lady libro
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venerdì 29 aprile 2011
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molto carino
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Veramente un ottimo film: piacevole, divertente e molto gradevole.
A guardarlo non ci si annoia di certo.
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jaky86
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martedì 1 marzo 2011
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goodbye socialism, welcome capitalism
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1989. Christiane vive nella Germania dell'est e cade in coma pochi giorni prima della caduta del muro di Berlino, a causa delle violenze subite durante una manifestazione. Al suo risveglio, otto mesi dopo, Berlino è tappazzata di cartelloni della Coca-Cola e il temuto capitalismo si è ormai sparso in tutta la Germania. Il figlio Alex, per evitarle uno shock che potrebbe essere letale alla madre, socialista convinta, trova mille stratagemmi per nasconderle la verità, instaurando un passaggio graduale dal socialismo al capitalismo. Inscena un tg fatto in casa, recupera vecchi compagni intorno al letto della madre, e rispolvera prodotti targati Repubblica Democratica, ormai spariti dalla circolazione.
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1989. Christiane vive nella Germania dell'est e cade in coma pochi giorni prima della caduta del muro di Berlino, a causa delle violenze subite durante una manifestazione. Al suo risveglio, otto mesi dopo, Berlino è tappazzata di cartelloni della Coca-Cola e il temuto capitalismo si è ormai sparso in tutta la Germania. Il figlio Alex, per evitarle uno shock che potrebbe essere letale alla madre, socialista convinta, trova mille stratagemmi per nasconderle la verità, instaurando un passaggio graduale dal socialismo al capitalismo. Inscena un tg fatto in casa, recupera vecchi compagni intorno al letto della madre, e rispolvera prodotti targati Repubblica Democratica, ormai spariti dalla circolazione. Una commedia tagliente che emoziona e fa riflettere su come sia cambiato il mondo, e la Germania in particolare, dopo quel giorno di novembre dell'89. Visto il fallimento del capitalismo, siamo sicuri che il modello da seguire fosse quello della Germania dell'Ovest, basato sul consumo sfrenato e sul profitto?
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kappa
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giovedì 8 aprile 2010
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fantatisco
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Un film geniale ambientato nel periodo precedente e subito successivo alla caduta del muro berlino.Pellicola che rimpecorre in chiave ironica ma al contempo commovente un periodo eccezionale dello scorso secolo (la caduta del muro d berlino).Good bye lenin ci riporta in piena guerra fredda ripronendo l'epico scontro tra comunismo e capitalismo.Stupendo il finale strappalacrime che propone anche una rivisitazione della storia da parte regista,ovvero il trionfo del comunismo sul capitalismo.Molto bello un film che consiglio a tutti.
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kappa
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giovedì 8 aprile 2010
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stupendo inimitabile!!!!!
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Film geniale su un periodo storico del secolo passato entusiasmante.good bye lenin è un mix d malinconia e divertimento racchiuse in 118min d film.Una storia semplice quanto geniale che rivisita l'eterna battaglia tra capitalismo e comunismo riportandoci in piena guerra fredda.,con coinvolgente ironia.Commovente il finale.Un film che consiglio vivamente a tutti!!!
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paride86
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martedì 12 gennaio 2010
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buono
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Un film intelligente sulle differenza tra Germania Est e Ovest immediatamente dopo la caduta del muro. E' una satira pungente che si intreccia ai drammi e alla crescita personale del giovane protagonista, ma dimentica di approfondire alcune cose, lasciandole in sospeso.
e poi il padre? Che fine fa? E' un personaggio che viene fatto "odiare" dallo spettatore senza che gli venga restituita la giusta contropartita, soprattutto per quanto riguarda il rapporto coi figli che pensavano li avesse abbandonati.
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jovanotto
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lunedì 23 novembre 2009
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coraggioso
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Veramente un bel film, nell'esplicare un grande evento storico viene inserita una vicenda familiare intrigante..
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fabrizio cirnigliaro
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lunedì 9 novembre 2009
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un paese di profughi e poeti
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Decidere di affrontare un fatto storico cosi importante con una “Commedia” potrebbe sembrare un azzardo, ma etichettare Good Bye Lenin con un solo genere è fin troppo riduttivo. Un pellicola con continue trovate geniali in cui non mancano dei colpi di scena che modificano totalmente la chiave di lettura del film.
