thedreamer69
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mercoledì 27 giugno 2007
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un film suggestivo e moderno sull'amore
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Suggestivo: Perche' le parole "Amore" o "Ti amo" cosi' abusate in certe pellicole occidentali, non vengono mai citate, ma semplicente vengono evocate attraverso le immagini e attraverso le azioni di Tuya.
Infatti, ogni gesto di Tuya e' pregno di "Amore", quando per esempio:
Insiste nel non abbandonare il marito invalido.
Sconsiglia al futuro marito di costruire un pozzo pericoloso
Salva il figlio dal freddo e dai lupi
Ospita nella sua casa estranei da tutte le parti della Cina
Moderno: chi l'ha visto, rimane sorpreso dalla modernita' dei dialoghi in un contesto rurale e ai confini del mondo come puo' essere il deserto della Mongolia.
"Mia moglie mi ama per i soldi e per il camion.
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Suggestivo: Perche' le parole "Amore" o "Ti amo" cosi' abusate in certe pellicole occidentali, non vengono mai citate, ma semplicente vengono evocate attraverso le immagini e attraverso le azioni di Tuya.
Infatti, ogni gesto di Tuya e' pregno di "Amore", quando per esempio:
Insiste nel non abbandonare il marito invalido.
Sconsiglia al futuro marito di costruire un pozzo pericoloso
Salva il figlio dal freddo e dai lupi
Ospita nella sua casa estranei da tutte le parti della Cina
Moderno: chi l'ha visto, rimane sorpreso dalla modernita' dei dialoghi in un contesto rurale e ai confini del mondo come puo' essere il deserto della Mongolia.
"Mia moglie mi ama per i soldi e per il camion. Ma quando mi comprero' il camion e i soldi li faro' davvero, saro' io che andro' via da lei" e' cosi che dice il suo amico e futuro marito...
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ashtray_bliss
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martedì 7 aprile 2015
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tra autodeterminazione ed emancipazione.
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Rittratto coinvolgente e etnograficamente interessante di una donna che mostra coraggio e autodeterminazione in una delle comunità più remote della Terra; quella della Mongolia ai confini con la Cina. Ambientato nei giorni nostri, Il matrimonio di Tuya, ci catapulta all'interno delle comunità nomadi che vivono di pastorizia nelle aride e fredde steppe mongole, dove la protagonista avrà occasione di mostrare tutta la sua tenacia, forza di volontà e audacia quando deciderà volontariamente di farsi carico della sua famiglia.
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Rittratto coinvolgente e etnograficamente interessante di una donna che mostra coraggio e autodeterminazione in una delle comunità più remote della Terra; quella della Mongolia ai confini con la Cina. Ambientato nei giorni nostri, Il matrimonio di Tuya, ci catapulta all'interno delle comunità nomadi che vivono di pastorizia nelle aride e fredde steppe mongole, dove la protagonista avrà occasione di mostrare tutta la sua tenacia, forza di volontà e audacia quando deciderà volontariamente di farsi carico della sua famiglia. Tuya infatti ha un marito invalido, dopo un grave incidente subito nel tentativo di scavare un pozzo d'acqua, mentre ha anche due bambini piccoli da accudire, e un esaustivo lavoro di pastorizia che dà da vivere ai quattro. La vita che conduce la donna è infatti pesante, routinaria, poco appagante, eppure c'è qualcosa di straordinario nel assistere alla determinazione di questa perspicace donna mongola di far andare avanti l'intera famiglia senza alcun aiuto di terzi o ausilio di macchinari. Una donna che riesce in pieno a imporsi all'interno di una comunità chiusa e dalle rigide regole imposte dalla tradizione (maschilista) alle quali lei riesce a tener testa. Eppure, tutto è destinato a cambiare quando anche la donna resterà vittima dun incidente che le impone di riguardarsi e smettere al più presto i lavori pesanti. Il fatto, la spingera in accordo col marito. a chiedere il divorzio, in modo da poterle consentire di risposarsi e trovare un altro uomo in grado di prendersi cura della sua famiglia e della propria attività alla quale lei è naturalmente legata. E Tuya, nonostante sia una vera Lady di Ferro, accetta la realtà dei fatti.
Subito dopo il divorzio, inizia la parte più interessante della pellicola, quella che riesce a farci percepire come 'funziona' la tradizione Mongola; fatta di pretendenti i quali una volta informati si recano a casa della donna a chiederla in moglie. Anche qui, nulla di strano, nulla che non sia in qualche modo 'accetabile' nelle società più maschiliste e quindi non vi è nulla che sconvolge in particolar modo lo spettatore. Ma a capovolgere lo scenario ancora una volta è l'eroina del lungometraggio, la quale si impone sempre sull'unica questione che le sta veramente a cuore: il proprio marito disabile che si rifiuta di abbandonare. ''Se decidi di sposarmi dovrai accettare anche Batoer" ripete con fermezza ai pretendenti.
Un atteggiamento inusuale, certamente in contrasto con lo stereotipo della donna orientale sottomessa, timida e schiva, magari anche subordinata alle leggi maschiliste della tradizione. Tuya riesce ad abbattere i muri, infrangere tutti questi clichè ed imporsi sullo schermo come una vera femminista. Una tosta, inflessibile, in grado di autodeterminarsi e gestirsi, la quale accetta di risposarsi non per le convenzioni sociali, ma proprio per trarre dell'utile dalla nuova unione e specialmente per non rinunciare a suo marito, l'unico uomo che ama veramente.
