gianleo67
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giovedì 2 marzo 2017
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over the river...beyond the void
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Storia vera della tragica impresa degli alpinisti britannici Joe Simpson e Simon Yates che scalarono per la priva volta la parete Ovest del Siula Grande andino nel 1985.
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Storia vera della tragica impresa degli alpinisti britannici Joe Simpson e Simon Yates che scalarono per la priva volta la parete Ovest del Siula Grande andino nel 1985. Costretto da una situazione disperata ad abbandonare l'amico durante la discesa dopo che questi si era gravemente ferito ad una gamba, Yates riesce fortunosamente a raggiungere il capo base ed attende un paio di giorni insieme ad un terzo compagno rimasto a valle prima di ripartire. Quando ormai lo credevano morto, Simpson riesce a sua volta a raggiungere gli altri due in condizioni di forte disidratazione, in grave stato confusionale e raccontando una storia di sopravvivenza ai limiti delle possibilità umane.
Tratto dal soggetto che lo stesso Simpson adatta dall'omonimo libro autobiografico pubblicato nel 1998, il premio Oscar Kevin Macdonald filma un resoconto semidocumentaristico avvincente e drammatico, che alterna una ricostruzine romanzata dei fatti con il racconto a tre voci dei protagonisti originali: una storia di amicizia e di coraggio in cui la passione e la tecnica alpinistica rappresentano, prima che la manifestazione di uno spirito d'avventura fuori del comune, un atteggiamento di sfida nei confronti della vita che richiede una ferrea disciplina e l'accettazione incondizionata di un codice etico incomprensibile ai più.
Raccontava Buzzati parlando nel 1966 della tragedia speleologica di Roncobello: "L'alpinista, all'insù o all'ingiù, dal momento che parte per l'impresa, è disposto a pagare fino in fondo, a non chiedere niente a nessuno. Se vince, è felice per quella intima e, se volete, strana soddisfazione interna. Se perde, tace. Come il giocatore di classe che rischia tutto per il tutto sul tavolo verde; e se perde non bestemmia...Tutto era calcolato in partenza". Approccio rigoroso ad un tema pure abusato come è il survival movie da tragedia alpinistica, McDonald costruisce un documentario che piega la potenza espressiva del racconto cinematografico alla narrazione di una verità biografica che ci precipita nell'inferno lastricato di un deserto di ghiaccio (dove paradossalmente una delle cose più difficili è proprio dissetarsi), in cui la perizia tecnica tra chiodi da neve, discensori e cordini prusik ha, nei frangenti in cui il rischio è maggiore e la situazione quasi disperata, la stessa importanza di una disposizione psicologica in cui l'abnegazione e lo spirito di sopravvivenza rappresentano una condizione di salvaguardia del cervello fermo sul baratro della follia e dell'inazione senza speranza. Alternando l'incanto scenografico di un'ambientazione alpina dalle peculiarità microclimatiche uniche (che orlano le cime peruviane con intarsi barocchi di "morene cornici e protuberanze" mai viste altrove) con un resoconto realistico di una discesa percorsa in condizioni proibitive, il film procede con il ritmo serrato di un montaggio millimetrico e la stretta implacabile di una tensione che si attarda solo di fronte ai momenti di riflessione dello sfortunato protagonista di fronte al cul-de-sac di una tomba speleologica in alta montagna ("I crepacci sono luoghi paurosi, incutono una sensazione di terrore. Non sono un luogo adatto ai vivi"), per concludersi sul registro vagamente espressionista di una psiche alterata dallo sfinimento fisico e dalla prostrazione psichica (sulle note ossessive e surreali di 'Brown Girl in the Ring' de i Boney M.) che anticipa di molti anni il James Franco versione coyote-in-trap di 127 Hours: l'allucinata e penosa discesa, scivolando lungo l'insidioso dedalo di crepacci del ghiacciaio ed arrancando tentoni tra le brulle asperità della vallata morenica (similmente al mostro semivivo di Peter Shuyler Miller in 'Oltre il fiume') è l'ultima, disperata stazione di una via crucis in cui la livida carcassa di ciò che resta di un uomo un tempo forte e giovane, si trascina fino alle soglie di una insperata salvezza od alla resa definitiva alla propria, stremata impotenza di essere mortale. Epilogo a lieto fine e con l'inevitabile messaggio di consolazione (ma è tutto vero!) di una giustificazione etica che storna dall'amico le colpe che il mondo 'là fuori' gli avrebbe presto attribuito e che ci insegna che chi accetta il rischio di sentirsi più vivo con intraprese del genere non cerca la comprensione degli uomini, ma solo il loro incondizionato rispetto.