Non c’è solo la nostalgia del passato, il “si stava meglio quando si stava peggio”.
Alex mostra alla madre la Germania socialista che non c’è mai stata, ma che lui credeva possibile. Il gioco diventa troppo grande, ma lui non demorde. Si inventa delle storie assurde, come la presunta origine “tedesca” della coca cola, sostenendo che la formula segreta sia stata messa a punto nei laboratori tedeschi.
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Decidere di affrontare un fatto storico cosi importante con una “Commedia” potrebbe sembrare un azzardo, ma etichettare Good Bye Lenin con un solo genere è fin troppo riduttivo. Un pellicola con continue trovate geniali in cui non mancano dei colpi di scena che modificano totalmente la chiave di lettura del film.
Non c’è solo la nostalgia del passato, il “si stava meglio quando si stava peggio”.
Alex mostra alla madre la Germania socialista che non c’è mai stata, ma che lui credeva possibile. Il gioco diventa troppo grande, ma lui non demorde. Si inventa delle storie assurde, come la presunta origine “tedesca” della coca cola, sostenendo che la formula segreta sia stata messa a punto nei laboratori tedeschi.
La sua propaganda è utopistica ma originale e convincente. Nella Germania di Alex i profughi sono i cittadini di Berlino Ovest, schiavi del consumismo e “dell’insensata lotta alla sopravvivenza capitalista”.
Lui ha subito la propaganda per tutta la vita, ha dovuto sempre far finta di niente, ha partecipato passivamente al teatrino della politica. La malattia della madre gli ha dato l’occasione per passare dall’altra parte, questa volta sarà lui a dirigere la messa in scena, e la fantasia di certo non gli manca. I servizi televisivi che prepara con il collega antennista sono spettacolari, precisi, emozionanti.
Momenti epocali, storici , di cambiamento, possono offrire ottimi spunti per raccontare delle vicende umane.
Per gli americani ad esempio risvegliarsi dopo 8 mesi e scoprire che il presidente della nazione non è più il repubblicano , cristiano rinato, del Texas, ma un afroamericano, sconosciuto ai più solo un anno prima, che sta tentando di apportare una riforma “socialista” del sistema sanitario più pazzo del mondo, potrebbe essere un trauma come quello vissuto dalla mamma di Alex. Benigni, quando era Benigni e non ostaggio del sommo poeta, aveva in un suo vecchio spettacolo giocato su un “cambiamento” italiano, l’imprenditore amico di Craxi, non in galera ma a capo del governo. Sono passati 16 anni da allora, ed è l’Italia ad essersi addormentata, lo testimonia il fatto che nulla è mutato rispetto allo scenario descritto allora dal comico toscano, mentre intorno tutto cambia.
Nei nostri confini i muri continuano ad alzarsi, negando ogni volta che accade libertà agli stranieri, alle giovani coppie, alle famiglie, alla stampa. Una nazione che dopo l’ultima crisi finanziaria dell’occidente sta pian piano tramutando in un popolo di “profughi” e poeti.
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loner
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giovedì 3 settembre 2009
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nostalgia sovietica?? allora non perdertelo!
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Viene ben dipinto il fascino nostalgico della DDR, certo non era tutto rose e fiori come viene rappresentato, ne è la prova il ruolo dei servizi segreti che nella pellicola è appena accennato mentre ne fu ben nota nell'onnipresenza nel regime. Originale la trama con sprazzi d'ilarità che concede ampi sorrisi. Un po' discutibile il ruolo a cui viene delegato il padre della famiglia che viene ritirato fuori dal cilindro verso la conclusione del film e sparisce altrettanto magicamente..forse su questo punto si potevano ingegnare un tantino di più. Nel complesso film assolutamente piacevole.
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monia raffi
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martedì 25 agosto 2009
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l' ideale e il reale
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Non peccare di retorica in un film che narra un fatto storico ancora “fresco” come la caduta del muro di Berlino e soprattutto dicendone dal punto di vista di chi ha vissuto dalla parte dell’Est non è semplice. Un trapasso storico di tale portata è ancor prima che un crollo di mattoni, la caduta di un “mondo” intero che scompare per sempre, la fine di una società che non ha vissuto soltanto nei libri, ma dove donne e uomini prima forti di una consapevolezza politica -poco importa nel nostro contesto quale fosse in realtà la loro intima convinzione- si ritrovano smarriti nelle azioni quotidiane.
