Ricordati di me

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Roberto Nepoti

La Repubblica

Non sarà il caso di cominciare a parlare di "neo-neorealismo"? Le etichette valgono quel che valgono; però è un fatto che Ricordati di me parla degli italiani (o di una parte di essi) come facevano, decenni fa, i neorealisti o i registi della commedia all'italiana: con la macchina da presa ficcata bene a fondo nell'attualità. Siamo pronti a scommettere - e questa ne sarebbe la riprova - che gli spettatori parleranno soprattutto dei contenuti del film di Muccino.
E' giusto, o è sbagliato, che le famiglie si sfascino se i coniugi non si amano più? E' davvero la solitudine la sola cosa che abbiamo in comune? Perché siamo tutti dominati dall'ossessione di essere visti (aspiranti-veline, aspiranti-scrittori, aspiranti-attrici), disposti a darci un'identità soltanto attraverso gli occhi degli altri ('ma tu come mi vedi?' è la battuta-tormentone del film)? L'uomo è veramente la parte più fragile della coppia, l'oggetto smarrito del terzo millennio; come sembra confermare Carlo (Bentivoglio), che tenta di lasciare moglie (Morante) e figli per la nuova-vecchia fiamma Alessia (Bellucci), ma poi non sa uscire dall'indecisione e dalla (rassicurante) ambiguità?
Muovendo da argomenti che riguardano ciascuno di noi, il regista ha scelto di fotografare la realtà senza concessioni né sconti di pena, con un'esattezza a-ideologica che non esclude, però, la partecipazione. A volergli fargli le bucce, l'unico appunto potrebbe riguardare l'eccessiva dilatazione della carriera televisiva di Valentina (Romanoff), assunta a emblema della società dell'apparire ma le cui avventure non aggiungono poi molto alle cose che sapevamo già sul Moloch televisivo e sul suo modo di fagocitare l'immaginario della gente, risputandolo sotto forma di spazzatura. Per il resto niente è men che esatto: a partire da una rappresentazione della sessualità priva di sensualità, effetto collaterale del solipsismo che raffredda i sentimenti di ciascuno. Cresciuto in fretta, Muccino complica e perfeziona largamente il discorso generazionale dell'Ultimo bacio, di cui pure Ricordati di me è la continuazione ideale (incluso il finale col veleno nella coda, qui però più motivato e organico all'insieme). Il tutto senza dimenticare che il suo è anche un film dal linguaggio evoluto e calcolato, dove i momenti della macchina da presa - nervosi, inquieti, instabili - rappresentano molto bene le intermittenze del cuore dei personaggi.
Da La Repubblica, 22 febbraio 2003


di Roberto Nepoti, 22 febbraio 2003

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