Star Wars: episodio III - La vendetta dei Sith

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Un film di George Lucas. Con Ewan McGregor, Hayden Christensen, Natalie Portman, Ian McDiarmid, Samuel L. Jackson.
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Titolo originale Star Wars: Episode III - Revenge of the Sith. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 140 min. - USA 2005. uscita venerdì 20 maggio 2005. MYMONETRO Star Wars: episodio III - La vendetta dei Sith * * * - - valutazione media: 3,41 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

I nodi non vengono al pettine Valutazione 2 stelle su cinque

di Fabal


Feedback: 14566 | altri commenti e recensioni di Fabal
martedì 8 ottobre 2013

Chiudere una delle più grandi epopee del cinema è senza dubbio un atto epocale. 

Prevedibile pensare che l'ultimo episodio non potesse attirare che giudizi positivi, partoriti dalla gratitudine più che dalla critica. In questo senso La vendetta dei Sith è un film da voto d'ufficio, magari un bell'otto, legittimato dall'eredità su cui vive. Episodio III ha, infatti, tutte le ragioni del mondo per svincolarsi dalle critiche singole, per meritarsi una valutazione organica all'interno di quel capolavoro che è Star Wars. Dove Star Wars indica l'insieme di due trilogie, irriducibile a una sola delle sei parti.
Perché, in fondo, nessun fan se la sentirebbe di ammettere che la più grande saga del cinema si sia conclusa male, con una inconsistenza generale di sceneggiatura, voragini di trama e contraddizioni per nulla ammissibili. No, Star Wars non può essere macchiato proprio sul più bello, proprio quando le gabbiette sui tappi di champagne già scalpitavano tra le dita dei fans. E così ogni valutazione di buon senso su questo film si riduce a un <<grazie di tutto Lucas, ci hai fatto vivere un sogno di quasi trent'anni>>. E anziché scandagliarne il reale valore, la critica ha per lo più assegnato a La vendetta dei Sith un ruolo celebrativo, esaltandone la potenza visiva che decora la passerella finale con cui Lucas chiude i conti. E ovviamente deve farlo in grande.
Da grande fan di Star Wars cerco di fare altrettanto, ma anche attenendomi alla valutazione d'insieme con deferenza e gratitudine, un'onesta critica non può non evidenziare le gravi lacune di Episodio III
In primo luogo di trama, dove i nodi non vengono al pettine. La prima incongruenza è riscontrabile nella morte di Padmé, che avviene subito dopo aver dato alla luce i due gemelli, scena in netto contrasto con un dialogo presente ne Il ritorno dello jedi. Qui Leia affermava di ricordare solo vagamente la sua vera madre, morta quando la principessa era "molto piccola". Luke sostiene invece di non averla proprio conosciuta. Pertanto il solo Luke è stato separato alla nascita: Leia ha invece trascorso un breve periodo con la madre, per poi essere adottata dalla famiglia Organa una volta rimasta orfana.
Ma questo passi: verba volant e forse la memoria di uno jedi gioca brutti scherzi. 
Inammissibile, invece, non aver chiarito il mistero sul maestro Sifo - Dyas, il presunto committente dell'esercito dei Cloni. E dire che se ne era parlato solo nel precedente Episodio II. Una svista? Nemmeno nel libro di Matthew Stover viene data alcuna spiegazione. Solo nello sconosciuto Labyrinth of Evil di James Luceno, peraltro mai pubblicato in Italia, la faccenda viene chiarita. Vogliamo (e ci piace pensare) che di svista non si tratti, ma di un astuto espediente della produzione per esigere spiegazioni (e giustificare l'esistenza) dei postumi Clone Wars, le sanguisughe merceologiche su cui la critica repressa ai tempi di La vendetta dei Sith ha poi sfogato tutta la sua frustrazione. Molto, troppo più facile, scagliarsi sul povero Dave Filoni che spreme un universo rinsecchito finché si vuole, ma non solo dal facile demonio del marketing. Soprattutto dal frastornante deviazionismo di questo film, che più dei predecessori ha