danielefisarmonica
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venerdì 18 gennaio 2008
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capolavoro in barba ai generi e attraverso di essi
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"Il Labirinto del Fauno", di Del Toro: un film che ha diviso il pubblico. Ascoltando le motivazioni di coloro cui non è piaciuto ho notato che l'accusa principale che gli viene fatta è quella di non rientrare nei canoni dei generi cinematografici, ponendosi in un terreno indefinito a metà strada tra i generi fantasy, horror, splatter e storico. Ambientato nella guerra civile spagnola, effettivamente, questo è un film storico anche molto realistico (fino al limite dello splatter) con continue e brusche incursioni nel fantastico, dove spesso riesce a generare una paura profonda e terrificante degno del miglior horror; inoltre è un film che descrive l'universo fantastico e onirico infantile ma non è certo un film per bambini.
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"Il Labirinto del Fauno", di Del Toro: un film che ha diviso il pubblico. Ascoltando le motivazioni di coloro cui non è piaciuto ho notato che l'accusa principale che gli viene fatta è quella di non rientrare nei canoni dei generi cinematografici, ponendosi in un terreno indefinito a metà strada tra i generi fantasy, horror, splatter e storico. Ambientato nella guerra civile spagnola, effettivamente, questo è un film storico anche molto realistico (fino al limite dello splatter) con continue e brusche incursioni nel fantastico, dove spesso riesce a generare una paura profonda e terrificante degno del miglior horror; inoltre è un film che descrive l'universo fantastico e onirico infantile ma non è certo un film per bambini. Giusto che chi va al cinema con la griglia e le aspettative dei distinti generi cinematografici rimanga profondamente deluso, e si distacchi emotivamente dal film già dopo le prime scene. Noi sappiamo però che i capolavori se ne infischiano dei confini formali dei generi e questo film è per me un capolavoro assoluto. Il corto circuito continuo e apparentemente schizofrenico tra realtà storica e fantasia, vissuto attraverso la visuale di una bambina vittima innocente, in entrambi i piani, degli eventi che la travolgono, ha un ritmo potente e coinvolgente e chi ci si abbandonerà lasciandosi trasportare senza riserve dalle sue ondate sempre più serrate sarà condotto in un crescendo narrativo ed emotivo impressionante e talvolta difficilmente sostenibile per l'intensità e la forza delle immagini, un crescendo che culmina nell'efficacissimo finale in cui i drammi vissuti dalla bimba sui due diversi piani (fantastico e reale), fino ad allora vissuti in modo parallelo e poco collegato, finiscono per confluire moltiplicando le drammaticità di cui sono portatori. Se c'è un parallelo cinematografico possibile questo è secondo me "Dancing in the dark" di Von Trial, dove si realizza un crescendo simile in corto circuito tra realtà (la vicenda cruda e drammatica ambientata realisticamente nella società americana) e fantasia (il mondo mitico e felice del musical americano), due piani distinti e contrastanti vissuti parallelamente dalla protagonista che confluiscono con grande drammaticità nel momento della sua esecuzione, in cui lei, condannata a morte ingiustamente dalla legge americana, muore cantando tra le lacrime la canzone "My favourite things", icona musicale che incarna i sogni felici propagandati dal musical americano. Analogamente nel momento culminante de "Il Labirinto del Fauno" la piccola protagonista muore uccisa dal crudele comandante franchista ma in quello stesso istante ritorna ad essere regina nel suo regno fantastico. Allora noi ci chiediamo, ovviamente, quale sia la realtà "vera" per il film: la risposta è nelle ultime scene dalle quali sembra di poter capire che la piccola martire continua spiritualmente a vivere incoronata come regina nella memoria della gente. Diversamente dal carnefice che muore senza futuro, senza eredi, senza sogni: suo figlio infatti verrà adottato tra la gente che non trasmetterà a lui la memoria di chi gli è stato padre.
