The Aviator

Silvia Bizio

Howard Hughes, proprio l’eccentrico miliardario batteriofobico morto in solitudine (nel 1976 a 71 anni) rinchiuso in uno dei suoi hotel di Las Vegas? «Non quell’Hughes, non ancora», specifica il regista Martin Scorsese illustrando il suo ultimo film, The Aviator, con Leonardo DiCaprio nei panni del giovane Hughes che uscirà sugli schermi americani il 17 dicembre e in Italia il 28 gennaio.
Per questo, magnifico, eccentrico, elegante Hughes, come solo la migliore Hollywood può rappresentare, ci voleva una star carismatica del calibro di DiCaprio. Ventinove anni, DiCaprio con Scorsese ha recitato in Gangs of NewYork.In The Aviator l’attore, conscio del fatto che il successo del film dipende in gran parte dalla sua interpretazione, gioca in casa. E sembra più a suo agio nelle ovattate, atmosfere erotico-chic, che non nel violento e proletario milieu del precedente film di Scorsese, Quando non è alle prese coi propri demoni interiori, Hughes (DiCaprio) mette a segno colpi a effetto (tuttora romanzati) con bellezze dell’epoca: Ava Gardner (Kate Beckinsale), Jean Harlow (Gwen Stefani), Katharine Hepburn (Kate Beckinsale). Hughes vanta inoltre amicizie (ambigue?) con vistosi divi come Errol Flynn (Jude Law).
The Aviator, scritto da John Logan (Il gladiatore) è una produzione Miramax (come Gangs). Lo studio dell’indomito Harvey Weinstein scommette molto su questa produzione, girata su scala epica: budget di 110 milioni di dollari per due ore e 20 minuti di durata. Con The Aviator Weinstein punta a fare un pieno di Oscar, e farà una campagna forsennata per ottenerli. E in molti già prevedono che il film sarà tra i protagonisti ai prossimi Academy Awards. E potrebbe essere la volta buona per Scorsese: il grande regista, infatti, non ha mai vinto un Oscar per la regia.
The Aviator è una produzione elegante, spettacolare e dinamica orchestrata sul versante scenografico da Dante Ferrerti, collaboratore di fiducia di Scorsese dal tempo di L’età dell’innocenza (1993). L’ambientazione chiave di The Aviator. la Hollywood degli anni Trenta, è quanto di più stimolante possa esistere per uno scenografo», dice Ferretti, cui l’Accademia dell’immagine dell’Aquila insieme alla Mondatori-Electa ha appena dedicato il libro L’arte della scenografia. E aggiunge: «Gli ambienti sono quanto mai vari: il lussuoso Chinese Theatre su Hollywood Boulevard, gli appartamenti raffinati, gli studi dei produttori e registi, i grandi club come il Coconut Grove, le sale di montaggio, le fabbriche e un intero set dell’epoca, quello di Hell’s Angels, per non parlare del famoso enorme aereo fatto costruire da Hughes, lo Spruce Goose”.
E’ proprio dalla produzione di Hell’s Angels (Gli angeli dell’inferno), il film del 1930 sugli assi dell’aviazione della Prima guerra mondiale, diretto da Hughes stesso, che Scorsese fa partire il suo grande film biografico. Inizialmente ostacolato dalle major di HoIlywood, Hell’s Angels ottenne poi un grande successo di pubblico e divenne un cult-movie. Fu il trampolino di lancio per Hughes, che produsse poi pellicole come Prima Pagina, Scarface (l’originale), “I diavoli alati” e divenne proprietario della compagnia di Produzione Rko. «C’è il film dentro il film ed è questa una delle principali ragioni per cui ho voluto fare The Aviator racconta Scorsese. Era stato lo stesso DiCaprio a sottoporgli il progetto e il copione di Logan, dopo che Michael Mann, con cui DiCaprio lo aveva sviluppato, aveva dato forfait. Continua Scorsese: “Parlando di Hughes, personaggio