La scomparsa di un mondo e le conseguenze emotive che ne derivano è proprio ciò che vuole sottolineare Baker in Goodbye Lenin!, la pellicola, applauditissima in Germania e meritatamente vincitrice al Festival di Berlino, ha commosso grazie alla sua leggiadria e al saper essere allo stesso tempo lieta ed amara ed ha saputo mostrare in modo diretto al pubblico ciò che è un importante momento storico nella vita quotidiana: il film fonde intimità e collettività nel racconto di quei mesi dove due civiltà tornavano a ricongiungersi.
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Non peccare di retorica in un film che narra un fatto storico ancora “fresco” come la caduta del muro di Berlino e soprattutto dicendone dal punto di vista di chi ha vissuto dalla parte dell’Est non è semplice. Un trapasso storico di tale portata è ancor prima che un crollo di mattoni, la caduta di un “mondo” intero che scompare per sempre, la fine di una società che non ha vissuto soltanto nei libri, ma dove donne e uomini prima forti di una consapevolezza politica -poco importa nel nostro contesto quale fosse in realtà la loro intima convinzione- si ritrovano smarriti nelle azioni quotidiane.
La scomparsa di un mondo e le conseguenze emotive che ne derivano è proprio ciò che vuole sottolineare Baker in Goodbye Lenin!, la pellicola, applauditissima in Germania e meritatamente vincitrice al Festival di Berlino, ha commosso grazie alla sua leggiadria e al saper essere allo stesso tempo lieta ed amara ed ha saputo mostrare in modo diretto al pubblico ciò che è un importante momento storico nella vita quotidiana: il film fonde intimità e collettività nel racconto di quei mesi dove due civiltà tornavano a ricongiungersi.
Christiane dopo una lunga depressione causatale dalla separazione dal marito diventa una fervente militante del Partito Socialista battendosi in tutti i modi per lo Stato e la riuscita di un vero socialismo; una notte suo figlio Alex si trova, quasi per caso, in un corteo: la madre vedendolo picchiato dalla polizia del “suo” partito e incapace di reagire davanti a tanta violenza è colpita da un infarto, che, a causa del ritardo nei soccorsi la manda in un coma. Qualche tempo più tardi si risveglia, sono passati pochi mesi, ma tutto intorno a lei è completamente cambiato, il Muro di Berlino è caduto e il regime finito. Christiane, però, come consigliano i medici, non può subire ulteriori shock emotivi che le sarebbero fatali, cosicché Alex decide di non avvertirla di ciò che è successo nei mesi del suo sonno comportandosi come nulla fosse accaduto.
La Repubblica Democratica grazie ad Alex continua a vivere, seppur solo nella stanza di Christiane: dalla ricerca dei cibi del tempo -già introvabili perché velocemente rimpiazzati nei supermercati dalle mille marche arrivate da Occidente- ai telegiornali di regime, che il ragazzo ricrea insieme ad un amico cineasta, tutto deve proseguire come nulla fosse accaduto, per far vivere alla madre quella “normalità” che gli altri hanno perduto. Le trovate di Alex nascondono dietro la bizzarria del gesto, la malinconia di un universo perduto e l’insicurezza portata dal cambiamento repentino; ragazzi perduti, che non rimangono abbagliati dal trambusto della civiltà dei consumi che fa si che si lasci la facoltà di economia per lavorare in un Burger King e vivono un momento d’interdizione.
Goodbye Lenin! è proprio questo: la ricerca di una nuova identità nel caos del nuovo e, al di là delle nostalgie di vario genere, dalla pellicola trapela la spiccata malinconia di chi ha visto un mondo costruirsi lentamente e dissolversi in un attimo; La libertà, quella vera, che non consiste nel poter scegliere tra dieci marche diverse di biscotti, risiede nello stupendo epilogo che, seppur fittizio, mostra attraverso l’ipotesi di una situazione capovolta, ovvero della civiltà occidentale che scappa in oriente per rifuggere il capitalismo, una bellissima immagine di ciò che poteva essere ma che purtroppo non è stato.
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