trasformato i suoi personaggi in macchiette animate, svuotandoli di senso e di mordente. Prova ne sia la goffa (e superflua) presenza del Generale Grievous, un deprimente parto di quell'anima cyber punk che era stata invece in grado di concepire la perfezione tecno-biologica di Darth Vader. La faglia tra la trilogia classica e La vendetta dei Sith sta proprio in questa approssimazione visiva, in cui l'affanno di dinamizzare ambienti, personaggi, colori, rende evanescente un universo che fino al 1983 era invece ben definito. Gli stessi jedi, i cui corpi e movenze hanno una fisica sempre più supereroica, non fanno che allontanare la vicinanza sacrale della Forza.
Altra faglia è lo scarto tra note umoristiche e cadute di stile: superfluo citare il ridicolo duello tra Yoda e Palpatine nel Senato, in cui i due contendenti aspettano la mossa dell'altro come Stanlio e Ollio stanno a guardare mentre si fanno i reciproci dispetti. 
Per spiegare questa distanza incolmabile tra nuovo e classico non basta il moralismo visivo che s'indigna per l'abuso degli effetti speciali.  E' anacronistico pensare che un Episodio III potesse concedersi il lusso del minimalismo sensoriale. I giochi di luce caotici, la colonna sonora più che mai invasiva, non sono lo stravolgimento dell'originale spirito di Star Wars, ne sono invece il naturale allineamento agli standard odierni, a continua conferma che nessuna forma artistica può sganciarsi dallo spirito del tempo.  E così, se ne La vendetta dei Sith si spera di ritrovare l'atmosfera di Episodio IV, non si potrà che rimanere delusi.
Qui non si tratta di chiudersi a riccio nell'idolatria del vecchio, si tratta di essere obiettivi. Certo, occorre esserlo anche nel riconoscere i punti di superiorità: gli interpreti, e su tutti Christensen, hanno sempre convinto e ben più di Mark Hamill hanno reso possibile l'immedesimazione del pubblico. Il successo del protagonista lo si deve all'unico aspetto salvabile della sceneggiatura: il continuo accenno alla conversione oscura di Anakin, che si mostra in Episodio II come un gustoso antipasto e tale rimane fino all'ultima mezz'ora di Episodio III. Quando, inspiegabilmente, dall'antipasto si passa già al dolce, con un salto di trama che in pochi minuti brutalizza l'eroe e anche la regia, che si sente autorizzata a mostrare il già Sith nell'atto di sguainare la spada laser davanti a un bambino. 
La sfaccettata concezione del Male che coinvolge Anakin è comunque da rimarcare: i tormenti - a volte profondi, a volte didascalici - del protagonista riescono nell'intento di rendere il Lato Oscuro quasi più "umano" del lato chiaro. Le risposte offerte da Sidious, per quanto ambigue, sembrano davvero più vicine ai bisogni dell'uomo normale, che vive di sentimenti e insicurezze. L'immedesimazione con Christensen sarà dunque inevitabile. 
Ma i pregi del film sono tutti qui. Molta atmosfera, pochi contenuti: quel che Episodio III guadagna nella perfetta resa dell'aria apocalittica, perde nei dialoghi e negli altri personaggi, ciascuno impoverito da presenze fugaci o dialoghi superficiali. La prematura scomparsa del Conte Dooku, per fare un esempio, desta qualche perplessità:  il Sith che appena un film prima aveva umiliato Obi - Wan e allievo, si trova qui ad essere liquidato dopo appena 20 minuti. 
Anche il doppiaggio italiano, giunto alla terza direzione diversa su tre film, sembra risentire di una confusione generale nei ruoli e nello spessore dei protagonisti, al punto da far steccare anche un maestro come Francesco Vairano. Così, essendo Dooku un personaggio minore rispetto a L'attacco dei Cloni, Vairano gli cambia la voce e altrettanto fa con Yoda. Convinto poi di fare cosa buona e giusta cancellando la doppia voce di Palpatine / Darth Sidious, doppia in prima persona Ian Mac Diarmid in entrambi le vesti. Davvero discutibile la resa vocale dell'Imperatore, lenta e a tratti infantile.

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