interessante di per sé, parlo di Hollywood e della sua età dell’oro. E’ un omaggio al cinema classico americano”. Ma con la sua descrizione dei potentati della Hollywood degli anni ‘30 e ‘40, The Aviator promette anche di essere un tributo affettuoso quanto pungente a una città le cui strade luccicanti possono essere non meno crudeli di quelle della Little Italy in cui è cresciuto Scorsese e le mean streets del suo cinema anteriore. «Ho usato Hell’s Angels come attacco per mettere subito in mostra l’ossessivo perfezionismo di Hughes nelle sequenze aeree: lo vediamo attendere un’eternità e perfette condizioni meteorologiche, dalla luce alle formazioni nubiformi. Il film termina nel I 946, quando Hughes è un uomo affascinante e si accompagna alla Gardner o alla Hepburn”, racconta ancora il regista: «Hughes mi ricorda un po’ Charles Foster Kane di Quarto Potere: un enigma capace di rivoluzionare il mondo. Per sapere di più sul vecchio paranoico e fobico incapace di interagire con il mondo rimando però a “Melvin e Howard”.
Con la sua prodigiosa memoria cinematografica Scorsese si riferisce al film del 1980 di Jonathan Demme che prende spunto dalla morte di Hughes (Jason Robards) e una presunta eredità lasciata a un semisconosciuto.
The Aviator rintraccia l’infanzia di Hughes in Texas e le sue prime ossessioni per l’igiene trasmesse da una madre nevrotica e opprimente. Con l’eredità lasciatagli dal padre (ingegnere meccanico e imprenditore), morto quando lui aveva 18 anni, Hughes si trasferisce a Los Angeles con sogni di gloria. Dal cinema passa agli esperimenti aerei, prima col veloce XF 11 poi col gigantesco Spruce Goose, quindi con “l’invenzione” del business dei viaggi aerei e la creazione della Twa.
Le donne giocano un ruolo fondamentale nella sua vita. Con HeIl’s Angels fece di Jean Harlow, allora sua amante, una diva; ebbe una curiosa relazione con Katharine Hepburn, così diversa da lui, ma che in qualche modo lo completava (lei lo lasciò per Spencer Tracy); s’innamorò di Ava Gardner, per la quale, come suggerisce il film, aveva una vera ossessione sessuale.
Hughes era attratto dalle donne con un seno abbondante e Ava era di sicuro la più dotata a Hollywood», spiega l’attrice inglese Kate Beckinsale (Van HeIsing), che ha dovuto mettere su qualche chilo per interpretare la formosa Gardner: “Ebbero una burrascosa relazione durata quasi vent’anni. Ad Ava piaceva che lui le mettesse a disposizione un aereo per andare a fare shopping, che so, a Saint Tropez. Era una donna viziata, piena di insicurezze. La sua bellezza era non meno leggendaria della sua scarsa convinzione nei propri mezzi. Era persuasa di non avere talento. Se si guarda bene, si scopre sempre un fondo di tristezza nei suoi occhi. Ma Hughes la faceva sentire una regina”. Nonostante sia Hughes che Errol Flynn fossero noti donnaioli, tra di loro si stabilisce una relazione su cui si è a lungo maliziato. Dice Jude Law; «La forte libido di Flynn era leggendaria, non conosceva confini e secondo molti si sfogava anche coi maschi. Ho solo poche scene nel film, ma la sequenza della cena con DiCaprio e la Beckinsale è stata fantastica. Seduti a conversare, di fronte a un bicchiere di champagne, sigaretta in mano, con Scorsese che correva intorno dandoci istruzioni e parlando velocemente; è stata una delizia. E in più ho avuto l’occasione di scoprire l’autobiografia di Flynn, Wicked Wicked Ways, che è una lettura sublime, la consiglio caldamente”.
Da L’Espresso, 28 ottobre 2004


di Silvia Bizio, 28 ottobre 2004