Daniele Mutino
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lunedì 27 novembre 2006
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impossibili meraviglie
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Del Toro definisce il fascismo ” una perversione dell’innocenza dell’infanzia” ma Il labirinto del fauno, seconda puntata di una trilogia “spagnola”, contrappone il locus horridus della Storia al paradiso perduto della fanciullezza: la principessa di un regno incantato, dove non esistono dolore e morte, spinta dal desiderio di conoscere gli uomini, evade dal suo mondo e si risveglia nei panni di Ofelia, una bambina sensibile ed infelice, costretta a subire le angherie di un patrigno malvagio e la morte dell’amata e fragile madre. L’eterno conflitto fra bene e male rivive all’interno di un mulino sperduto fra i boschi dove combattono i franchisti e gli ultimi oppositori alla dittatura, però a portare il peso dell’impari lotta sono le gracili spalle dell’adolescente, che, aiutata da allodole-folletto e dalla governante, per ritrovare l’ identità smarrita, deve addentrarsi in un dedalo di rocce e superare tre prove: la tensione provocata dall’incompatibilità fra la dura realtà e la sopravvivenza nell’animo della fanciulla di un universo fantastico ancora intatto è il cuore pulsante della pellicola.
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Del Toro definisce il fascismo ” una perversione dell’innocenza dell’infanzia” ma Il labirinto del fauno, seconda puntata di una trilogia “spagnola”, contrappone il locus horridus della Storia al paradiso perduto della fanciullezza: la principessa di un regno incantato, dove non esistono dolore e morte, spinta dal desiderio di conoscere gli uomini, evade dal suo mondo e si risveglia nei panni di Ofelia, una bambina sensibile ed infelice, costretta a subire le angherie di un patrigno malvagio e la morte dell’amata e fragile madre. L’eterno conflitto fra bene e male rivive all’interno di un mulino sperduto fra i boschi dove combattono i franchisti e gli ultimi oppositori alla dittatura, però a portare il peso dell’impari lotta sono le gracili spalle dell’adolescente, che, aiutata da allodole-folletto e dalla governante, per ritrovare l’ identità smarrita, deve addentrarsi in un dedalo di rocce e superare tre prove: la tensione provocata dall’incompatibilità fra la dura realtà e la sopravvivenza nell’animo della fanciulla di un universo fantastico ancora intatto è il cuore pulsante della pellicola. Dunque il labirinto e la fortezza, l’iniziazione graduale e l’aiutante magico, il perfido nemico, la curiosità fatale, creature fantastiche e libri magici acquistano nel lungometraggio una cupa veridicità dal realizzare un eroico e disperato contrappeso agli orrori senza possibilità di redenzione della Storia, costituita da un perenne avvicendarsi di vincitori e vinti, divisi dalle divise indossate eppure uniti dalla volontà di sopraffazione e dalla vanità arrogante: la vicenda è collocata nel 1944, tuttavia dal contesto vagamente abbozzato delle guerre civili spagnole a emergere è la crudeltà efferata delle torture inflitte ai deboli, soprattutto donne, incarnatasi simbolicamente nel demonico capitano Vidal. Il labirinto del fauno è allora una malinconica rivisitazione in chiave realistica del capolavoro di Lewis Caroll, Alice nel paese delle meraviglie: gli specchi fatati, accessi a un’altra dimensione, sono scomparsi, gli ultimi residui di innocenza hanno la forza di aprire disegnandole sui muri con il gesso porte stregate, destinate a chiudersi per sempre con lo svanire di essa. Il paese delle meraviglie, creato su ispirazione della pittura di Goya e impoverito fascinosamente dalla totale assenza di effetti speciali, viene prima invaso e contaminato e poi ricacciato indietro da quello delle brutture umane: la principessa muore per rinascere Ofelia, Ofelia muore per risorgere Principessa nell’al di là; il viaggio di esplorazione nel dolore non approda a nulla, il superamento dell’ultima prova coincide con l’eroica e generosa rinuncia alla vita. Alla terra restano Auschiwitz, i tanti carnefici e il marchio d’infamia incancellabile su un uomo che per essere tale deve ignorare chi sia stato suo padre. http:/slilluzicando.splinder.com
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fabio t.
