Caterina va in città

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Un film di Paolo Virzì. Con Sergio Castellitto, Alice Teghil, Margherita Buy, Claudio Amendola, Antonio Carnevale, Paola Tiziana Cruciani.
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Commedia drammatica, Ratings: Kids+13, durata 90 min. - Italia 2003. - 01 Distribution uscita venerdì 24 ottobre 2003. MYMONETRO Caterina va in città * * * - - valutazione media: 3,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Alessandra Vitali

La Repubblica

Tutta colpa delle conventicole che rovinano l'Italia. E distruggono i pover'uomini come Giancarlo Iacovoni, confinato nel risentimento per una vita che avrebbe voluto diversa. Uno di quei tanti, che spiano con invidia le fortune degli altri, e attendono il proprio turno per esibirsi sotto i riflettori. Gli Iacovoni, le conventicole, la Destra e la Sinistra, lo sguardo confuso di una adolescente animano Caterina va in città, il nuovo film di Paolo Virzì, al cinema dal 24 ottobre (in 150 copie), distribuito da 01 Distribution. Protagonisti, Sergio Castellitto, Margherita Buy, Alice Teghil, Galatea Ranzi, Claudio Amendola, Flavio Bucci. E, in piccole apparizioni nel ruolo di se stessi, Roberto Benigni, Michele Placido, Maurizio Costanzo, Giovanna Melandri, Simonetta Martone.
"Caterina è un po' l'Italia - ha detto Paolo Virzì nel corso della presentazione del film, a Roma - con una Sinistra depressa dal senso della sconfitta, e una Destra festaiola e volgare. Ma parliamo di Destra e Sinistra romane, una politica dei piccoli privilegi, non quella nazionale, più vasta e complessa".
Questa la storia. Gli Iacovoni, madre, padre e figlia, da Montalto di Castro si trasferiscono a Roma. Una insanabile voglia di riscatto sociale macera papà Giancarlo (Castellitto). Insegnante di ragioneria, tredici anni in un remoto istituto tecnico, frustrazioni e livore. Lo asseconda la moglie Agata. Animo semplice (e accento viterbese, brava Margherita Buy in un ruolo inusuale), una prepotente "burinità". Il marito la copre di complessi.
Poi, Caterina. L'investimento di papà. Una scuola "buona", frequentata da cognomi importanti. Tredicenne spaesata e genuina ("Mia mamma mi avrebbe voluto chiamare Veronica, come quell'attrice della telenovela"), diventa un balocco per due compagne di classe, Margherita e Daniela. La prima, figlia di una sceneggiatrice (Ranzi) e di uno scrittore (Bucci), separati, trascina Caterina fra sbornie, centri sociali e cortei per la pace (dove incontrano Roberto Benigni). Papà Giancarlo insiste perché la sceneggiatrice legga un romanzo che lui ha nel cassetto, non accade, e con un attacco d'ira (contro le "conventicole") spezza l'amicizia fra le due ragazzine.
Caterina passa a Daniela, figlia di un viceministro di An (Amendola): feste, calciatori, rampolli blasonati. Pochi affetti, se non quello dell'autista che segue Daniela e le sue amichette. Fino al sacrosanto ceffone, quando la becca mezza nuda e pure un po' "fatta" ad una festa. Caterina è travolta dagli eventi. La gioia della semplicità è nel chiuso della sua stanza, quando si esercita con il canto polifonico. Fuori di lì, è Cappuccetto Rosso in una Roma tutta tentacoli e misteri.
"Ho raccontato un sentimento di esclusione - ha detto Paolo Virzì -, quello del papà di Caterina, della difficoltà del passaggio da una vita media piccolo-borghese ad una realtà complicata. Ma il tema centrale è l'adolescenza, quella femminile: le ragazzine sono più precoci e psicologicamente raffinate rispetto ai coetanei".
Un malessere, quello del protagonista, "che è di tutti gli italiani - ha detto Virzì - che sembrano essersi trasformati in una platea televisiva in attesa di celebrità". Non a caso papà Iacovoni si fa eroe per i parenti "burini" quando la moglie si lascia sfuggire che sta per partecipare al Maurizio Costanzo Show. Ma anche là si lascerà trasportare dal rancore: ecco il mio libro, l'ho spedito a chiunque, nessuna risposta, l'Italia è in mano alle conventicole.
La delusione finale, quando delle odiate conventicole scoprirà il trasversalismo: abbraci e battute fra l'intellettuale di sinistra ed il viceministro di An. Un Claudio Amendola in versione simil-Storace in un ruolo che gli è costato una doppia fatica: essere di destra, e della Lazio.
Nel film, anche la famiglia, alla fine, è motivo di infelicità. La speranza si intravede quando il nucleo si spezza, e lascia il posto a qualcosa d'altro. Mentre papà Giancarlo cercava riscossa, mamma Agata trovava comprensione e sentimento in un amico del marito. E con quello tornerà, alla fine, a Montalto di Castro. Iacovoni, scoperta la tresca, partirà in moto per "altrove". Caterina alla fine farà una scelta: né con Daniela né con Margherita.
Un racconto comico ed amaro, spietato ed ottimista. Nel solco della commedia all'italiana, più volte evocata con piccoli omaggi: Iacovoni, ad esempio, un personaggio a metà fra il Satta Flores di C'eravamo tanto amati e il Sordi di Una vita difficile. E poi, c'è anche una terrazza di periferia, dove mamma Agata ed il suo amante si stuzzicano, mentre piegano lenzuola stese al vento.
Da La Repubblica, Domenica 20 ottobre 2003


di Alessandra Vitali, Domenica 20 ottobre 2003

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