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Appena svolto l’esame di maturità, tre ragazzi decidono di andare in vacanza in Grecia per vivere giorni divertenti e spensierati. Una volta giunti a destinazione, invece, si accorgeranno di come possa essere complicata la vita quando ci si trova di fronte a delle scelte importanti.
Tra battute patetiche e situazioni ingarbugliate si svolge il niente. Tre personaggi (o più) in cerca d’autore si dividono tra esaltazione e pianti, tra entusiasmo e malinconia. I discorsi quasi seri di Matteo (Silvio Muccino) sono pugni allo stomaco, la voglia di libertà e indipendenza già vista milioni di altre volte e sbandierata dai tre “ribelli” è pressoché insopportabile, l’ambiente liceale dove i ragazzi vengono trasformati in macchiette è disgustoso. Ne viene fuori un miscuglio tra un film dei Vanzina (l’accento romanesco non manca) e un tentativo (evidentemente non riuscito) di creare una storia allegra e a tratti drammatica. Sparsi qua e là troviamo anche un playboy trentenne, una ragazza disinibita, un amore che fa soffrire e qualche problema familiare.
La pellicola di Veronesi diventa quindi il trionfo della retorica, un clichè insostenibile anche per i più ben disposti. Il titolo del film, inoltre, diventa paradossalmente la domanda che ogni spettatore, frustrato e stizzito, si farà al termine di questo pietoso spettacolo. E la risposta potrebbe non essere molto ottimistica.
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