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venerdì 3 agosto 2007
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film riuscito perché o si ama o si odia
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"Il labirinto del fauno" è un pugno nello stomaco ed esula da facili etichettature. Non ci sono compromessi, nonostante le numerose allegorie, e affermare la sua ingiusta crudeltà, il suo esasperato realismo e l'intenzionale crudezza parrebbe quasi scoraggiare la visione del film stesso. In realtà non è così, e a mio avviso emergono pochi punti deboli e molte idee più che buone. I primi, inutili negarlo, sono da ravvisare in qualche fastidiosa forzatura della sceneggiatura, con personaggi fin troppo votati alla morte e senza troppa ragionevolezza. Così come il generale e palese senso di claustrofobia che Del Toro trasmette di continuo, pur trattandosi di scene girate spesso all'aperto. I punti forti sono tanti (il regista stesso ce ne suggerisce a sufficienza), a partire dalla colonna sonora, e vale la pena citarne alcuni: il fauno come ritorno alla terra primordiale e alle origini dell'innocenza perduta; le prove iniziatiche; il simbolismo del labirinto che invita alla ricerca in cui perdersi per ritrovare forse il senso di tutto; il mostro nei sotterranei il cui sguardo tramite le mani ci ricorda il saluto nazista e la stessa aberrante 'visione' hitleriana; il significato mitologico e ancestrale dell'albero della vita; l'ineluttabile necessità del sacrificio per il riscatto dalla disumanità dell'uomo.
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"Il labirinto del fauno" è un pugno nello stomaco ed esula da facili etichettature. Non ci sono compromessi, nonostante le numerose allegorie, e affermare la sua ingiusta crudeltà, il suo esasperato realismo e l'intenzionale crudezza parrebbe quasi scoraggiare la visione del film stesso. In realtà non è così, e a mio avviso emergono pochi punti deboli e molte idee più che buone. I primi, inutili negarlo, sono da ravvisare in qualche fastidiosa forzatura della sceneggiatura, con personaggi fin troppo votati alla morte e senza troppa ragionevolezza. Così come il generale e palese senso di claustrofobia che Del Toro trasmette di continuo, pur trattandosi di scene girate spesso all'aperto. I punti forti sono tanti (il regista stesso ce ne suggerisce a sufficienza), a partire dalla colonna sonora, e vale la pena citarne alcuni: il fauno come ritorno alla terra primordiale e alle origini dell'innocenza perduta; le prove iniziatiche; il simbolismo del labirinto che invita alla ricerca in cui perdersi per ritrovare forse il senso di tutto; il mostro nei sotterranei il cui sguardo tramite le mani ci ricorda il saluto nazista e la stessa aberrante 'visione' hitleriana; il significato mitologico e ancestrale dell'albero della vita; l'ineluttabile necessità del sacrificio per il riscatto dalla disumanità dell'uomo. Ma è bene precisare che questo film, con tutti i generosi prestiti dalla letteratura fantasy, NON è un film fantasy e altro non fa che ricordarci per l'ennesima volta quanto quest'ultimo genere sia tanto ricco creativamente e significativamente quanto sottovalutato o misconosciuto. Solo pochissimi registi secondo me hanno ben trasposto il fantasy puro (Boorman con "Excalibur", Milius con "Conan il barbaro", Jackson con "Il signore degli anelli") e molti di loro dovrebbero leggere i libri, da Tolkien a David Gemmell per intenderci, e poi rileggerli per capirne lo spirito prima di produrre film commerciali e banali. Del Toro mescola con lodevole bravura realismo drammatico e fantasy gotico, realizzando una tragedia moderna dal doppio percorso: è la bambina la pazza visionaria (nessun'altro vede ciò che lei stessa vede) che sogna un mondo più vivibile o sono gli uomini dal cuore duro e disincantato a essere i pazzi che credono di cambiare le cose con l'ambizione e il potere? Il film non lascia via di scampo tra i due percorsi, né regala speranze perché da sempre pare vigere la legge del più forte con gli innocenti a perire per tutti; per queste ragioni "Il labirinto del fauno" palesa la sua natura: o lo si respinge a priori o lo si accetta... e si riflette.
