Prima ti sposo poi ti rovino

Irene Bignardi

Ha rallegrato la Mostra dei cinema di Venezia. Ha esilarato il pubblico. Ha sollecitato qualche interrogativo in alcuni critici che lo hanno visto come uno slittamento-cedimento di due amatissimi “autori” verso l’antica maniera hollywoodiana del grande divertimento e del minor pensiero. Ma se sarà il futuro della cinefilia a collocare nella giusta prospettiva Prima ti sposo, poi ti rovino, dopo il successo veneziano (fuori concorso) del loro film i due fratelli Coen si confermano sulla scena del cinema mondiale come due “autori” capaci, alla loro maniera (che non si è mai veramente capito come funziona), di fare, sempre, un cinema di grande divertimento popolare e di grande, allegro cinismo, che ne fa quasi i discendenti ideali di un altro grande meraviglioso cinico, Billy Wilder e delle screwball comedies matrimoniali di Howard Hawks. E il bel George Vlooney (che tanto giuggiolone non è, nonostante sia così bono (come ha dimostrato dirigendo un film come Confessioni di una mente pericolosa), ha rivelato che, diretto al meglio dai brillanti ragazzi off Hollywood, se la cava benissimo, almeno quanto la simpatica Zeta-Jones.
Sono un caso speciale, i fratelli Coen. Sono un caso perché sono attraenti in maniera diversa. Ethan, laureato di Princeton, è piccolino ricciuto e compatto, Joel, laureato dì Nyu, è lungo ed elegante. Tutti e due belli alla loro maniera strana, tutti e due intelligenti e ben coniugati a due donne intelligenti e attraenti: Ethan a Tricia Cooke, abile montatrice, Joel a Frances Mc Dormand, la loro protagonista di Fargo. Sono un caso perché non hanno mai deflesso per un attimo da un cinema di qualità - se il box office non li ha sempre premiati, la critica li ha sempre adorati - andando a ripercorrere e ti-leggere i generi e la tradizione dei cinema americano In una visione “colta” da cinefili, ma anche popolare, da veri spettatori che cercano di fare il cinema da loro amato. Sono un caso perché lavorano, appunto, secondo un modello singolare, o si dovrebbe dire duplice. Assieme scrivono (ma Ethan da solo scrive anche bei racconti), Joel dirige, Ethan produce. Ma dove sono i confini? I progetti sono, di solito, i loro: da Blood simple a Mister Hoola Hoop, da Barton Fink, Palma d’oro a Cannes, a Fargo. Questa volta Hollywood li ha corteggiati, nella persona dell’irresistibile George, che, nella sua reincarnazione di Clark Gable, aveva con loro già fatto quella personalissima rilettura dell’ Odissea in chiave comica che è Fratello dove sei?
Fatto sta che il copione di John Romano Prima ti sposo, poi ti rovino- balzana e fantasiosa traduzione di Intolerable Cruelty, che altro non significa se non la ben nota “intollerabile crudeltà” con cui i coniugi definiscono le piccole cattiverie che si fanno reciprocamente dopo essersi promessi amore per sempre - giaceva da anni nei cassetti degli studios, e i Coen erano stati chiamati a un certo punto a riscriverlo, per loro stessa ammissione molto ben pagati. Poi un bel giorno George Clooney, “con quella sua aria sorniona”, forse desideroso questa volta di interpretare Cary Grant, ha avvicinato gli amici e ha indagato se per caso non avrebbero contravvenuto al loro principio di essere autori totali dei loro film e non l’avrebbero girato con lui come protagonista. Con qualche tocco di amabile malignità i due sostengono che George Clooney è rimasto affascinato dal copione perché lui al mondo di grandi ricchi raccontato da Intolerable Cruelty e alle grandi ricchezze nascoste, e ai bei vestiti, e alla grandi macchine, e al golf, e a Bel Air ormai appartiene (perla verità, come se non bastasse, possiede anche un castello in Italia). E che questa “appartenenza” ha immensamente facilitato la lavorazione del film. In ogni caso il film non è esattamente un (a)tipico film dei Coen, ma un ritratto al vetriolo, ritmato da gag, risate e intollerabile crudeltà, dell’avidità e dei cinismo dei suoi protagonisti: una lei che attraverso il matrimonio vuole solo arraffare, un lui avvocato, maestro nel creare contratti matrimoniali (costume tutto speciale degli Americani) per lasciare in mutande il coniuge più debole in caso di divorzio, con contorno di cagnetti, Simon & Garfunkel, istruzioni su “come vivere senza intestini”, macchinette antiasma. E, naturalmente, una (a)morale da Arroseur arrosé, altrimenti detta “chi la fa l’aspetti”.
Secondo i Coen, però, l’escursione nel mondo della ricchezza più sfacciata e nelle commedia del genere resterà un’escursione. Mentre Prima ti sposo poi ti rovino andava nella Sala Grande di Venezia in quella versione che loro hanno definito un work in progress (a quanto pare per l’edizione americana saranno aggiunte alcune scene), i due fratelli stavano già girando nel Mississippi un’altra commedia nera, un libero remake di The Lady killer, meglio noto da noi, con altra bizzarra traduzione, come La signora omicidi. Al posto di Alec Guinnes, l’untuoso ladro che cerca di fregare le vecchie signore nella commedia dei britannico Mackendrick, ci sarà Tom Hanks. Il divertimento, promettono, sarà assicurato. E c’è da credergli. Come si diceva nella crudele Hollywood di Barton Fink “Ci interessa solo una cosa, Bart. Sai raccontare una storia? Sai farci ridere? Sai farci piangere? Sai farci venir la voglia di metterci a cantare gioiosamente?”. Cari Coen. In vent’anni di cinema sono riusciti in tutte queste cose.
Da Il Venerdì di Repubblica, 17 ottobre 2003


di Irene Bignardi, 17 ottobre 2003