Vincitore del premio Alexander Korda ai BAFTA Awards 2004, Premio per la Miglior Fotografia e il Miglior Documentario ai British Independent Film Awards 2004 e indicato fra i trenta film chiave del primo decennio del XXI secolo.
"Dal mondo di memorie perdute che aveva lasciato, gli tornò alla mente il mormorìo dell’acqua corrente. L’acqua gli avrebbe saziato la sete. Poteva sentirla scorrere attraverso la montagna sottostante, attraverso la nebbia, la sentiva rimbalzare sulle nude pietre, gorgogliare attraverso tunnel di radici e di muschio. Percepì l’acqua molto lontano, giù nella valle, la sentì mulinare contro i massi e rimbalzare contro i ripiani rocciosi con il suo vigore spumeggiante. Mentre era fermo in ascolto, un freddo insistente s’impadronì di lui, come se fosse passata un’ombra, ma presto quella sensazione lo abbandonò. Lentamente, penosamente, cominciò ad aprirsi un sentiero per scendere verso la valle."
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shockwave13
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giovedì 28 marzo 2013
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una storia di esseri umani
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Una grande storia di coraggio e forza di volontà. La montagna è sicuramente uno degli ambienti più impervi e solitari del pianeta, ma è soprattutto spietata, muta e sorda a tutto ciò che non è realmente fattibile. Ma dove trovare la forza? Dove cercare un po' di sollievo? Nessuna risposta. Fai e forse sopravviverai. Questo è ciò che lascia come insegnamento questo splendido documentario, con una regia semplice ma funzionale, ottima fotografia e ambientazioni, bravi anche gli attori. La voce fuori campo dei due protagonisti reali, è qualcosa che scuote, che ci ricorda che è tutto vero. Il vedere i protagonisti che raccontano la loro storia, a volte con sguardi molto più eloquenti di qualunque frase o battuta, ci rincuora, perchè ci rivela che sono sopravvissuti: ma il punto è a che prezzo? Ci si sente piccoli, infinitesimali, di fronte ad un così grande atto di fiducia verso se stessi.
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Una grande storia di coraggio e forza di volontà. La montagna è sicuramente uno degli ambienti più impervi e solitari del pianeta, ma è soprattutto spietata, muta e sorda a tutto ciò che non è realmente fattibile. Ma dove trovare la forza? Dove cercare un po' di sollievo? Nessuna risposta. Fai e forse sopravviverai. Questo è ciò che lascia come insegnamento questo splendido documentario, con una regia semplice ma funzionale, ottima fotografia e ambientazioni, bravi anche gli attori. La voce fuori campo dei due protagonisti reali, è qualcosa che scuote, che ci ricorda che è tutto vero. Il vedere i protagonisti che raccontano la loro storia, a volte con sguardi molto più eloquenti di qualunque frase o battuta, ci rincuora, perchè ci rivela che sono sopravvissuti: ma il punto è a che prezzo? Ci si sente piccoli, infinitesimali, di fronte ad un così grande atto di fiducia verso se stessi.Si è increduli di fronte a come la natura sia ferrea nelle sue leggi, come fare a ribellarsi? Una grande storia di vita, di passione ma soprattutto una vera storia di esseri umani.