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kiron
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domenica 27 maggio 2007
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l'etica di ofelia
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Forse questo è un film che non andrebbe recensito - proprio perchè e come non dovrebbero esere mai recensite le immagini, le poesie, le favole e i sogni. Forse bisognerebbe parlarne, assumendosi appieno la responsabilità e il rischio della notevole soggettività di quel parlare e dire. Ed è proprio già qui che si può cogliere un grande merito di questo film: quello di pro-vocare risposte che sono e-vocazioni, intrise di sentimenti, emozioni, angosce e...anche pensieri.
Assumendo quindi i rischi di questo dire, non esito a dichiarare che Il labirinto del fauno è un film essenzialmente etico, intensamente etico: di una eticità forte e densa, che va al cuore del senso stesso dell'etica: al perchè è bene.
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Forse questo è un film che non andrebbe recensito - proprio perchè e come non dovrebbero esere mai recensite le immagini, le poesie, le favole e i sogni. Forse bisognerebbe parlarne, assumendosi appieno la responsabilità e il rischio della notevole soggettività di quel parlare e dire. Ed è proprio già qui che si può cogliere un grande merito di questo film: quello di pro-vocare risposte che sono e-vocazioni, intrise di sentimenti, emozioni, angosce e...anche pensieri.
Assumendo quindi i rischi di questo dire, non esito a dichiarare che Il labirinto del fauno è un film essenzialmente etico, intensamente etico: di una eticità forte e densa, che va al cuore del senso stesso dell'etica: al perchè è bene...fare il bene. E, massimamente, quel bene che è la rinuncia radicale, implacabile della violenza. di ogni violenza, a partire dalla sua essenziale, tragica menifestazione omicida. Ciò che però conferisce originalità e forza quasi filosofica al film è il modo in cui tale rinuncia viene strategicamente additata: mi riferisco proprio a quel capolavoro che sono gli ultimi minuti del film, spesi in due sequenze esemplari. La penultima: che potremmo chiamare "della dignità immensa di Ofelia". L'ultima che si potrebbe invece dire come "dell'amore dignitoso degli sconfitti" ovvero "come sconfiggere il maligno".
La dignità immensa di Ofelia risiede tutta in quel suo candido, deciso e "ovvio" rifiuto all'invito che il Fauno le rivolge e che le pone come condizione essenziale per diventare Principessa: per realizzare il suo commovente e disperato sogno/bisogno di felicità. Si tratta per lei di non barattare per quel sogno la vita del fratellino/fratellastro: di non spargere nemmeno un goccia (una lacrima) di sangue innocente - perchè nulla vale quel sangue: perchè non c'è nulla per cui valga la pena spargere qualsiasi goccia di sangue. Nemmeno la voce di "Dio" va obbedita quando ci ordina di saprgere sangue innocente! E qui il Fauno apre un po' quel dio dell'antico testamento e Ofelia è incredibilmente più morale e candida e vera di Abramo. E forse perchè non agisce per fede, ma per una innata capacità di sentire l'altro, per un suo immediato identificarsi col fratellino (indipendentemente dall'orrore che è il padre). Dicendo quel bellissimo no al Fauno Ofelia che per questo muore, non può non "risorgere", non venire premiata, e in questo modo essere simbolo di speranza - la speranza essenso del resto la grande virtù teologiale di quesro film.
