Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

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Un film di Alfonso Cuarón. Con Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Gary Oldman, Alan Rickman.
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Titolo originale Harry Potter and the Prisoner of Azkaban. Fantastico, Ratings: Kids+13, durata 136 min. - USA 2004. MYMONETRO Harry Potter e il prigioniero di Azkaban * * * - - valutazione media: 3,22 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

"Fatto il Misfatto" Valutazione 4 stelle su cinque

di ClaudioFedele93


Feedback: 9200 | altri commenti e recensioni di ClaudioFedele93
lunedì 1 febbraio 2016

Non può essere di certo preso alla leggera un fenomeno internazionale come quello di Harry Potter, diventato una vera e propria icona degli anni 2000 ed ancor oggi amato da centinaia di fans che sperano, forse non più invano stando a quanto è stato rilasciato di recente da fonti ufficiali, di tornare a respirare l’aria e l’atmosfere create dalla mente della scrittrice scozzese J.K. Rowling grazie a qualche nuova avventura o inserto destinato a soddisfare il loro insaziabile appetito. 

La crescita del giovane mago, scandita attraverso ben sette storie che segnano i sette anni di studi della Scuola di Magia di Hogwarts, viene, con questo terzo episodio, prepotentemente stravolta, e, se nel libro il passaggio è moderatamente sentito, ma avvertibile grazie alle tematiche proposte, il film del messicano Alfonso Cuaron decide di dare un taglio netto con le due precedenti produzioni che donavano all’universo Potteriano una sfumatura fanciullesca e leggera, puntando tutto su un tipo di narrazione concisa ed efficace, per certi aspetti necessaria e meno fedele alla controparte cartacea. 

I fedelissimi al manoscritto originale, probabilmente, storceranno il naso dinnanzi a determinate trovate o soluzioni, né saranno soddisfatti dei molti tagli operati in fase di sceneggiatura, ma Il Prigioniero di Azkaban, pur allontanandosi da quanto già visto e letto, gode sotto molti punti di vista di una forza espressiva ed un’originalità encomiabile che, a scanso di equivoci, nasce dalla fervida mente di colui che l’ha diretto. Cuaron, non a caso di scuola messicana, attinge a piene mani ad un’estetica affine a quella del collega Guillermo Del Toro, i cui lavori hanno sempre una caratteristica marcata ed originale, tanto da sembrare, in più di un’occasione, di volerne copiare il marchio, pur non raggiungendo mai i livelli di quest’ultimo sul lato creativo, rimescolando le carte in tavola e, con il pennello della macchina da presa a portata di mano, conferendo alla sua opera quel tocco dark efficace al punto giusto, andando anche oltre il consentito e confezionando un prodotto capace di vivere di luce propria e vantare una regia attenta e personale. 

La nuova avventura di Harry, Ron e Hermione lascia da parte ingenuità e frivolezze, mettendo in scena personaggi non più confinati ad una visione manichea, ma spronati dal bisogno e dalla necessità, individui oscuri che cercano di avere la meglio in un mondo di cui non comprendono appieno le regole, ove le ingiustizie sono all’ordine del giorno così come le ipocrisie e le menzogne. Per questo motivo, nel complesso, The Prisoners of Azkaban si rivela maturo e adatto non più ad una cerchia di pubblico di giovani o di bambini, ma che può essere visto e apprezzato anche dal cinico punto di vista degli adulti, a cui, magari, non faranno tanto gola le magie o gli incantesimi, ma il comportamento dei protagonisti e dei tanti comprimari, talvolta ingenui o opportunisti. 

I cambiamenti operati in fase di sceneggiatura, legati o meno alla storia originale, creano situazioni attraverso le quali molti elementi vengono messi sotto una nuova inedita luce: l’entrata in scena del Professor Lupin come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure darà vita a nuovi ricordi e rancori mai dimenticati da parte del collega Piton, mentre la figura di Sirius Black non rappresenterà solo il cuore della componente “thriller”, sempre presente nella saga, ma una vera e propria epifania i cui effetti saranno pesanti nell’economia della saga nei capitoli successivi. 

A reggere, inoltre, l’intera storia vi è poi un cast assortito di brillanti attori made in England, a cominciare da Michael Gambon, il quale prende il posto di Richard Harris, nelle vesti di Silente, venuto a mancare alla fine delle riprese de La Camera dei Segreti, fino a Alan Rickman, Gary Oldman, irriconoscibile ed allo stesso modo perfetto nel ruolo di Black, Timothy Spall, qui relegato nel ruolo del meschino e vigliacco Peter Minus, colui che ha tradito i genitori di Harry rivelando a Voldemort dove fossero nascosti, e David Thewlis, che presta il volto al già citato Lupin, e Emma Thomson, per l’occasione anch’essa quasi irriconoscibile dietro agli spessi occhiali della professoressa di Divinazione Sibilla Cooman. 

Effetti speciali a parte, che risentono di tanto in tanto degli anni di cui sono figli, Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban è ancor oggi una pellicola che ha da dire molto e, pur stonando ed entrando più volte in conflitto con l’universo letterario di appartenenza, colpire per il modo in cui Cuaron decide di rappresentarla, optando per una fotografia dai tagli di luce molto accesi e nitidi, continuamente in contrasto tra i toni caldi e freddi, conferendo alle immagini una bellezza struggente ed al contempo una vivacità affine alla pittura del pittore spagnolo Goya, costellando la storia di Harry Potter di creature primordiali il cui fascino sta nella loro caratteristica mostruosità. Quel che tuttavia rappresenta il nucleo principale di questa produzione sono i tanti movimenti di macchina da presa grazie ai quali si ha una narrazione decisa e personale, vero tallone d’Achille dei due precedenti capitoli a cui si era dedicato Chris Columbus, il quale aveva dimostrato non poche difficoltà nel saper gestire la tensione ed un senso drammatico misurato, ed i personaggi che vivono all’interno della storia, la quale, a sua volta, inizia a dare vita ad una realtà immaginaria ove la luce viene sempre meno e le ombre crescono lente sui volti dei protagonisti, alimentando in loro le paure e le incertezze.

Il terzo appuntamento con il celebre mago rappresenta, tenendo conto degli otto lungometraggi a lui dedicati, l’apice narrativo e cinematografico di cui il pubblico è stato testimone, complici anche le straordinarie musiche di John Williams e le scenografie, poiché, sebbene quello che viene messo loro davanti agli occhi non è di certo un testamento di fedeltà nei confronti dell’operato della Rowling, pur rispettandola in molti aspetti, questo film si mostra come una prova di Cinema che riflette la visione e l’estetica di un autore figlio di una precisa corrente di pensiero, un esperimento riuscito, dunque, che ha visto amalgamarsi la poetica di Alfonso Cuaron con una delle storie più amate degli ultimi anni, dando vita ad una magia che, con il senno di poi, raramente è stata possibile assaporare ancora nelle trasposizioni di Harry Potter sul grande schermo.

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