Hero

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Un film di Zhang Yimou. Con Jet Li, Tony Chiu-Wai Leung, Maggie Cheung, Ziyi Zhang, Dao Ming Chen.
continua»
Titolo originale Ying xiong. Drammatico, durata 120 min. - Cina 2002. MYMONETRO Hero * * * - - valutazione media: 3,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Marco Giusti

Il Venerdì di Repubblica

Il duello iniziale di Hero, il primo film di wuxia, cioè di arti marziali realizzato da Zhang Yimou, forse il più celebrato regista cinese della sua generazione dopo i successi di Lanterne rosse o Non uno di meno (ma ha anche vinto Cannes nel 1994 con Vivere e Venezia nel 1992 con La storia di Qiu Ju), ci offre da subito le sue molte chiavi di letture. Intanto è il racconto che un oscuro funzionario della provincia, chiamato Senza Nome come il Clint Eastwood di Per un pugno di dollari, fa nel 228 prima di Cristo al potente re di Quin, di come abbia sconfitto l’imbattibile spadaccino Cielo.
Un racconto, cioè una visione parzIale, come nella complessa costruzione a incastri dl Rashomon dl Akira Kurosawa, film che Zhang Yimou stesso cita come modello. E come in Rashomon cade una pioggia sottile durante il duello, che bagna anche il tavolo della dama cinese dove Cielo giocava. Perché in fondo, questo ambizioso kolossal wuxia, diretto come un film d’arte, e per questo presentato a Cannes, malgrado la sua morale pacifista e la bellezza visiva dei suoi molti duelli, non è altro che un elaborato gioco di dama, di incastri, rimandi e visioni possibili. Come il vecchio Rashomon o Per un pugno di dollari, che Sergio Leone ha ripreso proprio da un altro film di Kurosawa, Yojimbo. E, ovviamente, una sfida con il padrino di ogni nuova rilettura del cinema di genere, Quentin Tarantino, che è anche padrino del film, visto che io presenta in tutto il mondo assieme alla Miramax. Proprio durante i primi minuti del duello lo schermo, che sarà poi coloratissimo, anzi avrà un colore particolare per ogni scena d’azione, si concentra in un bianco e nero come farà un anno dopo (Hero è del 2002) Tarantino nella già celebre scena degli 88 folli in Kill Bili vol 1. Bianco e nero per riflettere sul sangue e sulla violenza. Idea non proprio originale, come abbiamo visto quest’anno a Venezia, dato che l’aveva fatto già Vittorio Cottafavi nel 62 con I cento cavalieri.
Kurosawa, Leone, Tarantlno... Zhang Ylmou, Insomma, dispone e gioca le sue pedine per costruire un racconto di onore, amore e morale, ma è interessato anche al gioco di per sé, un gioco col cinema di genere che per la prima volta affronta. «Leggo racconti di wuxia da quando sono bambino», ha dichiarato. «Quando mi sono diplomato alla scuola di cinema, tutti i giovani volevano girare film d’arte. E niente di commerciale. Ma negli ultimi sette-otto anni, il mercato per i film cinesi si è ristretto. Anche perché i film di Hollywood arrivano in Cina e hanno delle influenze... Credo che dovremmo fare film con delle possibilità di box office, che facciano riferimento alla cultura cinese, ma che contengano anche elementi artistici». L’idea principale era, infatti, quella del kolossal, anzi del film a più alto budget mai fatto in Cina con un occhio all’Occidente e un altro al cinema da festival. L’esperienza di La tigre e dragone di Ang Lee, arrivato all’Oscar e al pubblico di tutto il mondo, insegna. Del resto il produttore, Bili Kong, e il musicista, Tan Dun, sono li stessi. Ma Zhang Yimou nega di essersi ispirato al film di Lee. «Ho incominciato a lavorare sulla sceneggiatura di Hero qualche anno fa», ha detto a più riprese. «A quel tempo volevo rifarmi a un racconto di Louis Cha o Gu Long. Speravo di potere comprarne i diritti, ma sbagliavo. Allora ho iniziato a lavorare a un mio racconto. Qualche anno dopo la sceneggiatura era fatta. Poi La tigre e il dragone divenne un successo. Noi iniziammo prima e ora dicono che li abbiamo imitati».
Questo non toglie il giudizio positivo che Zhang Yimou dichiara sull’operazione di Ang Lee. «Lo devo ringraziare perché ha fatto qualcosa di nuovo per le arti marziali. E ha creato spazio perché altri registi potessero sperimentare». Ma c’è anche un altro motivo, soprattutto produttivo, che dimostra quanto il cinema cinese sia ormai attento al mercato. «Noi abbiamo bisogno del mercato internazionale. Il budget è alto. Il mercato nazionale, non basta».
Questo spiega li cast dl superstar dl cui dispone Nero. Da Jet U nei panni dell’eroe Senza nome, ormai protagonista di film americani come Romeo deve mo/ire e Kiss of the Dragon, a Maggie Cheung e Tony Leung Chiu Wai in quelli degli amanti spadaccini Spada spezzata e Neve che vola, coppia già resa celebre da Wong KarWai in In the mood for love, e che presto rivedremo nel suo mélo futurista 2046. Aggiungiamo pure che Maggie Cheung ha vinto quest’anno il premio come migliore attrice a Cannes con Clean dell’ex marito Olivier Assayas e si appresta a girare in America Memorie di una geisha di Rob Marshall, prodotto da Steven Spielberg. Ma troviamo anche Zhang Ziyi, giovane eroina di La tigre e il dragone, e già scoperta da Zhang Yimou in film diversi come La strada verso casa.
Insomma Nero, anche se curiosamente sbarca in America e In Europa con due anni di ritardo, quando Zhang Yimou ha già finito un secondo film di spade, House of flying daggers, nasconde, sotto il manifesto di film pacifista e celebrativo, addirittura «la nascita della Cina come nazione», un preciso piano di invasione del mercato occidentale oltre che di controllo di quello orientale. Anche perché in Cina arrivano ormai 40 film occidentali all’anno e Troy o Spider-Man escono negli stessi giorni a Pechino, come a Parigi. «I giovani cinesi amano Hollywood e questo può creare problemi al cinema cinese», dice Zhang Yimou. Inoltre il mercato creato da un film di successo, come quello di Ang Lee, secondo Zhang Yimou, «può sopravvivere al massimo due o tre anni, ma se si faranno brutti film, fallirà presto». La vera sfida a scacchi di Senza Nome, insomma, è ben più complessa di quella mostrata nel film, è quella del cinema orientale e della sua identità con l’imperialismo cinematografico di Hollywood. E come battaglia, lo sappiamo bene noi europei, è antica e pericolosissima.
Da Il Venerdì di Repubblica, 5 ottobre 2004


di Marco Giusti, 5 ottobre 2004

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