Che nella sua ultima scena, si chiude coerentemente con l'accoglimento del figlio del capitano nel gruppo dei partigiani che lo cresceranno senza memoria del padre - ovvero interrompendo la continuità transegnerazionale dell'orrore che il padre voleva chiedendo di parlare di sè al figlio. Proprio questo silenzio sul questo padre diviene non banale "vendetta" ma tutela dell'innocenza del figlio - che così scampa uns econdo tentativo di omicidio, questa volta mentale, dell'anima. Accade, in qeusto modo, che Del Toro riesca, con incredibile maestria, a trasformare o forse a collocare il senso dell'intera storia su un piano più elevato e profondo di quello di una denuncia dell'orrore del franchismo: il piano appunto dell'etica che è essenzialmente il piano del non agire violenza. Per questo Ofelia, alla fine, diviene la seconda e più vera madre del suo fratellino accolto in una solidale società di resistenti che opera come alternativa adulta ad un demoniaca e pur così umana "Legge del Padre".
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piernelweb
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martedì 27 marzo 2007
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labirinti onirici
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Originalissimo fantasy-dramma del talentuoso regista messicano Guillermo Del Toro. Ne "Il labirinto del Fauno" convivono armoniosamente tragedia bellica e fiabesco gotico collegati attraverso il personaggio della piccola Ofelia, porta tra due mondi(reale e immaginario)complementari e contrapposti. Del Toro trova la giusta chiave narrativa e visionaria nell'idealizzare, come e solo un bambino può essere in grado di fare, la via di fuga da una realtà tragica e opprimente. Una fiaba nera, senza lieto fine, che riserva sequenze di valore soprattutto nella parte fantastica (il rospo che vive nell'albero cavo e in particolar modo l'inseguimento dell'orco) ed un finale commovente. Osannato dal pubblico e dalla critica negli USA, il film è stato clamorosamente snobbato dalla distribuzione italiana, evidentemente incapace (autogol clamoroso) di valutarne oltreché le qualità autoriali le notevoli potenzialità comunicative ed emotive sempre gradite dallo spettatore medio.
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Originalissimo fantasy-dramma del talentuoso regista messicano Guillermo Del Toro. Ne "Il labirinto del Fauno" convivono armoniosamente tragedia bellica e fiabesco gotico collegati attraverso il personaggio della piccola Ofelia, porta tra due mondi(reale e immaginario)complementari e contrapposti. Del Toro trova la giusta chiave narrativa e visionaria nell'idealizzare, come e solo un bambino può essere in grado di fare, la via di fuga da una realtà tragica e opprimente. Una fiaba nera, senza lieto fine, che riserva sequenze di valore soprattutto nella parte fantastica (il rospo che vive nell'albero cavo e in particolar modo l'inseguimento dell'orco) ed un finale commovente. Osannato dal pubblico e dalla critica negli USA, il film è stato clamorosamente snobbato dalla distribuzione italiana, evidentemente incapace (autogol clamoroso) di valutarne oltreché le qualità autoriali le notevoli potenzialità comunicative ed emotive sempre gradite dallo spettatore medio.
Voto: 8
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il masticatore di teschi
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lunedì 26 marzo 2007
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la faccia viva del cinema fantasy
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Nel suo genere il labirinto del fauno può definirsi un capolavoro, un film apparentemente stupido ma delicato come non mai, fine,intelligente e amaro.
Preso in generale, nella massa di fantasy di cattivo gusto e troppo pieni di celebrità,di effetti speciali tutto fumo e niente arrosto,è un film innovativo...per certi apetti quasi precursore del neo genere storico fanatsy.
Questo perchè le parti storiche sono molto accurate e appassionanti e resta sempre un pezzo di mondo incantato, che seppur atroce si distacca dalla realtà.Questo perchè il labirinto del fauno è un per palati fini, non per la massa di cineasti hoolywoodiani che del cinema hanno capito ben poco che tentano di vendere fumo abboccando solo ignoranti cultori degli effetti speciali.
