Luther

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Un film di Eric Till. Con Joseph Fiennes, Peter Ustinov, Alfred Molina, Bruno Ganz, Claire Cox.
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Storico, Ratings: Kids+13, durata 121 min. - Germania 2003. MYMONETRO Luther * * * - - valutazione media: 3,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

E così, dopo lo stupefacente successo di The Passion, con tutte le polemiche, le Interpretazioni e le passioni che ha suscitato, è la volta di Luther, ribelle, genio, liberatore, che arriva oggi nei cinema italiani interpretato dall’ex William Shakespeare Joseph Fiennes, in un minicolossal diretto da Eric Till (la sceneggiatura è di Camille Thomasson) dove compare anche l’ottimo Peter Ustinov in una delle sue ultime interpretazioni.
Per la verità, dagli Stati Uniti, dove il film è uscito da qualche mese, nessuno ha parlato di un capolavoro. E Roger Ebert, forse il più popolare dei critici di Oltreoceano, è rimasto perplesso di fronte alle incertezze di Joseph Fiennes, che gli sembra un «outsider con poca considerazione per se stesso, in un ruolo per cui prova poco piacere» (nel film, annota Ebert, Lutero confessa che «certi giorni sono così depresso che non riesco neanche a uscire dal letto»). Un Lutero/Amleto? In ogni caso il film, scritto sulla traccia di un dramma di John Osborne, ricostruisce la storia del prete che sfidò Roma, di colui che affisse le sue 95 tesi sulla «efficacia delle indulgenze» al portale della chiesa del Castello di Wittenberg e portò alla fondazione del movimento protestante. E se i soliti astuti ricercatori americani di «gaffes», di errori, hanno scoperto gli inevitabili anacronismi (certo meno gravi dei mitici orologi che comparivano nei «centurioni» di Carmine Gallone), Luther ha il pregio di portare alla ribalta cinematografica una figura centrale nello sviluppo della storia del pensiero religioso moderno.
Anche il maggior successo e la produzione televisiva più premiata dell’anno, Golden Globes compresi, affronta, alla sua maniera, il tema della trascendenza. Angels in America, quasi sei ore e tre puntate di un film per la televisione che Tony Kushner ha ridotto dal suo play per Broadway e che Mike Nichols ha, è una tragica saga di amore e di morte ambientata nell’America reaganiana degli anni 80, dove si parla di Aids e di potere, di uomini duri che sono omosessuali nascosti e di mogli trascurate e disperate. E anche di angeli, della protezione che danno agli umani (o che gli umani sognano diano loro), di un Dio che ha abbandonato i suoi doveri celesti ed è indifferente ai dolori che semina sulla terra. Temi e dibattito che taluni hanno preso molto sul serio e altri hanno visto come frusto e superficiale (è stato scritto che il Paradiso secondo Angels in America sembra un ricalco di Calvin Klein): ma resta il fatto che, per una volta, è il registro del pensiero e dello spirito a predominare, e che a veicolare le amare conclusioni di Kushner e di Nichols sono attori della grandezza di Al Pacino, Meryl Streep, Emma Thompson, l’angelo consolatore.
E a seguire la versione «hard» della passione di Cristo, la biografia di Lutero, il paradiso laico, arriva dall’Oriente (dalla Corea del Sud, nuova fucina di cinema da ammirare) un bellissimo film di pura impronta Zen, Primavera, Estate, Autunno, Inverno..., e ancora Primavera, di Kim Ki-Duk, regista un tempo crudele (era lui che ha fatto svenire svariate spettatrici durante una recente Mostra di Venezia con l’uso improprio degli ami da pesca nel suo film L’isola) e ora appassionato al tema dell’ascesi spirituale. Che nel suo film si compie in cinque stadi, cinque stagioni, cinque momenti, centrati tutti attorno a una casa-tempio galleggiante come un’isola fluttuante su uno stupendo lago montano.
Nella casa galleggiante un vecchio monaco tira su un orfanello, ne contrasta i naturali istinti di crudeltà, si arrende di fronte alle tentazioni e alla scoperta del sesso del suo allievo, lo ritrova, dopo che se ne è andato alla scoperta del mondo, ed è tornato carico di colpe e di senso di colpa, fino a che il ciclo della scoperta del sacro non ricomincia assieme allo stupendo ciclo della natura. Rudolf Otto, insigne studioso del «sacro» e del «numinoso», si chiederà che cosa sta succedendo nel mondo del cinema.
Da Il Venerdì di Repubblica, 30 aprile 2004


di Irene Bignardi, 30 aprile 2004

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