anche narrativa, e rimandi di luoghi, situazioni, oggetti, fanno dell’opera una compatta visione di quasi tre ore. Il ricorso a una narrazione onirica non significa di certo mancanza di narrazione, ma la possibilità di creazione di diversi piani e diversi raccordi, significa tendenza alla sospensione, alla suggestione, all’incompletezza. In un continuo rincorrersi e sovrapporsi di diverse realtà, piuttosto che cercare di ricondurre ogni segmento alla nuova dimensione svelata (che sarà presto anch’essa messa in discussione), converrà lasciare che ogni frazione narrativa viva della propria coerente autosufficienza, della propria plausibilità, esattamente come in un sogno. Se quello che abbiamo visto e abbiamo pensato facesse parte della realtà filmica si rivela d'un tratto essere oggetto di finzione all'interno del film stesso, in quest'opera non credo sia conveniente rivedere lo statuto di verità di quel segmento-mondo, piuttosto conviene aggiungere un altro livello, prendere atto della sua esistenza. Come in Mulholland il film può essere letto come il sogno di un morto, fatto di personaggi indefiniti, di illusioni e bruschi ritorni alla realtà passata, attraverso un progressivo decadimento del corpo e dell’animo del personaggio. Con la differenza che in Inland Empire non è facile neanche stabilire l’origine del sogno. Inland Empire è girato in digitale. In alcuni casi questo rende evidenti alcune costruzioni di derivazione televisiva, con primi piani e lunghe pause da soap opera; in altri momenti il digitale contribuisce a rendere asettiche le luci marce e artificiali, facendo corrispondere alle frazioni più tematicamente (iper)realistiche soluzioni visivamente espressioniste . Ne risulta un film freddo, spesso capace di colpisce e suscitare ammirazione, che rinuncia all’immedesimazione e all’empatia: l’opera incuriosisce non sul cosa succederà nella scena successiva, ma su cosa si vedrà nella stessa.

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