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Nel suo genere il labirinto del fauno può definirsi un capolavoro, un film apparentemente stupido ma delicato come non mai, fine,intelligente e amaro.
Preso in generale, nella massa di fantasy di cattivo gusto e troppo pieni di celebrità,di effetti speciali tutto fumo e niente arrosto,è un film innovativo...per certi apetti quasi precursore del neo genere storico fanatsy.
Questo perchè le parti storiche sono molto accurate e appassionanti e resta sempre un pezzo di mondo incantato, che seppur atroce si distacca dalla realtà.Questo perchè il labirinto del fauno è un per palati fini, non per la massa di cineasti hoolywoodiani che del cinema hanno capito ben poco che tentano di vendere fumo abboccando solo ignoranti cultori degli effetti speciali.
Se intendete così il cinema i vidoeogames esistono per questo...
4 stelle
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paolo ciarpaglini
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martedì 4 settembre 2007
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bello ma..
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Bellissima favola, ma c'è un problemino: le immagini agghiaccianti della repressione franchista. Sembrano due film messi assieme, ed entrambi ottimamente riusciti. Quanto è cambiato il mondo, verrebbe da dire.. Film di tale inaudita violenza, solo 20 anni fa non sarebbero passati alla censura. Oggi non esistono più film che invece a mio avviso, come fanno eccessivamente in tv, andrebbero 'suggeriti' ad un pubblico medio-adulto. In questo caso per una riproposizione storica violentissima, che niente dovrebbe spartire con ciò che una 'famiglia' si attenderebbe dal titolo. Censuriamo un paio di seni in prima serata, 'come i più imbecilli dei perbenisti', senza invece mettere bollini rossi a tg, trasmissioni e film che ne avrebbero ben donde.
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Bellissima favola, ma c'è un problemino: le immagini agghiaccianti della repressione franchista. Sembrano due film messi assieme, ed entrambi ottimamente riusciti. Quanto è cambiato il mondo, verrebbe da dire.. Film di tale inaudita violenza, solo 20 anni fa non sarebbero passati alla censura. Oggi non esistono più film che invece a mio avviso, come fanno eccessivamente in tv, andrebbero 'suggeriti' ad un pubblico medio-adulto. In questo caso per una riproposizione storica violentissima, che niente dovrebbe spartire con ciò che una 'famiglia' si attenderebbe dal titolo. Censuriamo un paio di seni in prima serata, 'come i più imbecilli dei perbenisti', senza invece mettere bollini rossi a tg, trasmissioni e film che ne avrebbero ben donde. La favola è stupenda, di superba fattezza, e forse ha come unica pecca-pregio proprio lo stridente contrasto trà 'guerra civile-bisogno di sogni' come ultimo rifugio. Insomma Del Toro ci va giù e pesante, ma dimostra di possedere grandissima maestria. Con Hell Boy mi ha conquistato completamente, fantasia eccelsa, l'irresistibile autoironia del bestione buono. Ma anche in quel caso ha preso in 'prestito' i nazisti per dar vita al suo racconto. Che sia una mania?!, se lo è gli riesce alla perfezione, in modo disarmante. Attenti ai 'piccini' non è roba per loro.
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[+] violenza ??!!
(di gambro)
[ - ] violenza ??!!
[+] secondo non cè nessun problemino
(di ilario windertone)
[ - ] secondo non cè nessun problemino
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medz
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martedì 19 giugno 2007
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saper guardare oltre
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Prima di tutto ricordiamo Quentin e constatiamo se aveva ragione o no nelle sue affermazioni: quando mai in Italia viene realizzato un film (a prescendire dalla sua qualità) di questa originalità? Ed è un film Spagnolo, non Americano...