Ma il film, gestito e diretto in maniera assolutamente normale e lineare, vuole anche contrapporre due modi di vita totalmente diversi i quali sono destinati a incrociarsi e scontrarsi. Il primo è rappresentato dal mondo che Tuya e la sua famiglia conoscono; un mondo 'all'antica', che si dipana tra le immense e gelide steppe della Mongolia, animate solo da poche persone e ancor meno animali che mantengono questo piccolo mondo ancora in piedi. L'altro è rappresentato Baolier, il ricco pretendente della donna. Ma per estensione questo 'nuovo mondo' non può che essere associato alla modernità, alla richezza e alla tecnologia che sta lentamente contaminando anche le parti più remote e rurali del pianeta. Ovviamente questi cambiamenti non vengono esposti sotto forma di opposti radicali ma piccoli simboli di un mondo che cambia sempre più alla svelta, che avanza prepotentemente infiltrandosi maldestramente anche nella comunità di Tuya. E' l'antithesis dunque l'elemento principale di questa pellicola. La contrapposizione del vecchio versus il nuovo, della tradizione versus la modernità e di come questi elementi convivano anche forzutamente in luoghi sperduti, come appunto le steppe mongoliche. Non da meno l'antitesi è rilevata nella scelta della protagonsta stessa, di contarre un matrimonio che non vorebbe e accettare un nuovo marito laddove lei è gia sentimentalmente legata a Batoer.
Wang Quanan confeziona e propone un prodotto più che valido, che malgrado la sua apparente semplicità (la semplicità di questa pellicolla è il suo punto di forza) riesce comunque a centrare l'obbietivo, ed esercitare la sua funzione sociale sul pubblico, sollevando questioni e punti di riflessione più che mai attuali. Non aspettatevi però da codesta pellicola alcun eccesso di lirismo, pathos o carica narrativa poichè il suo centro gravitazionale resta immutabilmente la sua eroina che con la sua schiettezza di battute e la sua routinaria quotidianità conquista e convince. Essenziale pure la fotografia, che non ammallia ma fotografa in modo onesto e genuino la fauna e flora della Mongolia Cinese. Folkloristica e intrigante la scena finale del matrimonio.
Cinema pesante da digerire, probabilmente, ma vero cinema d'essai.
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gianleo67
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giovedì 20 settembre 2012
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la piccola donna delle grandi pianure
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Tuya vive di pastorizia e del suo massacrante lavoro per mantenere il marito infermo e i due figli piccoli, in una casa isolata tra le steppe mongole della Cina. Quando anche lei si infortuna è costretta, suo malgrado, a divorziare dal marito per risposarsi con uno, fra i tanti pretendenti che si presentano alla sua porta, che possa provvedere alle necessità della sua famiglia. Ammirevole per la misura etica del suo realismo lirico e le suggestioni paesaggistiche della sua cifra estetica, il dramma sociale di Wang Quanan è la gemma rara e preziosa di un cinema orientale che , come la sua fiera e bella protagonista, diventa simbolo e vessillo etnico di quei principi indissolubili su cui si fonda universalmente quel nucleo minimo di aggregazione sociale chiamato famiglia: centro gravitazionale di valori e aspirazioni in cui i singoli individui si accreditano come parte inscindibile di una comunità.
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Tuya vive di pastorizia e del suo massacrante lavoro per mantenere il marito infermo e i due figli piccoli, in una casa isolata tra le steppe mongole della Cina. Quando anche lei si infortuna è costretta, suo malgrado, a divorziare dal marito per risposarsi con uno, fra i tanti pretendenti che si presentano alla sua porta, che possa provvedere alle necessità della sua famiglia. Ammirevole per la misura etica del suo realismo lirico e le suggestioni paesaggistiche della sua cifra estetica, il dramma sociale di Wang Quanan è la gemma rara e preziosa di un cinema orientale che , come la sua fiera e bella protagonista, diventa simbolo e vessillo etnico di quei principi indissolubili su cui si fonda universalmente quel nucleo minimo di aggregazione sociale chiamato famiglia: centro gravitazionale di valori e aspirazioni in cui i singoli individui si accreditano come parte inscindibile di una comunità.Tra le necessità economiche indotte dall'invalidità dell'anziano capofamiglia e l'ostilità desolata di una steppa arida e fredda, l'autore muove il suo sguardo acuto e partecipe (senza indulgere tuttavia al pietismo o ad una fredda disamina sociologica) all'analisi naturalista di quelle forze disgregatrici volte ad incrinare e dissolvere i saldi legami familiari, proponendo una esemplare figura di donna che ne rappresenti baricentro inamovibile e tenace collante.
Dominante è certo la tematica sociale che tuttavia non si esaurisce nella sia pur accurata ricostruzione d'ambiente, tra tradizioni antiche e lampi di modernità, ma approfondisce la sua ricerca attraverso una accorata e credibile analisi psicologica di caratteri forgiati dall'aspra durezza del clima e delle drammatiche condizioni di una economia retrograda, dove pure l'urgenza quodidiana della sopravvivenza non scalfisce il valore profondo dei sentimenti umani e dei legami di sangue. Al di fuori dei canoni di un mero documentarismo non manca una concessione, sia pure sorvegliata, alla coloritura romanzesca di una narrazione che si fa ora tragica ora venata di tenera ironia, garantendo comunque la tenuta costante del registro espressivo al di là di qualunque adesione agli stereotipi del genere. Una preziosa fotografia esalta le suggestioni visive di un pianeta remoto dove l'immensità dell'orizzonte lambisce il pallido disco di un sole malato, acuendo il senso di smarrimento dell'uomo di fronte allo scenario sconfinato di una natura inclemente. Cinema d'autore dove il rigore della visione e l'impronta registica dominano la scena, agitando le figure di attori in balia di oscuro demiurgo e dove pure riluce la fulgida stella di una splendida protagonista, nobile discedente di una stirpe antica e bellissima regina di cuori.
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