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maurii75
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domenica 15 gennaio 2012
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gran film
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mauritius
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domenica 5 giugno 2011
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ottimo
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ansiogeno, spettacolare e istruttivo per capire i rischi e la forza d'animo che queste persone devono mostrare per affrontare tali prove drammatiche. Attenzione: drammatiche non adrenaliniche.
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mabilia
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sabato 3 gennaio 2009
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domanda:
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Ma è possibile mai che la Rai, tra una cazzata natalizia e un'altra, non sappia preservare L'UNICO film interessante della programmazione dalla concorrenza interna? Soprattutto Rai3, che di solito è attenta alla qualità? Ringraziamo il Direttore di questo bel regalo... Vattene a casa!
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tenente brook
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venerdì 16 febbraio 2007
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renovatio
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Capita che in un epoca come la nostra in cui la vena creativa dei registi si sia cristallizzata a favore di film senza un vero e proprio indirizzo artistico, tocchi talvolta a film "minori" quale questo dettare legge nel campo dell'innovazione presentandosi al pubblico come prodotti originali e mai visti.
Questa è La Morte Sospesa.
Un ottimo film ricco di suspance dal primo all'ultimo minuto con fenomenali sequenze di alpinismo.
L'unica cosa di cui si si sente la mancanza è forse una introspezione psicologica dei due personaggi al momento del loro re-incontro che viene presentato senza un benché minimo accenno al rinnovato rapporto tra i due; questo indubbiamente per focalizzare l'attenzione su altri fatti, più importanti, non lo metto in dubbio e per sfuggire alla trappola della retorica e del patetismo.
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Capita che in un epoca come la nostra in cui la vena creativa dei registi si sia cristallizzata a favore di film senza un vero e proprio indirizzo artistico, tocchi talvolta a film "minori" quale questo dettare legge nel campo dell'innovazione presentandosi al pubblico come prodotti originali e mai visti.
Questa è La Morte Sospesa.
Un ottimo film ricco di suspance dal primo all'ultimo minuto con fenomenali sequenze di alpinismo.
L'unica cosa di cui si si sente la mancanza è forse una introspezione psicologica dei due personaggi al momento del loro re-incontro che viene presentato senza un benché minimo accenno al rinnovato rapporto tra i due; questo indubbiamente per focalizzare l'attenzione su altri fatti, più importanti, non lo metto in dubbio e per sfuggire alla trappola della retorica e del patetismo.
Quest'ultima grana solo parzialmente evitata nella versione italiana causa i soliti doppiaggi malfatti.
Ho elencato i difetti. Il resto è capolavoro, è nuovo modo di intendere il Cinema, è rinnovamento.
Un rinnovamento mai fornito da indubbi maestri come il blasonato Spielberg e fornito ma in maniera scadente da QUentin Tarantino che ha tentato di imporre il suo stile spettacolare ma di bassa qualità.
Ovviamente pietra miliare dei film di Montagna.
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raperonzolo
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martedì 19 aprile 2005
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è la recensione che è bellissima
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sara
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martedì 19 aprile 2005
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si
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Sono d'accordo con la recensione del giornalista Marco Albino Ferrari, recensione che risce a farti rivivere in poche frasi l'opera e che è quasi più bella dell'opera stessa
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korman643
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lunedì 21 marzo 2005
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un film straordinario
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Uno dei pochissimi film veramente emozionanti e riusciti visti di recente. Grandi immagini, impatto emotivo devastante (anche troppo - ansiosi e sofferenti di claustrofobia stiano attenti!), economia narrativa e grande maestria nel montaggio, e, una volta tanto, il piacere di vedere immagini vere e non un accozzaglia di effetti CGI. Consigliatissimo anche a quelli che di alpinismo non masticano nulla, anzi, soprattutto a loro!!!
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giada
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venerdì 18 marzo 2005
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una piccola nota
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Una semplice nota:
La corda non si rompe ma viene tagliata da Simon.
=)
Giada
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