Se questo è punto chiaro, posso in seguito affermare che il film di Guillermo del Toro è sicuramente un film molto interessante sotto vari punti di vista; è un film che va in crescendo lungo il suo percorso, tant'è che all'inizio rimane anche piuttosto freddo, in virtù forse di una struttura iniziale un po' troppo meccanica che stenta ad integrare armoniosamente la fantasia della bimba con la dura realtà della guerra; man mano che si prosegue i due aspetti si fondono maggiormente, creando uno spettacolo sempre più emozionante dello spettatore.
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Prima di tutto ricordiamo Quentin e constatiamo se aveva ragione o no nelle sue affermazioni: quando mai in Italia viene realizzato un film (a prescendire dalla sua qualità) di questa originalità? Ed è un film Spagnolo, non Americano...
Se questo è punto chiaro, posso in seguito affermare che il film di Guillermo del Toro è sicuramente un film molto interessante sotto vari punti di vista; è un film che va in crescendo lungo il suo percorso, tant'è che all'inizio rimane anche piuttosto freddo, in virtù forse di una struttura iniziale un po' troppo meccanica che stenta ad integrare armoniosamente la fantasia della bimba con la dura realtà della guerra; man mano che si prosegue i due aspetti si fondono maggiormente, creando uno spettacolo sempre più emozionante dello spettatore. L'originalità del film sta proprio in ciò, ovvero nell'inserire una storia fantasy all'interno di un contesto di guerra, un contesto storico; un operazione che fa rivalutare enormemente la potenzialità del fantasy, che non è solo un genere a sè stante che spesso dice poco e niente, ma è qualcosa che come in questa storia può servire per parlare d'altro. Perchè il film non è fantasy, non è un film per bambini, non sono le "Cronache di Narnja", qui c'è violenza e sangue, la vera e cruda violenza e sangue di una situazione di guerra; è in aggiunta c'è il fantasy, c'è la fantasia di una bambina che si crea un mondo e una avventura immaginaria per sopravvivere in quell'orribile mondo che la circonda; Del Toro non ha fatto certo un film per bambini, ma ha avuto il coraggio di unire violenza e magiche creature che possiamo solo trovare in un film per bambini; usare effetti speciali e trucco (giustamente premiato con l'oscar) che servano a raccontare altro, non le solite storie di maghetti, che servano a raccontare il forte desiderio di una bambina di fuggire, di vivere, ma di vivere in quello che sogna, di vivere in ciò che ama, ed è per questo che non è solo un fantasy, ed è per questo che non è solo un film di guerra. Il punto di forza di questo film è a mio avviso il finale che non rivelo per non fare spoiler, ma che è già citato nell'inquadratura iniziale; la decisione di giungere ad un tale finale è ragionevolissima ed è molto toccante, perchè in fondo lei se ne va con il suo mondo, e ci si accorge che non solo i "cattivi" della storia non hanno capito niente di lei, delle sue fantasie, ma neppure quelli che le volevano bene, neppure la sua adorata madre riesce a comprenderla (getta la mandragola nel fuoco). Sono cose, quelle create da Ofelia, "visibili solo agli occhi di chi sa guardare", ed evidentemente in quel mondo in cui lei vive, nessuno sa più veramente guardare, nessuno sa guardare oltre e trovare una via di fuga che non sia per forza razionale, ma sia connotata dalla fantasia.
E' un peccato non aver approffondito alcuni personaggi e aver lasciato in sospeso parecchi tratti del personaggio Ofelia; ciò gioca molto sulla riuscita emotiva finale, che sicuramente c'è, ma poteva essere maggiore. Qualche giuntura un po' scricchiolante a livello di sceneggiatura, ma ricordiamo che questo è un film d'autore, e si nota comunque la profonda forza del film, in cui il regista crede ampiamente. Una nota di merito allo splendido mostro con gli occhi sulle mani.
Un film sicuramente da vedere.
