L'alba del giorno dopo

Lietta Tornabuoni

Uragani, tempeste, tornado, migrazioni veloci d’enormi stormi di uccelli, nevicate ininterrotte in india, onde alte sino alla torcia della Statua della Libertà a New York, diluvi, grandinate di chicchi letali grossi come arance a Tokyo, tifoni: in The Day after Tomorrow di Roland Emmerich il clima si scatena nel mondo, spargendo caos e panico.
Il film medio è un raro esempio di catastrofico democratico. Una nuova era glaciale sta per paralizzare la Terra a causa del surriscaldarnento globale, ma il solito conflitto fra scienziati e potere politico vede prevalere gli scienziati: il presidente degli Stati Uniti segue il loro consiglio scatenando l’evacuazione d’emergenza del Nord.
il Messico viene invaso da profughi americani; il presidente, dapprima contrario, portato a sottovalutare la tragedia, ringrazia il Terzo Mondo che ha dato asilo agli americani e li ha salvati. In conclusione, poi, il presidente riconosce «Abbiamo sbagliato. Ho sbagliato», e si prepara ad affrontare finalmente con serietà le questioni climatiche: la tesi è che lo scioglimento dei ghiacci polari ha immesso troppa acqua dolce negli oceani sconvolgendo il sistema delle correnti che dà stabilità al clima terrestre.
Naturalmente i casi umani non potrebbero essere più patetici. Il padre scienziato parte a piedi da Washington, fra tempeste e temperature inumane, per raggiungere e salvare il figlio a New York. La madre, medico, rifiuta di lasciare l’ospedale abbandonato da tutti per restare al capezzale d’un bambino malato di cancro.
il figlio ragazzo, un genio matematico, salva la ragazza che a sua volta era andata in soccorso d’una africana francofona che non riusciva a farsi capire da nessuno, salva alcuni amici portandoli a trovare rifugio al piano più alto della Biblioteca Pubblica di New York: peccato che, per sfuggire al gelo, nel grande caminetto, anziché sedie e mobili, brucino i libri.
Da L’Espresso, 10 giugno 2004


di Lietta Tornabuoni, 10 giugno 2004