Quando sei nato non puoi più nasconderti

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Un film di Marco Tullio Giordana. Con Alessio Boni, Michela Cescon, Rodolfo Corsato, Matteo Gadola.
continua»
Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 115 min. - Italia, Gran Bretagna, Francia 2005. - 01 Distribution uscita venerdì 13 maggio 2005. MYMONETRO Quando sei nato non puoi più nasconderti * * 1/2 - - valutazione media: 2,51 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Francesco Lamberti Zanardi

La Repubblica

Il piccolo Sandro Lombardi potrebbe essere un nipotino dei Carati.
In lui ci sono le caratteristiche morali comuni ai personaggi della Meglio gioventù: la voglia di fare, il non rassegnarsi agli stereotipi e ai pregiudizi facendo lavorare anche il cuore oltre la ragione». Marco Tullio Giordana racconta così il ragazzino dodicenne protagonista di Quando sei nato non puoi più nasconderti, unico film italiano in concorso al Festival di Cannes (11-22 maggio).
Se la saga della Meglio Gioventù raccontava l’Italia del passato solo sfiorando il presente, questo film, ispirato al romanzo omonimo di Maria Pace Ottieri, è uno sguardo sulla nostra epoca e sul fenomeno che più la segna: la migrazione di migliaia di persone verso le nostre coste in cerca della terra promessa. «Volevo raccontare con gli occhi ancora innocenti e perfino riconoscenti di un bambino che è stato salvato da loro chi sono questi migranti. Sandro scopre che sono molto simili a lui, che sono governati dagli stessi sentimenti, che può nascere l’amicizia, l’amore, il bisogno l’uno dell’altro, in modo assolutamente sincero». Lo scopre su un barcone di quelli che attraversano il Mediterraneo. Ci capita per caso dopo essere caduto dalla barca a vela del padre durante una vacanza in Grecia. Lui e la sua famiglia vengono dal profondo
Nord, da quella Brescia operosa che è stata una delle prime città italiane a capire che la forza lavoro degli immigrati era una risorsa indispensabile. A interpretare Sandro è Matteo Gadola, alla sua prima esperienza cinematografica. La madre è Michela Cescon (Primo amore). Per il padre, invece, è stato scelto Alessio Boni, che in quei posti c’è nato e li conosce bene. «Alessio è di Sarnico, al confine fra Bergamo e Brescia. Il personaggio di Bruno, questo tipico uomo del Nord che si è fatto da solo, pieno di buon-senso ed energia, somiglia al padre di Boni, che è un bellissimo uomo. Tanto che spesso sul set minacciavo Alessio di sostituirlo col papà».
La gente del Nord, è l’altro tema forte di questo film (dal 13 maggio nei cinema) che sorprende per la capacità di non dare mai un giudizio su quello che racconta. «Sono nato a Crema e conosco benissimo pregi e difetti della mia gente: l’attaccamento al denaro, al lavoro, al benessere da una parte. E dall’altra la grande capacità progettuale, l’energia, la spinta verso il Bene. Il mio è un film sulla schizofrenia del Nord: sulla sua volitività e intelligenza zavorrata dalle paure e da troppo “buon senso”».
Un Settentrione lontano dagli stereotipi raccontati dai giornali o ai quali cl ha abituati Bossi.
«Brescia è una città che conosce da tempo il fenomeno dell’immigrazione e lo ha risolto: per interesse, per necessità. Il tasso di disoccupazione è del due per cento. I
giovani non vanno più a lavorare nelle fabbriche. Per sopravvivere i bresciani hanno capito che gli immigrati erano l’unica speranza. E li hanno adottati. Come fa Bruno, il papà di Sandro, che è paternalistico con i suoi operai ‘neri ma non razzista. E quando incontra Radu, il rumeno che ha salvato suo figlio, non sa dire nulla ma gli bacia la mano». Fra Radu, sua sorella Mina e Sandro nasce un’amicizia che sopravviverà ai pregiudizi e anche ai comportamenti devianti dei due rumeni. «Questo film entra nel pregiudizio, lo scardina, lo riconferma e lo riscardina di nuovo, come se cercasse cosa c’è dietro queste persone che vivono accanto a noi ma di cui non sappiamo nulla».
Ed è proprio dalla necessità di capire cosa c’è dietro gli occhi stanchi, tristi e rassegnati di questa gente è nata nel regista l’urgenza di realizzare Quando sei nato non puoi più nasconderti: «Vivo a Roma e non uso mai l’automobile:
prendo i mezzi i pubblici. L’ho sempre fatto. Da molti anni sopra ci sono soprattutto stranieri e guardandoli mi rendo conto che loro per me esistono solo perché siamo sullo stesso autobus. Non so niente di loro, delle loro storie, delle loro vite, dove abitano, da dove vengono. Sia-
mo mondi completamente separati. Volevo capire cosa c’era dietro quelle facce. E quando ho letto il libro di Maria Pace Ottieri ho chiamato Stefano Rulli e Sandro Petraglia, con cui lavoro dai tempi di Pasolini, un delitto italiano, e ho cominciato a scrivere la sceneggiatura».
Il libro della Ottieri è stata una mappa che li ha guidati nei centri di accoglienza, nelle fabbriche abbandonate occupate dai clandestini. «Le scene del centro di accoglienza le abbiamo girate in Puglia. Siamo stati al centro di San Foca ma poi lo abbiamo ricostruito in una vecchia masseria a pochi chilometri da Lecce». Invece per il campo di clandestini alla periferia di Milano, dove Sandro va a cercare la sua piccola amica rumena, hanno usato la struttura di un ex consorzio agrario dei primi del Novecento a Brescia. «Ma le scene più difficili sono state quelle sulla barca di clandestini nell’Adriatico. Mi avevano offerto di girarle in una piscina cinematografica. Ma ho voluto, invece, che tutto fosse molto “vero“ e ho preferito il mare aperto».
Tutti gli attori stranieri sono immigrati alla loro prima esperienza sul set che hanno arricchito la sceneggiatura con i loro racconti. «Ad esempio, la scena in cui l’uomo morto sulla barca viene buttato in mare così senza pensarci, come se fosse del tutto naturale sbarazzarsi di lui dopo avergli ripulito le tasche, mi è stata raccontata da coloro che hanno davvero vissuto momenti come questi nell’assoluta indifferenza. Non si può immaginare che cosa deve subire chi fa questi viaggi. Non si può immaginare quante barche sono affondate e si sono trascinate in fondo al mare tutto quel carico di dolore e di speranza».
Da Il Venerdì di Repubblica, 6 maggio 2005


di Francesco Lamberti Zanardi, 6 maggio 2005

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