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ciaci83
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venerdì 4 gennaio 2008
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difficile da classificare
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Il labirinto del fauno è risultato ai miei occhi come un riuscito mix tra film storico/fiaba/fantasy/horror. Una storia plausibile, che al contrario delle altre saghe o episodi fantasy connette in maniera forte e biunivoca la realtà con il mondo immaginario...,se così vogliamo definirlo. Mi ha piacevolmente sorpreso la cura dei particolari sia nella scenografia quanto nella scelta della fotografia. Le luci sono soffuse e per ogni scena (alternativamente calde o fredde) adatte ad esprimere lo stato d'animo rispettivamente di Ophelia, Vidal, Mercedes. Davvero buona la regia. Il tempo scorre fluido e la musica guida lo spettatore nell'ambiguità e il pericolo dell'avventura. Il Labirinto del Fauno è un fatasy che sa di vero.
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* eleonora *
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lunedì 14 gennaio 2008
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la speranza della fantasia
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Del Toro ci accompagna nella Spagna di Franco per seguire la fantastica storia di Ofelia, bimba di 12 anni che si scopre Principessa di un mondo sotterraneo e parallelo a quello umano. Ofelia deve dividersi tra il mondo degli umani, in cui deve accettare il nuovo patrigno e assistere la madre nella sua difficile gravidanza, e il mondo fantastico, guidata dal Fauno che le mostra la via per far ritorno al suo vero mondo superando tre prove. Spunti originali, richiami alla mitologia e alla tradizione, e lo sfondo storico curato fanno da cornice ad una storia in cui i ruoli si invertono e gli esseri non umani sono quelli che accolgono e mostrano la Speranza e il Bene, mentre ciò che dovrebbe essere conosciuto e sicuro diventa teatro delle nefandezze umane.
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Del Toro ci accompagna nella Spagna di Franco per seguire la fantastica storia di Ofelia, bimba di 12 anni che si scopre Principessa di un mondo sotterraneo e parallelo a quello umano. Ofelia deve dividersi tra il mondo degli umani, in cui deve accettare il nuovo patrigno e assistere la madre nella sua difficile gravidanza, e il mondo fantastico, guidata dal Fauno che le mostra la via per far ritorno al suo vero mondo superando tre prove. Spunti originali, richiami alla mitologia e alla tradizione, e lo sfondo storico curato fanno da cornice ad una storia in cui i ruoli si invertono e gli esseri non umani sono quelli che accolgono e mostrano la Speranza e il Bene, mentre ciò che dovrebbe essere conosciuto e sicuro diventa teatro delle nefandezze umane. Un patrigno, il capitano Vidal, che rappresenta la crudeltà e la superbia avvertibile a pelle, contrapposto al Fauno, essere della terra e del bosco, che conforta e guida, avvolto dal mistero. Due le interpretazioni che mi hanno permesso di leggere il film, egualmente interessanti e convincenti. La prima è quella semplice e visibile: due mondi paralleli tra cui Ofelia deve decidere, perfettamente credibili e complementari nell'esistenza stessa del mondo. La seconda interpretazione è quella più implicita, tragica e, forse, quella più vera: una bambina, grande amante della lettura e delle favole, impara ad accettare la sua vita, al momento in un passaggio difficile e triste, attraverso l'immaginazione e la fantasia, creandosi un mondo fantastico in un cui riesce a dare una spiegazione più dolce a tutto ciò che le accade nel corso del film; questa seconda interpretazione ha fatto sì che nel finale io non potessi far altro che commuovermi. Regia accurata e precisa, vediamo tutto attraverso gli occhi e la mente di Ofelia,e con lei scopriamo il mondo fantastico e le sue tappe di iniziazione.
Una Fotografia sensibile ai passaggio tra un mondo e l'altro, una predominanza di blu verde accostabili ad ombre per gli ambienti esterni verso la scoperta del mondo fantastico, e colori caldi per gli ambienti interni in cui Ofelia scopre qualcosa di nuovo, affronta una prova o si sente al sicuro. Scenografie originali, eseguite con gusto e competenza. Riferimenti a Goya. Profondo e toccante, originale e ricco.
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