Moulin Rouge

Questa pellicola mi è apparsa dopo i primi 10 minuti (e purtroppo si è mantenuta così nei successivi) uno specchio perfettamente lucidato per le allodole e non di certo un film spartiacque o un film che rompe, innovandola (mi si permetta una digressione al riguardo: la vera innovazione artistica, anche "di rottura", se vuole essere tale deve essere sempre controllata e bilanciata: mi viene alla mente l'enunciato di tecnica registica di Hitchcock: "la forma deve essere SEMPRE subordinata alla funzione" che Antonio Costa, docente universitario di storia del cinema a Bologna, conferma essere la formula che riassume i principi cui dovrebbe attenersi il complesso lavoro del vero regista), la tradizione del musical. In realtà una baracconata pomposamente e (apparentemente) minuziosamente curata ma in realtà sfilacciata e che (rivista in una successiva "moviola mentale") fa acqua da troppe parti! Non so proprio dove Zappoli abbia visto un equilibrio in questa (pregevole) idea di contaminazioni, interpolazioni di stili. Tutto è troppo artificiale e artificioso per possedere quell'anima che Zappoli sembra aver dimenticato costituisce il valore di un vero film. Per non parlare del montaggio così frenetico (soprattutto nel 1° tempo, avendo il buon gusto di rallentare un po' con la frammentazione nel 2°, dove la vuota storia d'amore chiede supplichevolmente di "scalare le marce"!) da essere inseguibile (se c'è una buona qualità delle immagini il regista non da il tempo alla retina di "impressionarla"/gustarla)anche da uno come me che ha curato per un quotidiano il Festival del cinema indipendente di Bellaria diretto da Ghezzi (per cui vi lascio immaginare a cosa si siano dovuti abituare i miei occhi in quei giorni!!!).